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Giovedì, 25 Aprile 2024

L'editoriale

Claudio Pizzigallo

Giornalista

Quanto è difficile parlare d'altro

Se avete (avuto) dei bambini piccoli, molto probabilmente vi siete resi conto che frasi come "non fare questo" o "non dire quello" producono in loro - dispettosi per il puro gusto di divertirsi con noi - l'effetto opposto. E quindi, quando fanno o dicono qualcosa di sconveniente, fondamentalmente ci sono due opzioni: far finta di niente e sperare che in breve passino ad altro, oppure - se proprio è necessario intervenire - provare a distrarli con qualcos'altro.

Una sensazione analoga mi pervade ogni volta che il dibattito pubblico è intasato da un unico tema che, a ben guardare, non meriterebbe più di qualche minuto di attenzione, a volte anche meno. Perché purtroppo, in certe circostanze, è inutile provare a dire "basta parlare di questo" o "ok va bene, ora però lasciamo stare questa storia e passiamo ad altro". 

Non voglio neanche nominare il tema principale di cui tutti discutono da giorni. Un po' perché così questa riflessione tornerà utile alla prossima occasione. Un po' perché, alla fin fine, è l'unico modo per sperare che la tempesta mediatica passi in fretta. Ad ogni modo, lo avete capito.

In sostanza, non voglio fare come quelle persone che commentano "chi se ne frega" sotto le notizie giudicate irrilevanti, ma in realtà con quei commenti fanno sì che i post giudicati da loro inutili vengano visualizzati da ancora più persone. E quindi, in questi casi, di solito provo a stare in silenzio e aspettare che passi, non senza sofferenza.

Perché la tentazione di dire "va bene, sì, il giornalismo italiano ha gravi problemi, ma anche le persone che si appassionano così tanto a questioni irrilevanti, se non proprio distorte, non sono esenti da colpe, perché sono i loro click compulsivi su certe notizie ad alimentare il circolo vizioso dell'informazione" è forte, ma non servirebbe, anzi. Il rischio è che anche certi appelli alla calma possano alimentare la frenesia social, proprio come quando diciamo "non dire quella parola" a un bambino.

Perché non proviamo a distrarci?

E allora, perché non proviamo a distrarci, a pensare ad altro? Certo, è difficile farlo quando tutti intorno parlano dello stesso argomento, con una serie di corbellerie da ogni parte, ma bisogna provare a fare come l'omino del meme che sta per dire qualcosa ma poi si trattiene. 

Non diremo niente, perciò, sui limiti di un giornalismo che necessita di click per sostenersi (e, tra l'altro, anche per sostenere il peso economico di inchieste ben più importanti ma che a volte non hanno il riscontro che meriterebbero). E non diremo niente neanche sul tema specifico in sé (ma avete tutti capito di cosa parliamo), sulle storture della nostra società, sul problema dell'occupazione, su quello del costo della vita, e neanche sui legami familiari che ognuno vive come vuole, nel rispetto della legge e delle altre persone, ovviamente.

Non diremo niente, e siccome per distrarci tutti servirebbe un altro "caso" mediatico pieno di criticità e punti oscuri, non possiamo neanche dire "perché piuttosto non parliamo di quest'altra cosa?". Cioè, i temi sicuramente non mancano, basta scorrere la homepage di Today o di qualunque giornale per imbattersi in notizie degne di nota, di approfondimento e di dibattito, ma non possiamo né vogliamo obbligare nessuno a buttarsi a capofitto su una notizia o un'altra. 

Quello che possiamo fare, dunque, è solo aspettare che passi la bufera. Ma nel frattempo, sarebbe bellissimo se iniziassimo a pensare che non è obbligatorio parlare per giorni e giorni e ancora giorni della stessa cosa, fino all'esasperazione. E non c'è bisogno che arrivi un adulto a sgridarci quando esageriamo.

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