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Giovedì, 18 Aprile 2024

Serena Console

Giornalista

Biden a Kiev, Wang a Mosca: il mondo spaccato a metà

A quasi un anno dall'inizio della scellerata e violenta guerra che Vladimir Putin ha voluto lanciare contro l'Ucraina, la speranza di un dialogo e una mediazione diplomatica sembra lontana. I tentativi giocati maldestramente dalle potenze europee - e nel disordinato quadro si inserisce anche la Turchia - negli ultimi 12 mesi sono falliti miseramente, strizzando l'occhio a quell'opinione pubblica che patteggia per la resa (di Kiev) o a chi promuove l'invio delle forniture militari all'Ucraina, per frenare l'impeto autocratico che potrebbe far sprofondare gli sforzi democratici su cui si basa l'Unione Europea e non solo.

Inviare le armi all'esercito di Volodymyr Zelensky significherebbe alimentare un bellicismo tracotante? Oppure la parola pace si veste di un nuovo significato per chi auspica la vittoria? Queste domande trovano spesso risposte contrastanti nelle retrovie occidentali - soprattutto italiane - dove comodamente si accarezzano influenze geopolitiche e obbedienze ideologiche.

A distanza di un anno il dibattito resta aperto e la tentata invasione russa di Kiev domina ancora il confronto e scontro tra superpotenze. Dopo 12 mesi, è evidente la difficoltà dell'esercito russo che, fino al 23 febbraio 2022, si credeva essere uno dei più forti al mondo. E mentre la primavera è alle porte, con cui potrebbe arrivare anche una nuova offensiva russa, il destino dell'Ucraina martoriata è incerto. Ma la capitale dell'Ucraina, sconvolta dalla violenza delle bombe russe e ambiziosa di entrare nell'Ue e nella Nato, rappresenta il cuore pulsante della resistenza all'immotivata violenza. "Kiev ha catturato il mio cuore, sapevo che sarei tornato", ha scritto su Twitter il presidente Usa Joe Biden dopo la sua visita a sorpresa nella capitale ucraina.

L'inquilino della Casa Bianca, il giorno prima del suo viaggio in Polonia, è andato di persona a Kiev a testimoniare la solidarietà e l'impegno degli Stati Uniti e dell’Occidente. C'era già stato quando vestiva i panni del vicepresidente ma ora, da Commander in Chief, il suo incontro con Zelensky nella martoriata capitale assume un nuovo significato. 

Il viaggio di Biden a Kiev, ha spiegato il Consigliere per la Sicurezza nazionale Jake Sullivan, ha come scopo inviare anche un messaggio chiave a Vladimir Putin e a quei paesi che non hanno preso posizione contro l'invasione dell'Ucraina. Il riferimento, qui, è chiaro e riguarda - ancora una volta - la Cina. La Repubblica popolare si è astenuta dal condannare l'operazione di Mosca contro l'Ucraina o dal definirla una "invasione", allineandosi al Cremlino che descrive la guerra come una "operazione militare speciale", progettata per proteggere la sicurezza della Russia. Il gigante asiatico ha quindi sempre mantenuto una posizione ambigua sulla guerra, cavalcando l'onda di una propaganda anti-americana, ma senza mai cadere nella trappola delle sanzioni occidentali (le stesse che hanno colpito la Russia). 

Biden è arrivato a Kiev proprio mentre Wang Yi, lo zar della diplomazia cinese, era atterrato a Mosca (nei giorni precedenti aveva fatto tappa a Parigi, Roma, Budapest, e a Bruxelles, dove ha avuto un faccia a faccia anche con l’alto rappresentante dell’Unione Europea per gli affari esteri, Josep Borrell), per discutere con i russi della proposta cinese di un piano di pace annunciata alla Conferenza di Monaco. E già questa casuale assonanza temporale rende più evidente la distanza tra Pechino e Washington.

Si sa, i rapporti tra le due superpotenze sono ai minimi storici, zavorrati dal caso dei palloni-spia nei cieli degli Stati Uniti continentali abbattuti dalle forze statunitensi. Secondo Washington si tratterebbe di un sistema di sorveglianza cinese. Secondo Pechino è invece uno strumento per effettuare studi meteorologici. Dicotomie narrative e ideologiche, queste, che alimentano il sentimento di "isteria", per citare le parole di Wang espresse ad Antony Blinken durante un "contatto non ufficiale" a margine della Conferenza sulla Sicurezza a Monaco, intervenendo anche sul tema dei palloni-spia. Contatto che, secondo gli organi di stampa ufficiali cinesi, è stato richiesto da Washington.

Le verità sugli “ufo” che gli Stati Uniti non sanno (ma vorrebbero scoprire)

Si tratta quindi dell'ennesimo tentativo di riavviare un dialogo ormai segnato da accuse e contraccolpi? Sullo sfondo della guerra in Ucraina, Washington a più riprese ha accusato la Cina di fornire tecnologia militare e armi letali (munizioni e droni) e non letali (divise, per esempio) alla Russia da impegnare nel conflitto. Poi lo scorso 27 gennaio sono arrivate le sanzioni all'azienda cinese Changsha Tianyi Space Science and Technology Research Institute perché accusata di aver fornito immagini satellitari ai mercenari russi del gruppo Wagner impegnati in Ucraina. 

Perché gli Usa credono che un'azienda cinese fornisca aiuti al gruppo Wagner

Al momento però l'amministrazione Biden non ha presentato prove inoppugnabili che avvalorano le accuse mosse contro Pechino. Ciononostante Blinken, in occasione del suo faccia a faccia di circa un'ora con Wang, ha lanciato un monito alla Repubblica popolare. Il Segretario di Stato Usa, che sarebbe dovuto atterrare a Pechino lo scorso 5 febbraio ma ha posticipato il viaggio per il caso dei palloni-spia, ha "messo in guardia sulle implicazioni e le conseguenze" di un’eventuale "sostegno materiale della Repubblica popolare alla Russia" che ha commesso "crimini contro l'umanità".

Parole che non hanno lasciato indifferente la Cina, che ha reagito con durezza. Pechino ha accusato Washington di diffondere notizie false e ha invitato gli Stati Uniti a tenersi fuori dalla relazione Russia-Cina. La Repubblica popolare di Xi Jinping vuole continuare a difendere l'amicizia "senza limiti" che la lega alla Russia di Vladimir Putin. E questo nonostante una freddezza del presidente cinese mostrata al leader del Cremlino in occasione del summit dell'Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai (Sco) a Samarcanda, in Uzbekistan. Xi probabilmente non si aspettava che Putin invadesse l'Ucraina qualche giorno dopo la firma bilaterale della "Dichiarazione congiunta sulle relazioni internazionali" che ha ridefinito le relazioni sino-russe.

La Russia può ancora contare sull'appoggio della Cina?

Mosca sa di poter contare su Pechino anche se cela con difficoltà il malcontento per un mancato appoggio allo sforzo bellico in Ucraina. Perché Putin e Xi condividono una visione del mondo che vede l'Occidente decadente e in declino, proprio mentre la Cina sfida la supremazia degli Stati Uniti in ambito tecnologico, militare e di spionaggio. Al contempo Xi ha riconosciuto dei vantaggi nell'amicizia con Putin, rimanendo al suo fianco, nonostante le pressioni occidentali per isolare la Russia. Il commercio russo-cinese è aumentato vertiginosamente dall'invasione dell'Ucraina (+29,3% lo scorso anno, raggiungendo i 190 miliardi di dollari) e la Russia ha venduto alle potenze asiatiche, compresa la Cina, maggiori volumi di petrolio.

E un rapporto fragile si può rafforzare se c'è una visione e un nemico comune. Soprattutto se questo si chiama Stati Uniti. Pechino risponde alle accuse e fa notare che Washington che "non smette di fornire armi al campo di battaglia" in Ucraina e "non la Cina".

Xi è intrappolato in un dilemma strategico, in balia degli eventi geopolitici e bellici. Come sottolineato dal politologo cinese Minxin Pei su Bloomberg, il presidente cinese non ha altra alternativa che restare con Putin. "Abbandonarlo ora sarebbe visto come un imperdonabile tradimento a Mosca e un rischio geopolitico e tecnologico per Pechino". La guerra in Ucraina mostra quanto Cina e Russia siano su binari molto diversi. Ma non troppo lontani per andare contro un nemico comune. 

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