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Venerdì, 19 Aprile 2024

Serena Console

Giornalista

La contraddizione della 'pace cinese' in Ucraina

La Cina prova a giocare la sua grande partita diplomatica sulla guerra in Ucraina. Il colpo inferto agli Stati Uniti con la ripresa delle relazioni formali tra Arabia Saudita e Iran - a seguito della mediazione di Pechino ma comunque frutto di un lento processo di disgelo nella regione mediorientale, facilitato prima dall’Iraq (2021) e poi dall’Oman (2022) - potrebbe essere solo l'ultimo in ordine di tempo. Perché il presidente Xi Jinping ha segnato in agenda prima un incontro con Vladimir Putin e poi un video colloquio con Volodymyr Zelensky.

Del faccia a faccia con l'omologo russo, a cui Xi è unito da una "amicizia senza limiti" se ne parlava da qualche settimana, quando le indiscrezioni giornalistiche collocavano il viaggio di Xi a Mosca tra fine aprile e maggio. Ma la voce dell'incontro tra i due leader è stata confermata nella giornata del 17 marzo: i due presidenti si incontreranno nella capitale russa la prossima settimana, dal 20 al 22 marzo. Xi effettuerà una visita di Stato in Russia su invito del suo omologo russo. Durante i colloqui, riferisce Interfax citando il servizio stampa del Cremlino, Xi e Putin discuteranno "questioni di attualità dell'ulteriore sviluppo di un partenariato globale e della cooperazione strategica tra Russia e Cina".

Anche da Pechino è stata confermata la notizia del viaggio di Xi in Russia che, stando a quanto riferito del ministero degli Esteri cinese, "darà un nuovo impulso allo sviluppo delle relazioni tra i due Paesi, rafforzerà ulteriormente la fiducia e la comprensione reciproca". Il fatto che il leader cinese potesse visitare la Russia era stato riferito per primo da Reuters qualche giorno fa. Secondo l’agenzia stampa al centro dei colloqui ci sarà anche il cosiddetto piano di pace cinese.

Xi incontrerà Putin nei prossimi giorni e promette di parlare con Zelensky

Fin qui, tuttavia, nulla di nuovo. Quello tra i due leader sarà il quarantesimo incontro da quando Xi è diventato presidente della Cina nel 2013. La novità è però giunta con una indiscrezione del Wall Street Journal, riportata il 13 marzo: dopo aver salutato Putin, il presidente cinese, fresco di terzo mandato ottenuto durante l'Assemblea nazionale del popolo, dovrebbe avere un colloquio con l'omologo ucraino Volodymyr Zelensky, in quello che sarà il primo dialogo diretto tra Kiev e Pechino dall’inizio della guerra. Il leader ucraino potrebbe finalmente vedere realizzato il desiderio di parlare con il suo omologo cinese, dopo le richieste di questi ultimi mesi. Il dialogo diplomatico di Xi non si ferma qui. Da Mosca, il leader cinese potrebbe muoversi verso i paesi europei, anche se il suo itinerario completo - scrive la testata americana - non è ancora stato ufficializzato. 

Come leggere questo dinamismo diplomatico della Cina? Quello di Pechino vuole essere un tentativo di rassicurare tanto Bruxelles quanto Kiev che da tempo chiedono un suo intervento per ottenere quantomeno un "cessate il fuoco"? Oppure vuole essere un modo per dimostrare agli Stati Uniti che non ha intenzione di entrare in alcun modo nel conflitto? 

Senza dubbio, il colloquio con Zelensky serve a Pechino per porre una distanza tra sé e Mosca e mostrarsi meno filo-russa e più equilibrata agli occhi di Bruxelles. Certamente l'accordo tra Teheran e Riad patrocinato da Pechino (in una regione dove Washington ha esercitato un ruolo di mediatore) ha confermato il nuovo corso di dinamismo diplomatico del gigante asiatico.

La Cina si muove in un percorso che aveva già tracciato con la presentazione prima del concept paper sulla Global Security Initiative - che mira a sostenere il principio della "sicurezza indivisibile", in base al quale nessun paese può rafforzare la propria sicurezza a spese di altri - e poi del "piano di pace" di 12 punti, illustrato a pochi giorni del primo anniversario della guerra in Ucraina e accolto con scetticismo dall'occidente.

Il doppio gioco della Cina nella guerra in Ucraina

Ma è qui che si presenta la contraddizione in essere del famigerato "piano di pace", dove non viene mai precisato quale sia - o se ci sia - l'aggressore e l'aggredito. Sarebbe quindi meglio parlare di position paper, o documento programmatico, con cui la Cina promuove il rispetto della "sovranità di tutti i paesi" per garantire pace e stabilità in un mondo multipolare. Principalmente nei paesi in via di sviluppo e nel Sud globale verso cui Pechino sta indirizzando il proprio interesse, per promuovere una forte retorica anti-americana. Retorica condivisa con Mosca.  

La "proposta di pace" quindi non definisce una road map precisa per la fine del conflitto e non è altro che una affermazione dei concetti chiave della politica estera di Pechino: tutela della sovranità e integrità territoriali, considerazione delle legittime preoccupazioni di sicurezza di tutti i paesi, rifiuto di sanzioni e armi nucleari. Le armi nucleari, appunto. Basta volgere lo sguardo al 2013 per notare un'altra contraddizione, l'ennesima. In quell'anno, la Cina ha firmato un accordo con l'Ucraina assicurandole una protezione in caso di un attacco nucleare. Una promessa che seguiva l'impegno del 1994 di Kiev, secondo cui avrebbe rinunciato alle armi nucleari di epoca sovietica, in cambio di garanzie di sicurezza da parte di Stati Uniti, Regno Unito e Russia. Ma la rassicurazione di Pechino di proteggere l'Ucraina da un attacco nucleare attualmente si presenta come un ulteriore ostacolo nei rapporti tra Cina e Russia, due stretti partner che si danno forza a vicenda nella lotta contro gli autoritarismi promossa dai paesi occidentali.

Con Lukashenko in Cina Xi diventa mediatore della guerra in Ucraina

Xi difficilmente potrà andare oltre la richiesta di un "cessate il fuoco" durante il confronto con Zelensky e Putin, ma potrà certamente strizzare l'occhio a Kiev e Bruxelles, anche in ottica commerciale. L’interscambio tra Cina e Ucraina, prima della guerra, ha rafforzato un rapporto bilaterale avviato più di 30 anni fa, da quando nel 1991 il paese dell'Europa orientale è divenuto indipendente dall’allora Unione Sovietica.

Un rapporto di The Observatory of Economic Complexity (OEC) restituisce un quadro completo delle relazioni bilaterali: nel 2020 l'Ucraina è stata la 55esima economia più grande per Pil, la 46esima più grande per esportazioni e la 47esima più grande per importazioni. Nello stesso anno, Kiev ha esportato verso Pechino merci per un valore di 7,26 miliardi di dollari, principalmente ferro, mais, grano e olio di semi, con un aumento annuale del 12,2% negli ultimi 25 anni. Pechino è stato anche un importante investitore in progetti infrastrutturali, alcuni dei quali però sono stati distrutti durante i bombardamenti.

Ma proprio la guerra ha fatto registrare una battuta d'arresto. Il commercio tra Cina e Ucraina è diminuito del 60% nel 2022 rispetto all'anno precedente, attestandosi intorno a 7,6 miliardi di dollari. Nel frattempo, il commercio tra Mosca e Pechino è aumentato di circa il 29% rispetto all'anno precedente, segnando la cifra di 190 miliardi di dollari. Ed è proprio da interscambio che la Cina emerge come un importante acquirente di gas e petrolio russo. 

Xi e il Partito comunista sono intenzionati a porsi come garante di un nuovo ordine multipolare, nel quale si privilegiano certi interessi e tutelano pochi diritti. In questo modo, la Cina arriva a offrire un'alternativa al modello di relazioni internazionali guidato dagli Stati Uniti, facendo affidamento sui legami commerciali anziché sulla forza militare per influenzare le decisioni di altri paesi. E spetta a questi ultimi decidere da quale parte posizionarsi e con chi. 

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