rotate-mobile
Sabato, 20 Aprile 2024

Charlotte Matteini

Opinionista

La retorica tossica e falsa del "se vuoi, puoi"

In questi giorni, complice le polemiche sul monologo di Chiara Ferragni a Sanremo, su Twitter e Tik Tok è tornato a imperversare un annoso dibattito che ciclicamente torna in auge. A scatenarlo sono stati una serie di video di Eleonora Agnarelli, giovane studentessa molto apprezzata su Tik Tok per le sue opinioni sull’attualità. In questi video Eleonora ha difeso il monologo di Chiara Ferragni sostenendo che non è un dovere dichiarare la propria posizione di privilegio di partenza perché le potenzialità non dipendono da quella e in un Paese come l’Italia esistono possibilità di realizzazione per tutti. E poi, la chiusa tombale, quella che ha indignato praticamente tutti: “Facendo più fatica ci arrivi e se non ci arrivi non è colpa di quell’altro perché aveva una situazione privilegiata, è colpa tua che non ti sei fatta abbastanza il culo”. Una colpevolizzazione in piena regola, espressa a chiare lettere. Il video originale è stato rimosso dal profilo, sostituito con un’altra serie di video dove Eleonora cerca di aggiustare il tiro, continuando a sostenere che in Italia per chiunque sia possibile arrivare ai propri obiettivi solamente grazie alla propria determinazione, anche partendo da una posizione di svantaggio.  

La mobilità sociale

Purtroppo, però, Eleonora ha torto e a confermare il fatto che la sua visione sia piuttosto utopistica e viziata da una mancata conoscenza di cosa sia una vera situazione di disagio economico, culturale e sociale sono una serie di dati dell’Ocse e Bankitalia. Nel focus “Un ascensore sociale rotto? Come promuovere la mobilità sociale” del 2018, l’Ocse scriveva a chiare lettere: “In Italia lo status economico delle persone è molto correlato a quello dei loro genitori. Tenendo conto della mobilità delle retribuzioni da una generazione all'altra e del livello di disuguaglianza, in Italia potrebbero essere necessarie almeno 5 generazioni per i bambini nati in famiglie a basso reddito per raggiungere il reddito medio, solo di poco al di sopra della media Ocse”. Non esattamente un inno al “se vuoi, puoi”.  

Proseguendo, il report sottolinea che “in Italia, la scarsa mobilità colpisce in particolare coloro che si trovano nella parte inferiore della distribuzione delle retribuzioni. Il 62% delle persone nel quintile inferiore (il 20% delle persone con i redditi più bassi) vi rimane per quattro anni, 5,5 punti percentuali in più della media Ocse e dagli anni '90, la mobilità dei redditi in basso della distribuzione è diminuita, oggi la persistenza dei bassi redditi è più forte”. 

L'ascensore sociale scende e basta 

Ma proseguiamo con il rapporto Bankitalia, sempre datato 2018. La banca centrale rileva che “i risultati collocano l'Italia tra i paesi con un'alta persistenza intergenerazionale delle condizioni economiche” e che “il fenomeno mostra inoltre una tendenza all'aumento negli anni più recenti”. Dati vecchi, potreste eccepire. Allora prendo in prestito una recentissima dichiarazione del presidente Acri ed ex ministro dell’Istruzione, Francesco Profumo, del 31 ottobre 2022: “Oggi l’ascensore sociale funziona solo in discesa. Il 42% di persone povere ha visto peggiorare la propria situazione rispetto a quella dei genitori”.  

Insomma, se prendiamo ad esempio l’Italia per parlare di un Paese dove chiunque può realizzarsi questi dati dovrebbero ridimensionare parecchio le convinzioni. Il privilegio di partenza in un Paese dove l’ascensore sociale è bloccato da tempo conta, eccome se conte. E non è solo una questione economica, ma anche di contesto sociale e culturale di nascita. Davvero pensate che i risultati che avete ottenuto nascendo in una famiglia più agiata, che vi ha spinto a studiare e permesso di coltivare i vostri talenti sarebbero stati gli stessi se foste nati in un’altra famiglia, in una zona ad altissimo tasso di criminalità ed esclusione sociale, dove gli indici di abbandono scolastico sono alle stelle? La risposta è no, per chiunque abbia un minimo di onestà intellettuale. 

Gli abbandoni scolastici

E per fornire un altro dato di contesto, l’Italia la terza nazione tra i Paesi Ue con più abbandoni scolastici (12,7%), dopo Romania (15,3%) e Spagna (13,3%). In Sicilia il 21,2% dei residenti tra 18 e 24 anni ha lasciato la scuola prima del tempo, circa 10 punti percentuali in più della media nazionale, in Puglia è pari al 17,6% e in Campania al 16,4%. 

Se è vero che, ovviamente, anche in Italia è possibile raggiungere dei risultati anche nascendo in un contesto più disagiato, e cara grazia non fosse così in un Paese che voglia dirsi civile, altrettanto vero è che questo assunto non è valido per tutti e che chi, nonostante il contesto di partenza, riesce a ottenerli comunque ci arriva con estremo ritardo, facendosi il mazzo dieci volte tanto il collega più fortunato e spesso nemmeno a parità di talento.  

L’output dipende sempre dalla condizione di partenza in una società marcatamente diseguale come la nostra, e più svantaggiata è la partenza, più è difficile, se non addirittura impossibile, ottenere quegli stessi risultati raggiungibili da chi parte da una base più favorevole. Perché? Perché molto spesso manca un elemento fondamentale: avere la possibilità di coltivare i propri talenti. Non tutti ce l’hanno e sarebbe bene che molti si rendessero conto che la vita non per tutti è una pianura come quella di chi ha vinto il privilegio alla lotteria della vita. C’è chi ogni giorno scala l’Everest per arrivare a fine mese, per trovare un lavoro regolare che non lo retribuisca 500 euro al mese per 50 ore a settimana. Che cosa c’è di assurdo nel voler rimarcare che le possibilità non sono uguali per tutti e che il principio dell’uguaglianza a tutti i costi dovrebbe essere sostituito da quello dell’equità, che tiene conto anche di queste differenze? 

Si parla di

La retorica tossica e falsa del "se vuoi, puoi"

Today è in caricamento