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Martedì, 16 Aprile 2024

Il commento

Marco Esposito

Alla Meloni piace vincere facile, senza avversari. Opposizioni allo sbando

Giorgia Meloni, Fratelli d'Italia e il centrodestra stravincono le elezioni regionali. Una vittoria netta, mai in discussione, con i candidati governatori della coalizione che staccano i loro competitor in maniera più che evidente. Un esito migliore il presidente del consiglio non poteva sperarlo: Fratelli d'Italia è primo partito sia in Lombardia sia nel Lazio, ma il tanto temuto crollo della Lega di Salvini in Lombardia non c'è stato. Il partito del ministro dei trasporti - pur distanziato di circa otto punti da quello della Meloni - sostanzialmente tiene, e, considerando anche il buon risultato della lista del governatore Fontana, accorcia addirittura le distanze rispetto al partito del premier rispetto alle politiche. Questo risultato, quindi, dovrebbe anche evitare nuove e più frequenti fibrillazione alla maggioranza di governo, in queste ore scossa dalle dichiarazioni di Silvio Berlusconi su Zelensky

Allarme affluenza: una parte del Paese non ha fiducia nella politica

C'è una premessa da fare rispetto al risultato elettorale: c'è una parte del Paese - che è maggioranza - alla quale la politica non parla. Una nutrita parte di cittadini che non ha alcuna fiducia in questa classe dirigente, e che, probabilmente, non ha alcuna speranza rispetto al futuro. Ormai la scarsa affluenza non è un caso isolato: si ripete da anni, in ogni tornata elettorale. L'abbiamo vista palesarsi alle scorse elezioni amministrative quando anche per la scelta del Sindaco di Roma si presentarono alle urne meno del 50% degli aventi diritto, sia alle ultime elezioni politiche di settembre, quando votò solo il 63% degli italiani. Ed è un problema che chiama in causa tutti i partiti e anche i governatori che hanno stravinto. Perché se la maggioranza dei cittadini non partecipa alla vita democratica, il problema riguarda tutti. Anche chi vince le elezioni.

Il Governo tira un sospiro di sollievo

La maggioranza di governo è quindi ancora in piena luna di miele con il Paese. Gli errori che secondo opinionisti e osservatori Giorgia Meloni avrebbe commesso nella gestione del prezzo della benzina, o le "debacle" europee subite a Bruxelles non hanno per ora affatto scalfito il suo rapporto diretto con gli elettori. In questo momento -  e questo va ammesso - Giorgia Meloni è l'unico leader riconosciuto dagli italiani. La sua grande fortuna, ovviamente, è anche quella di non avere avversari: nessun partito oggi sembra in grado di mettere in campo una leadership credibile e alternativa a quella del presidente del consiglio. 

L'opposizione non esiste

Dalle urne delle elezioni regionali esce un altro verdetto: in Italia non esiste un'opposizione al governo Meloni. E questo è un problema, grande. Lo è in qualsiasi democrazia, lo è ancora di più in Italia perché la creazione di un'alternativa credibile alla maggioranza di centrodestra sembra a oggi un miraggio più che un'ipotesi concreta. Anche il famoso "campo-largo" - quella strana coalizione vagheggiata da alcuni perpetui leader democratici - non sarebbe stata comunque sufficiente a contendere la vittoria al centrodestra. 

Il Pd, che in questo momento pare vivere in una sua realtà parallela, un sottosopra costituito da un congresso interminabile che appare come un'eco lontana anche ai suoi elettori, si auto-consola definendosi - parole del suo segretario uscente Enrico Letta - come "il primo partito dell'opposizione". Secondo Letta, quindi, il Pd ha confermato la sua centralità nel campo del centrosinistra in un momento di tempesta, respingendo l'assalto di Movimento 5 Stelle e del terzo Polo che quella centralità volevano rubare al Pd, ponendosi loro come perno centrale della futura opposizione al governo Meloni. 

E qualcosa di vero, nelle parole di Enrico Letta, evidentemente c'è. Se tutto il centrosinistra esce con le ossa rotte da questa tornate elettorale, il M5S e il terzo polo sono i primi sconfitti di queste regionali. Il "partito" di Giuseppe Conte, infatti, rischia di fermarsi sotto il 10% nel Lazio, ed è praticamente inesistente in Lombardia dove è inchiodato al 4%. Per un partito che aspirerebbe a guidare l'opposizione si tratta di un risultato più che deludente. Un risultato che dovrebbe spingere gli (ex) grillini a porsi qualche domanda, uscendo dalle solite "giustificazioni" sul M5S che va male alle elezioni amministrative perché "corre da solo". 

Addirittura più inquietante la situazione del terzo polo che sia nel Lazio sia in Lombardia, non solo rimane lontanissimo dalla fatidica doppia cifra, ma addirittura si ferma sotto il 5%. La somma di Azione e Italia Viva sembra non portare a niente, il risultato di queste elezioni non può che aprire domande inquietanti sul futuro di questo progetto. Il cantiere del partito unico riformista ha ancora senso? Il progetto voluto così fortemente da Calenda e Renzi ha un suo spazio politico? Oppure si è trattata dell'ennesima scialuppa nata per traghettare un gruppo dirigente sconfitto da una legislatura all'altra?

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