Perché l'equo compenso sì e il salario minimo no?
Finalmente l’equo compenso è legge. Il governo Meloni ha messo la parole fine allo sfruttamento dei liberi professionisti da parte delle aziende e della Pubblica amministrazione. "Si poteva fare meglio", ha detto l’opposizione pur riconoscendo che si tratta "di un’ottima legge". Il riferimento è, ad esempio, alle sanzioni disciplinari a carico dei professionisti che accettano un compenso non equo e non al committente inadempiente (ci siamo dimenticati che sono loro la parte debole?), ma non voglio parlare di questo perché questa legge, come hanno detto in molti, è una pietra miliare per il nostro Paese, un atto di civiltà e inclusività.
Esulta la premier Giorgia Meloni, prima firmataria insieme al collega Morrone: "Ringrazio tutti i deputati e i senatori per questo importante traguardo raggiunto volto a restituire dignità e giustizia a tanti professionisti a cui per troppo tempo sono state imposte condizioni economicamente inique". A dire la verità esultiamo un po' tutti, condividendo il concetto più ampio secondo cui tutti i lavoratori devono essere pagati sulla base della qualità e della quantità di lavoro svolto, perché nessuno vuole essere sottopagato, giusto?
Questa legge è stata fatta per i liberi professionisti, soprattutto giovani, costretti ad accettare qualsiasi tipo di offerta lavorativa pur di guadagnare il cliente. Nel testo si parla di "contraenti forti", ossia di imprese di grandi dimensioni e della Pubblica amministrazione, ma se ci pensiamo bene quando si ha bisogno di lavorare tutti i contraenti sono forti, non ci sono dimensioni che tengano, anche un gestore di un piccolissimo bar di periferia può dettare legge di fronte a chi vuole sopravvivere dignitosamente. E allora perché il testo impone l’equo compenso solo alle aziende con più di 50 dipendenti, o con un fatturato di oltre 10 milioni? Ma soprattutto perché non cerchiamo di fare una legge per non sfruttare e sottopagare tutti i lavoratori, autonomi o dipendenti che siano? In moltissimi altri paesi europei questa legge esiste e si chiama salario minimo, ma il governo Meloni non ne vuole proprio sapere. Eppure con l’equo compenso l’esecutivo ci ha appena dimostrato di essere contrario allo sfruttamento dei lavoratori. La stessa ministra del Lavoro, Marina Calderone, ha dichiarato che questa norma "di civiltà rappresenta appieno la visione del governo sul mondo del lavoro grazie a un primo intervento che punta a rendere sempre più universali le tutele per tutti i lavoratori, dipendenti o autonomi che siano". Quindi sul salario minimo ci possiamo sperare?
Ho qualche dubbio. Tra tutte le dichiarazioni trionfanti (come è giusto che sia) degli esponenti di centrodestra, una mi ha fatto proprio storcere il naso, quella dell’altro firmatario della legge, Jacopo Morrone. Il deputato leghista ha parlato di "una riforma attesa da tempo, la cui assenza ha penalizzato troppo a lungo una parte significativa della nostra società". Significativa? In che senso? Penso che siamo tutti "significativi" in questo mondo, perché ognuno di noi con il proprio lavoro dà il suo piccolo ma prezioso contributo alla collettività. Mi rifiuto di credere che si pensi ancora che ci siano lavoratori di serie A e lavoratori di serie B, ma sicuramente non è questo che Morrone voleva intendere, anche se poi vediamo che in molti casi "le attenzioni" del governo sono tutte per le imprese e per gli autonomi (vedi la flat tax).
Conclusioni, ma prima l’art. 36 della Costituzione:
"Il lavoratore ha diritto a una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa".
La Costituzione non parla solo di autonomi ma di lavoratori in generale, anche di quei 4,5 milioni che risultano poveri pur lavorando. Considerando che esistono contratti 'pirata' con retribuzioni da 5 euro l’ora, contratti nazionali a 6,58 euro (vedi quello di colf e badanti) e chi in nero prende 3 euro l’ora, forse è arrivato anche per loro il momento di intervenire. E con una certa urgenza, visto che con l’inflazione alle stelle tra poco non riusciranno nemmeno più a "guadagnarsi il pane", come si diceva una volta.