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Giovedì, 25 Aprile 2024

Il commento

Fabio Salamida

Giornalista

La sinistra si liberi di questi influencer

Come prevedibile, nel corso dell’ultima puntata della trasmissione “Fuori dal Coro”, Mario Giordano ha risposto a Federico Leonardo Lucia, in arte Fedez, che in una storia pubblicata su Instagram aveva ironizzato sulla sua voce facendo allusioni sulle sue gonadi: “Caro Fedez – ha detto il giornalista – intanto la volevo tranquillizzare. I miei testicoli si sono tranquillamente staccati ed è tutto regolare. Per quanto riguarda la voce, è un mio difetto fisico che mi ha fatto anche soffrire nella vita. Mi stupisce però che lei, il paladino dei diritti civili, si attacchi ai difetti fisici degli altri”. Difficile riuscire a portare dalla parte della ragione un personaggio come Mario Giordano, ma il rapper, ancora alle prese con le polemiche e i gossip post-sanremesi, è riuscito anche in questa incredibile impresa. Un’impresa che mette alla prova la sua già traballante reputazione e infligge un ennesimo danno di immagine anche ai grandi marchi di moda che sponsorizzano lui e sua moglie, ad Amazon e alla sinistra. Già, la sinistra: la sinistra che volente o nolente si ritrova coinvolta in queste vicende così lontane dalle aule del Parlamento; la sinistra che oltre a dover fare i conti con Enrico Letta e Stefano Bonaccini, che tessono le lodi di Giorgia Meloni, deve preoccuparsi anche di Fedez che bullizza Mario Giordano su Instagram dandogli del castrato per via della voce.

Trarne profitto

In un Paese ideale, la condotta di un rapper milionario o quella di sua moglie influencer non dovrebbero minimamente sfiorare gli ambienti della politica, ma in questo tempo impazzito in cui anche un comico può fondare un movimento che in pochi anni può diventare il partito di maggioranza relativa, ogni schema è saltato e tutto diventa possibile. La sinistra, ormai da tempo, tende a scambiare alcuni influencer per una sorta di intellettuali organici (Antonio, perdonami…), elemosinando la loro attenzione nella vana speranza che oltre a vendere smalti e mutande, a promuovere canzoni, show e serie tv, possano anche trasformare in consensi parte della loro popolarità. Così, politici che un tempo marciavano convinti verso il sol dell’avvenire, hanno fatto a gara per complimentarsi con Chiara Ferragni quando ha annunciato che avrebbe devoluto in beneficenza il compenso del Festival di Sanremo; quegli stessi politici avevano già “eletto” il marito a paladino dei diritti LGBTQ+. Se i protagonisti del brand activism possono aiutare a spingere una causa - devono pensare - ben venga ogni loro contributo. E anche se il sostegno a quella causa è chiaramente finalizzato a trarne del profitto, l’importante è portare a casa il risultato. Il risultato, appunto: malgrado le storie su Instagram della suddetta influencer da 28 milioni di follower, nelle Marche e in altre regioni non è diventato più agevole per le donne accedere all’interruzione di gravidanza; malgrado la seguitissima diretta Instagram del marito con il promotore del DDL Zan, il provvedimento non è stato approvato; malgrado la sortita di Giorgia Soleri in Parlamento in compagnia del fidanzato Damiano, leader dei Maneskin, la proposta di legge sulla vulvodinia è finita su un binario morto. E si potrebbe continuare a lungo.

Gli influencer non sono politici

Perché gli influencer, per quanto possano vestire i panni degli attivisti, non sono politici e la loro influenza in quel contesto è molto più limitata di quanto si possa pensare: il percorso di vita e le convinzioni più o meno radicate che spingono una persona a votare per un partito o a non andare proprio a votare (come fa un italiano su due…), sono cosa assai diversa da ciò che spinge quella stessa persona a mettere un cuoricino su Instagram o a scegliere una marca di scarpe rispetto ad un’altra. Il risultato del cortocircuito è ormai sotto gli occhi di tutti: gli influencer utilizzano delle battaglie che competerebbero alla sinistra per accaparrarsi nuove fette di mercato, alla sinistra, ormai subalterna al potere dei follower, restano i fallimenti e la scomoda gestione delle tante contraddizioni degli stessi influencer, che alle salsicce e alla birra sfiatata delle Feste dell’Unità preferiscono l’apericena in elicottero sui ghiacciai delle Alpi Svizzere, alla faccia della povera Greta Thunberg. Una zavorra che finisce per inquinare il dibattito pubblico, dando alle destre argomenti facili per passare sotto silenzio questioni ben più gravi: nei giorni in cui la Presidente del Consiglio, gli esponenti più in vista del Governo e gli opinionisti a loro vicini, sempre pronti a commentare ogni fatto di cronaca (specie se c’è di mezzo un immigrato), tacevano sul pestaggio a opera di un gruppo di squadristi contro degli studenti fuori una scuola di Firenze, sui loro profili social non hanno fatto mancare la solidarietà a Mario Giordano, vittima dell’odio di quello che spacciano da tempo per un esponente di punta della sinistra italiana. E nessuno, a sinistra, ha osato batter ciglio.

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