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Venerdì, 19 Aprile 2024

L'editoriale

Roberta Marchetti

Giornalista

Bibite in lattina e balletti per TikTok: come si è ridotta la musica

Finesse, Shiva, Madfingerz, Geolier. Sono quattro degli artisti attualmente in vetta alla top 50 Italia di Spotify, insieme a Emis Killa, Sfera Ebbasta, Rhove e Lazza. Tolto quest'ultimo - che ha fatto la 'boomerata' di partecipare a Sanremo, presentandosi al grande pubblico (grande da leggere nel senso letterale del termine) - per chi ha più di trent'anni gli altri sono quasi tutti dei perfetti sconosciuti, salvo casi in cui si abbiano figli o nipoti under 25, oppure una personale propensione alle novità musicali mainstream. 

Partiamo proprio da qui, dal mainstream. Se fino a una manciata di anni fa la principale corrente musicale in Italia, quella che si piazzava in classifica e passava in radio, era rappresentata dal pop - in tutte le sue sfaccettature - oggi non solo ci sono nuovi generi (alcuni difficilmente identificabili) che hanno di fatto soppiantato la cara e vecchia canzone all'italiana - superando quanto aveva iniziato più o meno timidamente a fare l'indie dieci anni fa con Calcutta, Cosmo e dintorni - ma è cambiata proprio la fruizione del prodotto. Nessuno fa più i dischi, perché tanto nessuno li ascolta. Oggi si "streamma", ovvero si fa una canzone e si pubblica su Spotify, dove migliaia, centinaia di migliaia - si spera anche milioni - di persone possono ascoltarla. Ecco allora che farla insieme ad altri artisti sulla cresta dell'onda è un'irrinunciabile cassa di risonanza. Ci si accorpa come i partiti prima delle elezioni alla ricerca disperata di elettori.

I diffusissimi featuring non segnano la fine della rivalità tra artisti - che è sempre stata madre di buona musica - ma rappresentano la loro resa in favore di una più conveniente convivenza in vetrina. E in classifica. Sfera Ebbasta è contemporaneamente al primo e secondo posto, insieme a Emis Killa sul gradino più alto del podio, con Finesse, Shiva e Gue invece per la medaglia d'argento con un'altra canzone. Poi lo ritroviamo al tredicesimo posto - con AirBeatz, Ozuna, GIMS - e al quattordicesimo con Geolier. C'è un affolamento di pezzi e feat che neanche al bar dell'autogrill il giorno dell'esodo di ferragosto. Una cosa impensabile fino a qualche tempo fa. In fondo come era impensabile l'addio al 45 giri - tornato ultimamente in voga più per vezzo che per utilità - e l'avvento dei cd che hanno pensionato le musicassette. Tutto questo non vuole essere un discorso nostalgico sui bei tempi andati, tantomeno un approccio talebano e diffidente nei confronti dei nuovi artisti e del giudizio dei più giovani che li consacra. Del resto, se non ci fossero stati i nostri genitori a comprare i loro dischi forse non avremmo mai conosciuto i Beatles. È però la premessa per fare un discorso più ampio su come la musica non solo è cambiata, come per certi versi è sacrosanto che sia, ma pare si stia trasformando in una fucina di creator, marketing strategist e venditori che avrebbero fatto impallidire anche Giorgio Mastrota ai tempi d'oro, mettendo in imbarazzo uno zoccolo duro d'artisti nostrani, con venti/trenta anni di carriera sulle spalle, che ha sempre vissuto di musica e continua a farlo. 

Da Battisti e Mogol a Fedez e Lazza

Anni fa non c'erano i featuring (tutt'al più qualche duetto all'Ariston), ma i sodalizi, ed erano principalmente tra artista e autore. Storico e particolarmente fecondo quello tra Lucio Battisti e Mogol - andato avanti per 15 anni, fino agli inizi dell'80 - ma intensa fu anche la collaborazione tra Marco Masini e uno dei più grandi parolieri italiani, Giancarlo Bigazzi, con cui scrisse "Ci vorrebbe il mare", "Perché lo fai", "Vaffanculo". Canzoni che, piaccia o no - a seconda dello snobismo musicale di chi legge - oggi più o meno tutti saprebbero cantare, quantomeno il ritornello. Chissà se tra una ventina d'anni si potrà dire lo stesso di "Shakerando" di Rhove, che già a distanza di un anno dal suo più grande (e unico) successo sembra perdere quota. Uno dei principali problemi dei featuring, degli stream e del nuovo "sistema musica" è proprio questo, l'evanescenza degli artisti e dei loro brani. Stelle cadenti capaci di lasciare un'abbagliante scia che dura mezza stagione. Successi repentini che catapultano su palchi importanti emergenti inesperti, ma soprattutto senza il repertorio necessario a tenere almeno un paio d'ore di performance. Perché i concerti sono una di quelle situazioni in cui, sì, la durata conta. 

Ma torniamo ai sodalizi. Quelli che oggi ci sfrecciano davanti non hanno nulla a che fare con le connessioni artistiche che vogliono farci bere (e sul bere ci arriviamo tra poco), ma sono prettamente commerciali. Alla base non ci sono quasi mai progetti musicali, bensì di marketing. In questo Fedez è il portabandiera, asso piglia tutto nel panorama italiano ormai da tre estati, capace di mettere insieme il nuovo re del glam rock Achille Lauro e una Orietta Berti appena tornata alla ribalta e insospettabile icona dei giovanissimi (quelli che "streammano", per intenderci), e poi ancora l'amatissimo Tananai con Mara Sattei, fino alla reunion nell'ultimo tormentone con l'amico ritrovato J-Ax e l'ormai star di TikTok Annalisa (professione, anche lei, cantante). Boom assicurato e via al circo estivo. Numeri e soldi. E sempre Fedez, a quanto pare ormai più presente negli uffici della sua agenzia che in studio di registrazione, ha avuto un'altra pensata vincente, anche questa tipica di chi nella vita vive di musica: ha appena lanciato insieme a Lazza - cantante anche lui, ovvio - una nuova bevanda in lattina, hard seltzer "leggermente alcolico e con poche calorie" spiegano entrambi sui social quasi con la stessa verve di Roberto Da Crema. Ripensando nostalgicamente a Battisti e Mogol, voi ce li vedevate a brandizzare un limoncello?

Trovato il balletto, trovata la hit

Se non si è abbastanza ferrati come venditori, c'è un'altra strada che si può provare a percorrere per scalare la vetta del successo facile. TikTok, o comunque i social in generale. E qui Annalisa fa scuola, salita in corsa su un cavallo vincente. Con "Bellissima" si è trovata, forse anche inconsapevolmente, travolta da una popolarità mai raggiunta prima (eppure non era proprio una sconosciuta, anzi), e questo grazie alla coreografia di Joey Di Stefano che per mesi ha impazzato in rete. Il balletto di "Bellissima" per mesi è stato fatto ovunque e da chiunque, rendendo il brano uno straordinario successo, senza entrare nel merito di testo o musicalità. Stesso copione e destino per la più recente "Mon amour". Un risultato sorprendente e che non costa troppa fatica, a cui l'artista sembra essersi affezionata, tanto da abituarsi a questo modus operandi. In sostanza, trovato il balletto trovata la hit. Chissà se Zucchero ne avrebbe bisogno. 

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