Morire a cento all'ora per un video su TikTok
Si moriva anche prima. L'adolescenza è l'età fragile, in cui la vita sembra invincibile e si fanno cose spericolate. Ma oggi, diversamente da prima, vediamo quelle morti in diretta o quasi, riprese da decine di telefonini e postate sui social. La corsa in moto di Christian, 16 anni, finita per sempre sul parabrezza di un'auto a Biassono, in provincia di Monza e Brianza. La fretta di Gabriel e Meriton, 15 e 17 anni, che hanno attraversato i binari alla stazione e sono stati travolti da un treno a Berbenno in Valtellina. La serata di Barbara, 17 anni, ed Eralda, 19, terminata contro un platano a Gorgo al Monticano, in provincia di Treviso. Il dolore dei loro genitori si moltiplica nell'angoscia di ogni madre e ogni padre tutte le volte, come in questi giorni, che la cronaca ci informa di un figlio e una figlia che non ci sono più. Vittime di incidenti che, sicuramente, si potevano evitare.
La generazione homo videns – la metamorfosi televisiva dell'homo sapiens descritta all'inizio di questo millennio dal sociologo Giovanni Sartori – si è oggi frantumata sugli schermi di milioni di smartphone che trasformano la fine tragica di tanti giovani in video virali. Ma è giusto diffondere queste immagini?
Secondo Francesco Carè, soccorritore e rappresentante dell'Associazione nazionale familiari e vittime della strada, è doveroso: “Tutti siamo coscienti che ciò che è accaduto è stato provocato dall'imprudenza – ha scritto sul suo profilo Facebook, in merito al filmato dell'incidente di Christian a Biassono – ma qui si deve fermare il giudizio e deve cominciare il rispetto... Abbiate il coraggio, cari genitori, di fare vedere questo breve video ai vostri figli. Solo così questo ragazzo di 16 anni non sarà morto invano e potrà, con la sua scomparsa, insegnare ad altri quanto sia preziosa la vita”.
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Il retroscena assurdo è che Christian stava correndo in moto con altri amici ad appena un chilometro dal tempio europeo della velocità. E lì dentro la loro esibizione, o qualsiasi cosa fosse, non si sarebbe mai scontrata con il traffico urbano. Uno degli ingressi principali dell'autodromo di Monza è proprio a Biassono. E il paese brianzolo dà il nome a una delle curve più veloci e difficili della Formula 1. La stessa dove il 20 maggio 1973 finirono la carriera e la vita di due campioni del motociclismo, Renzo Pasolini e Jarno Saarinen.
Sono cresciuto da quelle parti. E una quarantina di anni fa, a 16 anni, la nostra prodezza era saltare in pista con le biciclette, scavalcando l'unico muro di recinzione – altissimo per noi – che separava la strada comunale dall'asfalto del curvone di Biassono. Si sceglieva la notte tra il venerdì e il sabato prima del Gran premio d'Italia. E imitando con la voce il rombo dei motori, insieme con altri ragazzi della zona, si pedalava come matti fino alla prima curva di Lesmo, accendendo il tifo e le lampade a batteria dei ferraristi, già accampati nel parco per la gara della domenica.
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Poi qualcuno si comprò la moto vera e, da allora, tutti noi custodiamo nel nostro cuore il ricordo di qualche amico. Ma quarant'anni fa non c'erano i social e nessun algoritmo ci spingeva a fare bravate, per poi postarle in mondovisione su TikTok o Instagram. La piattaforma cinese oggi mette in guardia il suo popolo con un avviso per le scene più incoscienti: “La partecipazione a questa attività potrebbe causare pericoli a te o ad altri”, avverte la sovrimpressione su alcuni video. Ma è evidente che non basta: correre a cento all'ora in una zona industriale, anche se è domenica, è un pericolo per chiunque, automobilisti e pedoni, non solo per chi si esibisce su una moto.
“Andate in pista o nei luoghi adatti, non per strada”, scrive nel suo messaggio di buon senso, dedicato a Christian, un appassionato di motori che si firma Atmosfera Zero. Non si può nemmeno pretendere che nei giorni festivi sindaci, carabinieri e polizia siano ovunque. La sfida è invece far comprendere alla generazione social, così come altri fecero con noi, che nella vita reale – quando si superano i limiti della prudenza e del codice della strada – non esiste il tasto reset. Poi, però, ecco la follia del parlamentare turco, Kenan Sofuoglu, che per i suoi follower filma il figlio di tre anni mentre guida una Ferrari SF90. Nel villaggio globale sembra non esserci fine al peggio. Speriamo che, tra milioni di like, nessuno sia altrettanto imprudente da imitarlo.