Per quel bimbo morto in mare nessuno ha urlato "Io capitano!"
Un neonato di 5 mesi è morto nel porto di Lampedusa, mentre era in corso lo sbarco di 46 migranti, stipati in una barca salpata da Sfax, Tunisia; il bimbo si trovava con la sua giovane mamma, una minore di 17 anni della Guinea. Il corpicino – già privo di vita – è stato ripescato dalle acque del Mediterraneo, questo mare di sangue tramutato, deliberatamente, in un muro a difesa del nostro benessere.
Per il piccolo – e per il cuore straziato della madre – non c'è stato nessun urlo "Io capitano!" con cui esultare all'approdo, come avviene nell'ultimo film di Matteo Garrone. Nessun poeta ha cantato "il nostro viaggio tremendo è terminato, la nave ha superato ogni ostacolo, l'ambito premio è conquistato". Nel cimitero chiamato Mare Nostrum, la realtà non si fa ammaliare dalla speranza, dai lieti finali; dall'inizio dell'anno, sono già morti oltre 2.300 esseri umani (dati Frontex, in difetto).
Alla vista della Guardia Costiera, una volta arrivati a Lampedusa, i migranti si sono spostati su una fiancata, come a voler abbracciare la fine di incubo; a quel punto la barca si è sbilanciata, il bimbo e tanti altri sono finiti in acqua. Erano le 4 e 20 della notte: penso alle loro braccia tendersi disperate, illuminate dai fari della motovedetta. Poi le grida, il freddo, le onde, e il mare di notte nero di morte.
Chi può salvare viene bloccato
E mentre tutto questo accade, chi ha le capacità per soccorrere queste imbarcazioni – ben prima di un viaggio così lungo e terribile – viene continuamente ostacolato dal governo Meloni. Alla nave "Mare Jonio" dell'ong Mediterranea, dopo un blocco durato mesi è arrivato finalmente il via libera per salpare, ma all'armatore è stato ordinato di rimuovere "prima della partenza le attrezzature e gli equipaggiamenti imbarcati a bordo per lo svolgimento del servizio di salvataggio"; pena la violazione dell'art. 650 del Codice Penale, che prevede l'arresto fino a tre mesi per chi "non osserva un provvedimento legalmente dato dall'Autorità per ragione di giustizia o di sicurezza pubblica, o d'ordine pubblico o d'igiene".
Rendere impossibile il salvataggio di fragili esistenze, quando si hanno tutte le attrezzature e le capacità per poterlo fare: per il governo della Disumanità, questo è nientemeno che una questione di giustizia, sicurezza, ordine e igiene (chissà quale delle quattro, in particolare). Sembra una distopia di Huxley, è il crimine reale a cui stiamo assistendo.