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Martedì, 23 Aprile 2024

L'editoriale

Maria Cafagna

Editorialista

Caro papà di Marta, spero tu sia a Budapest

Questa sera la Roma giocherà la sua seconda finale europea consecutiva. L’anno scorso, a Tirana, la squadra guidata di José Mourinho vinse il trofeo regalando alla città una “notte magica” e oggi, dopo un campionato non proprio esaltante e alla vigilia del probabile addio dell’allenatore della squadra, tutta la città è in attesa di sapere se saluterà Mourinho con una festa o se quello tra lui e la Roma sarà un saluto amaro.

Da qualche giorno però sui siti e sui social dei tifosi circola una storia che poco ha a che vedere su quello che accadrà in campo o sugli equilibri nello spogliatoio. Nel corso del programma di Radio Due “I Lunatici” è arrivata la testimonianza di una giovane donna: “Mi chiamo Marta e vorrei raccontarvi una cosa che mi sta facendo rimanere male. Mercoledì mi laureo in biologia, ma mio padre non sarà alla cerimonia perché mi ha detto di aver trovato dei biglietti per la finale di Europa League tra Roma e Siviglia a Budapest. Per un uomo di 60 anni la laurea della figlia viene dopo la sua squadra di calcio". 

La notizia è rimbalzata su diverse testate ed è diventata argomento di dibattito molto acceso tra chi sostiene che il padre ha tutto il diritto di godersi la finale in santa pace e chi, invece, crede che la laurea di una figlia sia più importante di qualsiasi partita di calcio. A sostegno di questa tesi c’è chi chiama in causa l’ex campione giallorosso Daniele De Rossi, che poco prima che scoppiasse il caso “padre di Marta” aveva annunciato che non sarebbe stato presente alla finale di Budapest perché quel giorno si sarebbe diplomata sua figlia.

Le polemiche: "Uomini immaturi motivo del calo demografico"

Rilanciando uno degli articoli che parlava della notizia, la scrittrice Giulia Blasi ha commentato su Twitter: “I commenti a questo tweet sono il vero motivo dell’inverno demografico. Guardate che non scherzo. Le donne si sono evolute abbastanza da non voler fare figli con uomini immaturi e privi di capacità relazionali di base. Non sono gli anni '40, che ci si doveva accasare per forza” dice Blasi criticando chi prendeva le difese del padre di Marta.

Posizione poi ribadita da Blasi in un lungo articolo sul sito Alfemminile in cui, tra le altre cose, la scrittrice si chiede: “E se si trattasse di un figlio, sarebbe diverso? - e ancora - Un punto rimane: no, non è che se a tua figlia paghi gli studi allora siamo a posto così. L’affetto è una cosa che si costruisce con la presenza, non con i bollettini delle tasse universitarie, e mi colpisce molto a fondo notare che così tanta gente pensa che sia normale che per un uomo il tifo venga prima dello stare vicino a sua figlia. Che scegliere sé stesso, in quel momento, non sia scegliere di gioire insieme a lei per un traguardo che chissà quale fatica le è costato. Che preferisca lasciarle pensare che lei è importante, sì, ma non quanto ‘aa Maggica”.

Conosciamo poco della storia di Marta, di suo padre e del percorso personale di entrambi. Nelle reazioni a questa faccenda quindi, ognuno porta il suo vissuto personale, la propria sensibilità, la propria visione delle relazioni padre-figlia. Non esistono posizioni sbagliate in questo caso ma punti di vista estremamente soggettivi, data appunto la scarsa quantità di informazioni che abbiamo.

Su un punto sono d’accordo con Blasi: questa storia ci dice molto del perché la gente non vuole più fare figli ma questo, a mio parere, non riguarda solo le donne ma anche gli uomini. Sempre più persone, a prescindere dal genere, scelgono di non avere legami se questi limitano la loro libertà di autodeterminarsi anche in questioni del tutto secondarie come il tifo.

Il modello familiare imposto dalla società patriarcale ha indubbiamente penalizzato più le donne che gli uomini ma ha privato entrambi - seppure, ribadiamo, in forme molto diverse - di alcune libertà in nome di un bene superiore: i figli, la famiglia, l’ordine sociale. Oggi questo modello è in crisi e le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti sotto forma di dati sulla denatalità che dicono una cosa, tra le altre: un figlio è un impegno che sempre meno persone vogliono assumersi. E in questo lo Stato e la mancanza di servizi hanno un peso enorme, ma nel corso degli ultimi anni sta avvenendo un cambiamento radicale che coinvolge le donne e gli uomini che scelgono, anche potendolo fare, di non diventare genitori per non privarsi delle piccole e grandi libertà della vita a cui, altrimenti, non potrebbero accedere.

Ognuno sia libero di vivere i propri momenti di felicità 

Il calcio, per molti uomini dell’età del padre di Marta, ha rappresentato lo sfogo di una settimana di frustrazioni e sacrifici. La storia di quest’uomo è la storia di mio padre, di mio nonno, del mio compagno e della maggior parte degli uomini europei appassionati di pallone che in quei 90 minuti amano, pregano, tifano e gioiscono e godono di quel loro momento di libertà spesso strappato ai problemi di tutti i giorni: il lavoro, le spese, il mutuo. E, in alcuni casi, la famiglia.

Per questo, stasera, spero che il padre di Marta sia a Budapest e che possa godersi il suo momento, come spero che Marta possa godersi il suo: entrambi felici per sé stessi ma anche l’uno per l’altra. Quando ognuno sarà libero di vivere i propri momenti di felicità senza imporsi agli altri, forse tornerà la voglia di costruire famiglie fatte di legami autentici e non di catene oppressive.

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Caro papà di Marta, spero tu sia a Budapest

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