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Mercoledì, 24 Aprile 2024

Antonio Piccirilli

Giornalista

Ci mancava solo il "liceo del Made in Italy"

Magari l'idea di istituire un "liceo del Made in Italy" annunciata da Giorgia Meloni si rivelerà una trovata geniale che ci permetterà, in un colpo solo, di colmare le lacune del sistema scolastico e valorizzare le eccellenze italiane. Magari sarà così. Ma più probabilmente no. Perché in effetti dietro l'annuncio della presidente del consiglio c'è tanta propaganda sovranista, a cominciare dal nome scelto per il nuovo liceo (curiosamente in inglese), ma poca sostanza. E soprattutto una volontà ben precisa di continuare a battere il chiodo sul nazionalismo non si capisce bene se per calcolo elettorale o per una convinzione incrollabile circa le magnifiche sorti e progressive dei patrioti che abitano il suolo italico.

Che cos'è dunque questa scuola "del Made in Italy"? I cardini su cui poggerà il nuovo liceo sono delineati in un disegno di legge delega presentato a gennaio dalla senatrice di Fratelli d'Italia Carmela Bucalo. L'obiettivo, citiamo dal testo, è aggiungere alla "struttura liceale, con lo studio delle materie umanistiche dalla filosofia alla storia dell'arte, delle scienze matematiche, fisiche, giuridiche ed economiche", un'attenzione particolare "all'economia internazionale, e ai nuovi modelli di business".

Sarà dunque "un liceo dinamico ed innovativo, collegato al mondo imprenditoriale, ma con una solida preparazione culturale umanistica ed identitaria, con adeguati strumenti culturali per valorizzare le migliori risorse italiane, la capacità creativa ed imprenditoriale che hanno reso e rendono grande la nostra Nazione nel mondo".

Gli studenti del "liceo del made in Italy" avranno una formazione piuttosto eterogenea: lingue e letterature straniere, diritto, matematica, informatica, storia dell'arte, storia, filosofia, ma anche "modelli di business" ed "economia e gestione delle imprese del Made in Italy". Il tutto nell'ottica di "assicurare allo studente un percorso di acquisizione di conoscenze e di competenze molteplici per proseguire, in modo proficuo, la propria formazione in ambito universitario e per inserirsi efficacemente nel mondo del lavoro". 

Confessiamo di non aver capito se il "liceo del Made in Italy" sarà un liceo propriamente detto o invece, ipotesi più plausibile, assomiglierà più a un istituto tecnico. Ma poco importa. Il punto è che non sarà un liceo sovranista a risolvere i problemi del sistema scolastico in Italia. Che sono tanti e piuttosto manifesti. A cominciare dal tasso di dispersione scolastica che ci vede tra i Paesi peggiori dell'Unione europea dopo Spagna e Romania. Tant'è che secondo un rapporto pubblicato a settembre da Save the Children il 12,7% dei giovani abbandona il proprio percorso formativo prima di aver conseguito la maturità e un diplomato su dieci non ha le competenze minime per entrare nel mondo del lavoro o dell'università.

Il nostro Paese d'altra parte ha dei livelli altissimi di analfabetismo funzionale. I dati Piaac-Ocse del 2019 ci dicono che il 28% della popolazione tra i 16 e i 65 anni non ha sufficienti abilità di lettura, scrittura e calcolo per comprendere le informazioni che si incontrano nella vita di tutti i giorni (anche in questo caso siamo tra i Paesi peggiori in Europa). Né si può tacere che l'Italia, secondo tutte le statistiche, investe nell'istruzione meno risorse rispetto alla media Ue.

Problemi incancreniti da decenni di mancate riforme o di riforme sbagliate. In questo il governo Meloni non ha colpe, ma avrebbe il dovere di proporre delle soluzioni più ambiziose del "liceo del Made in Italy" o della "didattica personalizzata per ogni studente", l'idea lanciata dal ministro dell'Istruzione Valditara "per tirare fuori i talenti" dei nostri giovani.

Insomma, siamo alle solite: anziché concepire riforme organiche ci si concentra su battaglie velleitarie ma dal grande richiamo identitario: lo stop alla carne sintetica, il divieto ai rave party, la crociata contro i forestierismi (con multe fino a 100mila euro per chi usa parole straniere) e poi la lotta al Pos o le stoccate contro la farina di grillo. Fino a proposte decisamente sui generis come, appunto, il "liceo del Made in Italy" che fa il paio con il "ministero del made in Italy", il nome patriottico con cui il governo Meloni, appena insediato, ha ribattezzato il dicastero dello Sviluppo economico, facendo peraltro un altro sgarbo all'idioma italico.

Qualcuno ha parlato di "armi di distrazioni" di massa per sviare l'attenzione degli italiani dai veri problemi. Ma non è detto che sia così. L'altra ipotesi, forse più plausibile, è che Fratelli d'Italia stia semplicemente portando avanti quelle idee nazionaliste e conservatrici che professa da tempo. In entrambi i casi Meloni deve stare attenta. Perché gli italiani, difesa della gastronomia a parte, non hanno mai avuto il patriottismo nel loro Dna. E dosi così massicce di sovranismo prima o poi possono risultare indigeste. 

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