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Sabato, 20 Aprile 2024

Andrea Maggiolo

Giornalista

Perché i mondiali di calcio in Qatar sono inaccettabili

Ci sono vari motivi per cui i mondiali in Qatar, la ventiduesima edizione della massima competizione planetaria, seconda solo alle Olimpiadi per seguito e prestigio, sono a dir poco controversi. In campo si sfideranno i migliori calciatori del pianeta. C'è Messi alla caccia dell'unico trofeo che gli manca per togliere i pochi dubbi sul fatto che sia il più forte di sempre, c'è Cristiano Ronaldo al quinto e ultimo mondiale, c'è Mbappè alla caccia del bis quattro anni dopo, e tanti altri. Ma se si solleva per un attimo lo sguardo da ciò che accadrà sul terreno di gioco dal 20 novembre al 18 dicembre, le criticità si palesano plasticamente in tutta la loro evidenza, come grattacieli che spuntano dal deserto. Un milione e mezzo di tifosi da tutto il mondo dovrebbero visitare il Qatar per assistere alle partite. La speranza è che lo facciano sapendo dove si trovano. La prima Coppa del Mondo che si terrà in un paese musulmano sarà senz'altro un grande spettacolo, ed è chiaramente un qualcosa di eccitante per il mondo arabo e non solo. Un modo per mostrare urbi et orbi infrastrutture e tecnologie all'avanguardia in uno Stato che fino a pochi anni fa (ma forse anche tutt'oggi) in molti non avrebbero saputo indicare su una mappa geografica. Ecco alcune cose che è doveroso sapere per non guardare solo al lato prettamente sportivo dell'evento.

1) Da quando i mondiali sono stati assegnati al Qatar, sono morti migliaia di lavoratori per costruire stadi e infrastrutture. Secondo l'ultima inchiesta del Guardian sarebbero almeno 6.500 gli uomini, spesso giovanissimi, provenienti da India, Pakistan, Nepal, Bangladesh e Sri Lanka deceduti sul lavoro per permettere il calcio d'inizio dei Mondiali. Il numero reale delle vittime potrebbe essere ben più alto, e in ogni caso non tiene conto degli infortuni, delle malattie, delle pessime condizioni igienico-sanitarie in cui versano questi lavoratori. Per costruire nuovi stadi, hotel, strade e la città in cui si svolgerà la partita finale, sono stati coinvolti almeno 30mila operai stranieri. Vero è che l'emirato ha compiuto "progressi significativi" sul fronte dei diritti dei lavoratori, e portato avanti riforme del lavoro che "continuano a stabilire nuovi parametri di riferimento in tutta la regione". Ma i gruppi che si battono per il rispetto dei diritti umani temono che, a parte i progetti enormi e ipervisibili come gli stadi, che sono supervisionati direttamente dal comitato supremo, ci siano problemi e abusi passati sottotraccia per la rete di altri progetti di costruzione supervisionati da appaltatori e subappaltatori. Il Qatar è un paese noto per l'enorme discriminazione tra stranieri e cittadini locali. "15.000 morti per 5760 minuti di calcio. Vergognatevi." Il messaggio, fortissimo, è stato esposto in uno striscione dai tifosi del Bayern Monaco allo stadio, domenica scorsa.

2) Come sarebbe mai potuta essere una buona idea giocare un mondiale, con 32 squadre partecipanti, in uno staterello desertico di due milioni di abitanti? Nel 2010 il Qatar ha conquistato il diritto di ospitare la Coppa del Mondo dopo aver vinto il ballottaggio dei 22 membri esecutivi della Fifa, battendo le offerte di Stati Uniti, Corea del Sud, Giappone e Australia. Il Qatar è stato accusato di aver pagato ai funzionari della Fifa svariati milioni di dollari in tangenti per assicurarsi il loro sostegno, ma è stato scagionato dopo un'indagine di due anni. All'epoca, l'allora presidente della Fifa, Sepp Blatter, sostenne l'offerta, ora dice che è stato un "errore" assegnare la coppa al Qatar. Più della metà delle persone coinvolte nelle votazioni per i Mondiali 2018 e 2022, compreso Blatter, sono state accusate di illeciti, anche se non necessariamente penalmente. Ombre di corruzione (dilagante, pervasiva, inestirpabile, e questo è un dato di fatto, nella Fifa di Blatter) su quell'assegnazione resteranno per sempre. Il Qatar come Stato, non semplicemente la federazione calcistica locale, ha voluto fortemente i mondiali per presentarsi definitvamente al mondo in grande stile per un mese intero. E non ha badato a spese. Così come non ha badato a spese dal 2012 a oggi Nasser Al-Khelaïfi, qatariota (ha ruoli più o meno chiari di governo nell'emirato) per far diventare il Paris Saint Germain una delle potenze calcistiche europee. E Qatar Airways ha riversato milioni di euro nel football europeo con le sponsorizzazioni di Barcellona, Bayern Monaco e tante altre realtà. Incredibilmente ricco e incredibilmente piccolo, il Qatar vuole essere visibile sulla mappa del mondo che conta. Non si tratta di sportwashing (la strategia usata da governi che sfruttano lo sport per far distogliere lo sguardo dalla pessima situazione dei diritti umani nel proprio paese). Questo è il potere dello sport e dei soldi in sé e per sé, duro e puro, un mix inarrestabile. Doha, qualche decennio fa un semplice villaggio di pescatori in un paese poverissimo, detiene oggi le terze riserve al mondo di gas naturale dopo Russia e Iran, pari a quasi il 15% di tutte le riserve mondiali. Il Qatar ha dichiarato l'indipendenza dalla Gran Bretagna solo 50 anni fa, è uno stato giovanissimo e con liquidità a non finire: la userà tutta quanta, fino all'ultima goccia, per aumentare il suo peso geopolitico nella regione del Golfo.

3) I mondiali sono stati riprogrammati dall'estate al tardo autunno per ragioni climatiche. Giocare nella calura dell'estate qatariota? In principio doveva essere così, a nessuno parve assurdo (o forse più semplicemente c'erano tali interessi economici in ballo che si preferì far finta di nulla fino a quando è stato possibile). Poi cinque anni dopo l'assegnazione, buonsenso suggerì di giocarli nella stagione più fresca. La temperatura in Qatar dovrebbe essere di circa 25°C nelle prossime settimane. Se la competizione si fosse svolta a giugno e luglio, come di consueto, le partite si sarebbero svolte con temperature superiori a 40°C, e forse anche a 50°C. Il Qatar inizialmente aveva proposto di ospitare le finali durante l'estate in stadi chiusi con aria condizionata, ma il piano è stato respinto. Si lavora alacremente per costruire un sistema di drenaggio migliore a Doha e dintorni. Nel recente passato, in inverno si sono verificate forti piogge che hanno causato inondazioni improvvise. Nell'ottobre 2018, centinaia di auto sono state quasi sommerse quando in un giorno è caduta la pioggia di un intero anno. Come con le tempeste di sabbia estive del Qatar, i residenti sono incoraggiati a rimanere in casa quando si verificano questi eventi meteo. Non sarebbe un grosso problema normalmente, ma si vuole evitare una crisi imbarazzante nelle prossime settimane. Altro tema: per permettere lo svolgimento della competizione in un momento irrituale della stagione, i campionati nazionali e le coppe europee hanno dovuto far fronte a un calendario serratissimo nel 2022-23: tradotto, più infortuni tra i calciatori, nessun vero ritiro pre-mondiale per le rappresentative di ogni Paese, pochissimo hype nel pubblico generalista. 

4) L'omosessualità è illegale in Qatar. La discussione se il secondo torneo sportivo più grande del mondo possa svolgersi in un paese del genere potrebbe tranquillamente finire qui. Solo qualche giorno fa un ambasciatore dei mondiali, Khalid Salman, ha definito l'omosessualità un "danno psichico", nel corso di un'intervista rilasciata alla emittente televisiva tedesca Zdf (e bruscamente interrotta). I rapporti omosessuali sono illegali perché considerati immorali dalla legge islamica della Sharia. Le pene includono multe, pene detentive fino a sette anni e persino la morte per lapidazione. Gli organizzatori della Coppa del Mondo del Qatar affermano che "tutti sono i benvenuti" e affermano che nessuno sarà discriminato. Ma l'amministratore delegato di Qatar 2022 Nasser al Khater insiste sul fatto che il governo non cambierà le sue leggi sull'omosessualità e ha chiesto ai visitatori di "rispettare la nostra cultura". Un recente rapporto di Human Rights Watch (contestato dal governo) afferma che le forze di sicurezza del Qatar continuano ad arrestare cittadini gay, lesbiche e transgender, costringendoli, a volte, a sottoporsi a una terapia di conversione. Medioevo.

5)  Il costo medio per una stanza d'hotel in Qatar è molto alto, roba da ricchi veri, e, per questo, si è deciso di allestire piccoli complessi di mini appartamenti a un prezzo modesto per i tifosi. Si tratta, in realtà, di container di metallo, il cui costo (comunque altissimo) per una notte oscilla tra i 200 e i 270 dollari. Queste stanze vanno a formare una sorta di mini villaggio in periferia di Doha, che, nelle intenzioni, dovrebbe accogliere i 60 mila tifosi in arrivo quotidianamente nell'emirato. Tra le note negative anche la posizione di questo mini villaggio: è in mezzo al deserto. Fascino dell'esperienza: probabilmente vicino allo zero. Costo: altissimo. Seguire un mondiale di questo tipo (tra voli aerei, biglietti per i match e sistemazioni) è per pochi. Scordiamoci il tifo working class. I tifosi con lavori e stipendi normali in Qatar non ce la faranno ad andare. Altro che "il calcio è di tutti" e simili slogan che la Fifa ci propina ancora oggi regolarmente.

6) Serve tanta acqua per organizzare un evento globale nel cuore del deserto. Circa 10 mila litri di acqua per 90 minuti di partita. Lo spreco ambientale è un aspetto sinora sottovalutato e poco raccontato. Il consumo a Doha è sempre a livelli altissimi e andrà peggio con l'avvio del mondiale, tra stadi da irrigare di continuo, tifosi e turisti che dovranno dissetarsi. La desalinizzazione (o dissalazione) dell'acqua marina potrebbe crescere del 37% in tutta la regione del Golfo Persico nelle prossime settimane, con un costo pesante in termini di combustibili fossili usati (soprattutto petrolio e gas) per determinare il processo, oltre al danno all'ambiente marino. Nel Paese non c’è accesso all’acqua potabile e, per i terreni di gioco degli stadi, vere e proprie cattedrali nel deserto, c'è bisogno di uno sforzo idrico insensato. Dovranno essere irrigati 144 campi tra stadi e centri d'allenamento per le nazionali. L'affermazione degli organizzatori secondo cui sarà la prima coppa del mondo carbon neutral, "semplicemente non è credibile" spiega Gilles Dufrasne di Carbon Market Watch, autore di un rapporto. "Nonostante la mancanza di trasparenza, l'evidenza suggerisce che le emissioni saranno notevolmente superiori a quanto previsto dagli organizzatori, ed è improbabile che i crediti di carbonio acquistati per compensare queste emissioni abbiano un impatto sufficientemente positivo sul clima".

7) Ultimo punto più "leggero". L'Italia non si è qualificata, per la seconda volta consecutiva. E un mondiale senza Azzurri ha poco fascino se non si è davvero tifosi, inutile girarci intorno. Un disastro per il movimento calcistico tutto, perché da bambini e poi da ragazzi siamo cresciuti e ci siamo avvicinati al gioco più popolare del pianeta innamorandoci delle nazionali che hanno giocato, e non per forza vinto, questa competizione. L'Italia di Azeglio Vicini e Totò Schillaci in quelle notti che alla fine "magiche" non furono nell'estate 1990, Arrigo Sacchi con gli occhiali scuri sotto il solleone di Pasadena che consola Baggio e Baresi dopo i rigori sbagliati contro il Brasile nel 1994, la staffetta Baggio-Del Piero in Francia nel 1998, Byron Moreno e il suo sguardo assurdamente stolido in Corea nel 2002. E poi soprattutto Berlino 2006, la nazionale di Lippi, da allora per tutti e per sempre "Grazie Marcello" (così si rivolgono ancora a lui in tanti per strada) e l'eroe qualunque Fabio Grosso. Poi il crollo verticale: lo sfacelo in Sudafrica 2010 e Brasile 2014 (eliminati ai gironi), l'assenza a Russia 2018 e Qatar 2022. Senza Italia, i mondiali sono "solo" un torneo per veri appassionati di calcio. Senza Italia, non c'è tutto il contorno nazional-popolare che rende questo evento un fenomeno sociale, condiviso nel paese per quelle poche settimane: maxischermi, piazze piene, bandiere ovunque, città deserte nei pomeriggi in cui giocano gli azzurri e tutti si ritrovano davanti alla televisione. Un'altra Italia, ricordi del passato, ormai nemmeno così vicino. Sì, è vero, nel mentre abbiamo vinto un europeo e siamo andati vicini al titolo continentale un altro paio di volte. Ma il mondiale è un'altra cosa. E noi non ci saremo.

Per tutti questi motivi, i mondiali in Qatar non mi piacciono neanche un po', a mente fredda, almeno sulla carta. Ma sono, come tutti i "drogati", prontissimo a godermi lo spettacolo. Probabilmente in ogni momento libero, durante quelle quattro settimane. Questa passione immutabile e diffusa per il calcio, che oltrepassa (tutti) i confini geografici, che resiste tra alti e bassi nelle varie epoche della propria vita, tra convinzioni e contraddizioni, è, in fondo, esattamente ciò che ha permesso alla Fifa di fare il bello e il cattivo tempo, dall'era di Joao Havelange in poi, nell'organizzare la competizione. Allargandola a dismisura (da 16 a 32 squadre) e rendendola un affare con miliardi in ballo e accordi di sponsorizzazione con i più grossi brand del pianeta, fregandosene di tutto il resto. Possono contare sul fatto che il pubblico, davanti alla tv o sugli spalti, ci sarà sempre, quando si fischia l'inizio di un torneo capace di consegnare alla storia, personale e collettiva, ricordi indelebili. C'è chi propone legittimamente, e con ragioni più che comprensibili, il boicottaggio totale. Qui su Today.it lo seguiremo il mondiale, da lontano. Io, nel mio piccolo, cercherò di non dimenticare mai, nemmeno per un minuto di partita, il contesto.

A proposito dell'intreccio senza tempo tra calcio e diritti umani. Anni fa analizzai come la stampa italiana raccontò i mondiali di calcio del 1978 in Argentina, giocati in piena dittatura, con una generazione di giovani fatta scomparire nelle carceri clandestine o nel Rio de la Plata, a volte a poche centinaia di metri dagli stadi in cui la nazionale di Menotti e Kempes trionfava sotto gli occhi di Videla e del mondo intero. Desaparecidos, trentamila, forse di più. Impossibile, inutile, sbagliato fare paragoni con il Qatar: situazioni troppo diverse e incomparabili. Ma una cosa ci tengo a ricordarla. Spulciando i quotidiani dell'epoca, le sorprese non mancarono davvero: era Tuttosport, già, solo un semplice foglio sportivo torinese, il giornale che si distingueva per andare al di là del racconto del fatto calcistico, mettendo in luce, grazie al lavoro del direttore Ormezzano e di una manciata di giornalisti attenti, competenti e coraggiosi, le ombre che aleggiavano sulle infinite periferie di Buenos Aires. Andarono e raccontarono tutto quel che riuscirono, non solo le partite. Oggi gli occhi del mondo sono puntati sul Qatar: non è per forza un male. È, come sempre, questione di consapevolezza.

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