E allora il blocco navale?
Il governo Meloni ha iniziato il 2023 con un decreto dall'indirizzo inequivocabile. Il primo atto normativo dell'anno vuole rendere la vita impossibile alle navi delle Ong con il rinomato "Codice di condotta". I motivi: ordine e sicurezza pubblica. In pratica il governo ci sta proteggendo da profughi, donne e bambini in fuga creando una serie di impedimenti alle azioni di salvataggio delle navi Ong, definite da Giorgia Meloni "traghetti". Le azioni del governo Meloni non sono soltanto discutibili dal punto di vista umano e giuridico, ma anche inefficaci: i dati sul tema sono aperti a tutti e di facile interpretazione. L'unico risultato del decreto sulle Ong è mera propaganda sulla vita degli altri. A questo punto ci si chiede come vorrà passare alla storia Giorgia Meloni, che giustamente ha spesso sottolineato la componente storica della sua elezione, la prima di una donna come Presidente del Consiglio. Le contraddizioni sono enormi.
Italia contro il resto del mondo
Il decreto sul Codice di condotta vuole rendere insostenibile l'attività delle Ong. Di fatto cerca di ostacolare il salvataggio in mare di naufraghi, secondo l'associazione per gli studi giuridici sull'immigrazione con modalità "inapplicabili" e in aperta violazione di una serie di norme europee e internazionali, oltre che del codice di navigazione e della costituzione.
Il governo ha preso il decreto Lamorgese del 2020 e lo ha inasprito, aumentando i controlli sui salvataggi in mare delle navi Ong: sono banditi i trasferimenti di migranti da una nave a un'altra e non si potranno compiere soccorsi multipli. Questo perché accadeva spesso che navi più piccole andassero in soccorso di naufraghi per poi trasferirli su una nave più grande e continuare le operazioni di salvataggio in altre zone.
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Adesso una nave ha l'obbligo di chiedere il porto di sbarco all'Italia "nell'immediatezza dell'evento" - cioè subito dopo aver effettuato il primo salvataggio -, che deve "essere raggiunto senza ritardo per il completamento dell'intervento di soccorso".
Le norme internazionali e nazionali impongono i salvataggi in mare, ma il decreto sulle Ong impedisce di rispettarle. L'obbligo di chiedere "nell'immediatezza dell'evento" il porto di sbarco e di dirigersi lì "senza ritardo" anche in presenza di altri naufragi impedisce di rispettare un'ampia sfera di norme che va dal Codice di navigazione italiano alla Costituzione - articoli 10 e 117 -, fino alla convenzione Onu sul diritto del mare e della convenzione Solas.
In più, i porti assegnati dal governo si trovano a diversi giorni di navigazione di distanza dal luogo di salvataggio, come accaduto alla nave Geo Barents che dal Mediterraneo ha dovuto navigare per tre giorni e mezzo risalendo l'Adriatico e approdando al porto di Ancona. In quel caso il porto più vicino sarebbe stato Catania, a due giorni in meno di navigazione.
Ai viaggi lunghi si aggiungono i trasferimenti: dopo essere stati salvati nel Mediterraneo dalla nave Ong Geo Barents sbarcata a La Spezia, in Liguria, alcuni dei 74 minori non accompagnati che si trovavano a bordo sono stati trasportati in pullman fino a Foggia, in Puglia. Altri sono stati portati ad Alessandria e Livorno. Il viaggio di questi minori è stato ulteriormente allungato dalle decisioni del governo: dopo 100 ore in mare e 1.235 km per andare dal punto di recupero fino a La Spezia, si sono aggiunti 760 km in autobus in direzione Puglia.
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Oltre ai controlli introdotti e ad altre complicanze addossate ai comandanti che a norma non sarebbero di loro competenza, è chiaro che qualunque vita ha diritto di essere salvata, a prescindere dal suo status giuridico. In pratica il governo Meloni sta sfidando tutte le fonti del diritto, l'etica, ma anche la propria credibilità: infatti il Codice di condotta non solo è dannoso, ma è persino inutile a raggiungere gli scopi per cui è stato pensato.
Perché proprio le Ong
Smantellare le Ong fa parte del filone narrativo contro l'immigrazione degli ultimi anni che ha permesso ad alcuni partiti politici di costruire e foraggiare ampie basi di consenso politico. Con il decreto anti Ong il governo Meloni vuole dichiaratamente contrastare l'immigrazione "illegale", ma al contempo mettere in atto il disegno più ampio di annullare le Ong. Oltre le limitazioni e complicazioni imposte dal decreto, ci sono i risvolti economici per i diretti interessati.
Come visto, le navi Ong ora sono costrette a viaggi decisamente più lunghi rispetto al recente passato e quindi meno sostenibili. I costi stellari del carburante necessario per coprire tratte così lunghe hanno infatti già costretto molte navi a fermarsi: le Ong stanno puntando su campagne straordinarie di donazioni, ma al momento non sono sufficienti a ripartire. Sono gli effetti della Dottrina Piantedosi, definiti dal Consiglio d'Europa "intimidatori".
Come detto, il decreto prende di mira le Ong e riesce molto bene nel suo intento di ostacolarne l'attività, ma fallisce nel suo scopo primario di "fermare le partenze illegali". Nonostante il Codice di condotta, in Italia non sbarcavano così tanti migranti a gennaio da sette anni, dal 2016. Il ruolo delle Ong - oltre quello di salvare vite in pericolo -, è rimasto lo stesso: limitato, ora più del solito a causa del decreto.
Mai così tanti sbarchi dal 2016 ma non dite che è colpa delle Ong: i dati
Da quando vengono raccolti i dati sul numero degli sbarchi mensili - il 2013 -, il mese di gennaio 2023 è il secondo per il numero più alto di migranti sbarcati (4.959), dietro gennaio 2016 (5.273). Anche se a gennaio gli sbarchi sono aumentati, dunque il peso delle Ong sugli arrivi totali rimane limitato. Secondo i dati raccolti dall'Istituto per gli studi di politica internazionale (Ispi), a gennaio 2023 sono sbarcati 527 migranti salvati nel Mar Mediterraneo da navi di Ong, su un totale di 4.959: poco più del 10 per cento sul totale.
L'incidenza delle Ong rimane in linea con quella degli ultimi anni. Il restante 90 per cento dei migranti è arrivato in Italia con sbarchi autonomi o con l'aiuto della Guardia costiera.
Meloni nella storia, ma da quale parte?
"Abbiamo scritto la storia. Ora scriviamo il futuro dell'Italia". Erano le parole di Giorgia Meloni Dopo la cerimonia della campanella che davano inizio al suo governo. L'elezione della prima donna come Presidente del Consiglio è un fatto storico, che verrà tramandato e ricordato. Le azioni però contano. Come primo atto politico del nuovo anno il governo Meloni si è scagliato contro chi salva vite in mare. Risultati: sbarchi aumentati - il vero motivo è il meteo -, ostacoli ai salvataggi e morti. Da gennaio 2022 sono 1440 tra morti e dispersi. Di questi, la maggior parte è morta a causa di annegamento.
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Cosa accadrà quando con il bel tempo aumenteranno ancora gli sbarchi autonomi, quelli che incidono per il 90 per cento degli arrivi totali? Cosa farà il governo? Non il blocco navale tanto citato, certo. Per anni è stato un cavallo di battaglia di Fratelli d'Italia, citato spesso da Giorgia Meloni anche nell'ultima campagna elettorale come "unico modo per fermare l'immigrazione clandestina". Anche in questo caso l'idea non avrebbe raggiunto gli scopi che si prefissava e avrebbe cozzato con diverse norme internazionali.
Come funziona il blocco navale proposto da Meloni
Non resta alternativa che pensare al decreto sulle Ong come strumento di dannosa propaganda. Come passerebbe alla storia chi mette a rischio delle vite per tornaconto politico? Se si vuole, si può tornare indietro. Dopo aver fatto la storia con la sua elezione, Giorgia Meloni deve chiedersi per cosa passerà realmente alla storia, chi si chiede di essere per chi verrà dopo: il futuro si costruisce anche così, facendosi le domande giuste.