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Giovedì, 25 Aprile 2024

Perché il Pd deve inseguire gli ambientalisti estremisti?

Le opposizioni in questo primo scorcio di legislatura sono il miglior alleato del governo di Giorgia Meloni. Partito Democratico, Movimento 5 Stelle e Terzo Polo non riescono a mettere in evidenza le difficoltà e i limiti di un esecutivo litigioso e che è maledettamente in difficoltà nella gestione del Pnrr, fondamentale per il rilancio dell’Italia nei prossimi anni.

L’impatto di Elly Schlein

In realtà in questi primi tre mesi da segretario del Partito Democratico Elly Schlein ha senza dubbio cambiato la percezione dei democratici tra gli elettori. Infatti, da quando la neo segretaria ha vinto le primarie, il Pd è cresciuto molto nei sondaggi, tanto da essere ormai stabilmente il secondo partito d’Italia con oltre il 20% dei consensi. Non solo, l’arrivo della ex deputata europea alla guida dei democratici ha anche determinato la marginalizzazione del M5S di Giuseppe Conte, che – subito dopo le elezioni di settembre – sembrava destinato a erodere i consensi del Pd e proporsi come primo avversario di Giorgia Meloni.

Eppure, alla fine di tre mesi che per Schlein sono stati quasi trionfali, si iniziano a intravedere – nemmeno troppo all’orizzonte – i primi problemi, le prime salite da affrontare e soprattutto alcuni limiti di questo “nuovo” Pd. La sfida centrale per la neo segretaria è quella di coniugare la dirompente novità di cui si fa portatrice e la nettezza della linea politica con il pluralismo all’interno del Partito Democratico. L’abbandono del Pd da parte di alcuni esponenti considerati “moderati” o “riformisti” ha rappresentato però un campanello di allarme per Schlein; sia l’addio di Enrico Borghi sia quello di Carlo Cottarelli, pur non sfociando in evidenti polemiche pubbliche, hanno destato più di un malumore all’interno del partito.

I mal di pancia dei riformisti

Una parte del partito democratico rimprovera, per ora ancora sottovoce, alla neo-segretaria di non aver coinvolto chi ha sostenuto Bonaccini alle primarie nella gestione del partito. La composizione della segreteria, piena di fedelissimi della Schlein e la “destituzione” di entrambe le capogruppo designate da Enrico Letta, sostituite con due fedelissimi hanno creato più di un malumore nelle altre correnti del partito. In molti temono che la segretaria spinga il partito su posizioni radicali, determinando una fuga dei dirigenti politici locali verso altri partiti e di una parte degli elettori. Inoltre, su alcuni temi – dal “famigerato” termovalorizzatore di Roma alla “gestazione per gli altri” – il profilo del Pd targato Schlein fa fatica a emergere.

Il fascino dell’estremismo

Quello che più preoccupa guardando al Partito Democratico che Elly Schlein – a piccoli passi – sta iniziando a costruire è il fascino che un certo atteggiamento “estremista” sembra esercitare su di lei e sui suoi fedelissimi. Il “nuovo Pd”, infatti, guarda con evidente simpatia sia alle proteste degli attivisti di “Ultima Generazione – che spesso però si sono attirati gli strali di alcuni sindaci importanti del Pd (come Gualtieri e Nardella) – sia ad azioni discutibili come la contestazione al Salone del libro di Torino nei confronti del ministro Eugenia Roccella, alla quale è stato sostanzialmente impedito di presentare il proprio libro. Azione di disturbo in qualche modo approvata dalla stessa Schlein, che ha accusato il governo di “essere autoritario” e di avere un problema “con il dissenso”. Tutto ciò, però, rischia di essere in contraddizione con il profilo di un partito che negli ultimi dieci anni è stato soprattutto un partito di governo, “responsabile” per definizione, e votato dalle fasce di popolazioni più “garantite”. Non certo da rivoluzionari e “movimentisti”.

Uno studio Ipsos – successivo alle elezioni politiche del settembre 2022 – ha messo nero su bianco come il Pd faccia il pieno tra i pensionati, tra gli elettori più ricchi, più istruiti e che vivono nelle grandi città. Non proprio il profilo di un elettore che possa sintonizzarsi con chi va bloccare il raccordo anulare con gli striscioni o che passa la domenica a riempire con il carbone vegetale nero l’acqua della fontana di Trevi. Temi come quelli della crisi climatica e dei diritti civili sono certamente importanti e decisivi in un’agenda di un partito di centrosinistra, ma devono essere perseguiti in maniera del tutto diversa da come fanno in questo momento alcuni movimenti. C’è da chiedersi, ed è questa la domanda che si pone una parte del partito, se chi ha votato i democratici fino a oggi continuerà a farlo qualora il Pd cadesse nella tentazione di inseguire posizioni più radicali.

L’opposizione più adatta con il governo Meloni

Inoltre, l’impressione che inseguendo un’opposizione soprattutto ideologica il partito democratico non faccia altro che fare un regalo a un governo che oggettivamente fatica a governare il paese. L’impressione è che se il Pd, abbandonasse il continuo richiamo al “pericolo fascista” invocato inutilmente per tutta la campagna elettorale, e mettesse alla corde il governo su temi più concreti – come la difficoltosa gestione da parte dell’esecutivo del Pnrr – ne guadagnerebbe in consenso e credibilità. Infatti le difficoltà del ministro degli Affari europei Fitto – che sembra del tutto incapace di gestire i fondi europei guadagnati in Europa del governo giallorosso – offrono alle opposizioni e al Pd in particolare l’opportunità di mettere a nudo tutte i limiti di un esecutivo che da una contrapposizione ideologica ha solo da guadagnare. Perché qualsiasi cosa in grado di trasformare il confronto politico in una battaglia tra tifoserie non può che favorire un governo che ha bisogno di distrarre un’opinione pubblica che inizia a percepire l’incapacità dell’esecutivo di sfruttare l’occasione irripetibile di una cascata di euro in arrivo da Bruxelles. Un’occasione che – se sprecata – gli italiani non perdonerebbero mai al governo in carica.

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