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Giovedì, 25 Aprile 2024

L'analisi

Mario Seminerio

Se Meloni esulta per il price cap, un bersaglio dipinto sulla schiena

E alla fine, i ministri dell’Energia della Ue raggiunsero l’accordo sul “tetto” al prezzo del gas. Dopo una decina di mesi passati a discutere, teorizzare, preoccuparsi, è finalmente nato l’agognato “meccanismo di correzione del mercato”, come è stato ambiziosamente e forse velleitariamente battezzato dall’euro-fantasia di Bruxelles e dintorni e che era divenuto una sorta di improbabile placebo per le ansie di governi e opinione pubblica. L’impressione è che, nella migliore delle ipotesi, servirà a nulla. Ma potrebbe anche causare problemi e danni, anche se è stato strutturato con numerosi “interruttori” di sicurezza. Si applicherà a tutti gli hub di gas della Ue, con possibilità di esenzioni successive. Riguarderà i prezzi futures dei contratti a uno, due, tre e dodici mesi ma non gli scambi spot né il cosiddetto over the counter, cioè il fuori mercato.

Scatterà quando il prezzo del contratto a un mese supererà i 180 euro per MWh per tre giorni lavorativi consecutivi e tale prezzo risulterà superiore per oltre 35 euro, nello stesso periodo, a quello di riferimento del gas naturale liquefatto (LNG). Il meccanismo entrerà in vigore dal 15 febbraio e varrà per un anno, ma potrà essere prorogato dopo valutazione. Dopo l’attivazione, il tetto si applicherà per almeno 20 giorni e diverrà dinamico, con limite a 35 euro sopra il prezzo di riferimento del LNG. Se il prezzo di quest’ultimo scendesse sotto i 145 euro, il limite resterà a 180 euro per MWh. Il tetto sarà automaticamente sospeso in caso di rischi per la sicurezza di fornitura, stabilità finanziaria, flussi intracomunitari o significativo aumento della domanda di gas. Un aumento di prezzo del 15% in un mese o 10% in due mesi causerà la sospensione del meccanismo, che avverrà anche in caso di “significativo” calo delle importazioni di LNG o della liquidità del mercato TTF. ESMA e ACER, le associazioni europee dei mercati finanziari e dei regolatori energetici europei, pubblicheranno una valutazione d’impatto preliminare entro il 23 gennaio 2023, sugli effetti del meccanismo sui mercati e sulla sicurezza di fornitura. Il meccanismo è stato approvato a maggioranza qualificata, che richiede il voto favorevole di almeno 15 su 27 paesi Ue, rappresentativi del 65% della popolazione dell’Unione, con l’Ungheria contraria e l’astensione di Austria e Olanda.

Che dire, quindi? Il meccanismo parte dal 15 febbraio per i necessari tempi tecnici legati ai vari adempimenti preparatori. Al momento, i prezzi negoziati sul TTF appaiono lontani dalla soglia di attivazione ma, come ben sappiamo o dovremmo sapere, ogni limite di prezzo rappresenta un bersaglio dipinto in fronte o sulla schiena di chi lo adotta. Come sempre in questi casi, il mercato adotterà reazioni non lineari avvicinandosi alla soglia di prezzo. Intercontinental Exchange, la borsa a termine statunitense che possiede il TTF olandese, ha avvertito dei rischi per la liquidità degli scambi. Ma in che modo? Ipotizziamo di giungere al prezzo soglia, e che il blocco effettivamente scatti. Il rischio, per chi deve comunque comprare per evitare di bloccare il proprio paese, è quello di spostarsi su mercati non regolamentati (OTC), e pagare “quanto serve”. Non solo: sul fuori mercato ci sono maggiori rischi finanziari, perché non esiste una cassa di compensazione centralizzata ad attutire il colpo di eventuali dissesti di una controparte. Il rischio, approssimandosi al prezzo-soglia, è che gli scambi fuori mercato aumentino e il meccanismo di “scoperta del prezzo” sul mercato a termine TTF perda significatività. Anche la creazione di un indice sintetico espressivo dei prezzi negoziati per consegne del LNG è un passaggio delicato, stante la natura molto frammentata, non pubblica e bilaterale degli scambi. Diciamo che “la prova del budino” risiederà nella eventuale rarefazione dei carichi LNG verso l’Europa. Di quello ci si accorgerà molto rapidamente.

Il celebrato price cap non abbassa le bollette

Si tratta di un meccanismo inutile nella migliore delle ipotesi e dannoso nella peggiore? c’è questo rischio. Sono molto lontani i tempi in cui teorizzavamo il potere di monopsonio della Ue negli acquisti verso la Russia via gasdotto, con applicazione di una maxi-tariffa nei confronti di Mosca. Se, per fare un esempio, in primavera i paesi avranno problemi col processo di restocking, al punto da strappare i prezzi al rialzo, il meccanismo verrà accantonato, forse ancor prima di essere attivato. Perché il punto, come sottolineato alla nausea dagli operatori ed esperti del settore, è la quantità di materia prima, non il prezzo. Se manca, il prezzo si adegua alla scarsità. Con buona pace di chi passa il tempo a parlare di “speculazione”.

Pare banale ma la soluzione resta quella: ridurre la domanda di gas e avanzare con le fonti alternative. Alla fine, il governo tedesco ha ceduto, pur continuando a essere molto vocale nel proprio scetticismo. Forse perché ritiene che sia possibile disinnescare per tempo gli effetti nocivi o propriamente perversi del meccanismo di “correzione” del mercato. Vale quello che sappiamo da sempre: il TTF non sarà perfetto (quindi è perfettibile), ma occorre aver presente che metter mano a un mercato non deve risolversi nella sua manomissione. Soprattutto, il rischio è che il mercato non intenda farsi correggere ma invece corregga le velleità dei regolatori.

In tutto ciò, suscita tenerezza la grande soddisfazione espressa dal governo italiano. Intanto, anche se nessuno lo ammetterà mai, c’era la speranza che, magicamente, fosse possibile fissare un prezzo del gas a propria convenienza, e ben inferiore non solo alla soglia faticosamente negoziata ma anche alle tre cifre. Sarebbe stata la sconfitta dell’orrida “speculazione”, vista da chi non riesce o non vuole comprendere quel concetto. Quindi la soglia resta proibitivamente elevata, anche se è stata modificata rispetto ai parametri iniziali che parevano tratti da una puntata di “Scherzi a parte“. Non è un caso che la premier italiana, Giorgia Meloni, dopo aver incassato il “trionfo” gassoso sia subito passata ad auspicare misure per il leggendario “disaccoppiamento” del prezzo dell’energia elettrica da quello del gas, altro noto sarchiapone che dalle nostre parti riscuote ancora grande successo. Dopo aver “risolto” questo nodo politico-declamatorio, ora l’attenzione si sposta su limitati acquisti comuni (quindi inutili) e aiuti di stato con relativa capacità fiscale quando, tra pochi mesi, sarà necessario riproporre altri aiuti e sostegni a imprese e famiglie. Fermo restando che l’idea di un “fondo sovrano” con debito mutualizzato resta assai poco percorribile per i noti motivi, tra poche settimane capiremo quale sarà il nostro destino.

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