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Giovedì, 25 Aprile 2024

I messaggi

Fabrizio Gatti

Direttore editoriale per gli approfondimenti

Il grido della prof: a scuola col coltello, ma non sanno leggere

L'accoltellamento della professoressa nel liceo di Abbiategrasso, in provincia di Milano, non è un caso isolato. "Un ragazzino di prima media pochi giorni fa ha accoltellato uno di terza – scrive a Today.it da Palermo una professoressa che chiede l'anonimato –. Frequentano entrambi la scuola del mio quartiere. Il degrado umano, etico e sociale è poco recuperabile, perché l'imprinting ha compromesso le strutture, la forma mentis". Così uno studente di 11 anni si è ribellato a un compagno di 14 che lo aveva preso di mira con atti di bullismo. Tre coltellate, una gli ha forato il polmone.

Sono decine i messaggi arrivati in redazione, soprattutto da insegnanti, dopo il ferimento della professoressa Elisabetta C., 51 anni, ancora ricoverata in ospedale dopo l'aggressione in classe da parte di un suo studente armato di pugnale. Ne abbiamo scelti alcuni. "Sradicare questa mentalità e un analfabetismo radicato entrando in punta di piedi in certi contesti è improbabile. Ma non impossibile – assicura l'insegnante siciliana – perché capita che un ragazzino, grazie a un esempio alternativo, si dissoci dalle origini. Anche in quel caso, però, potrebbe addirittura essere un rischio per la sua vita".

"Saranno spose bambine"

"Un tessuto sociale basato su ciglia finte applicate male, su unghie improponibili e sullo sfottere gli insegnanti perché guadagno poco – continua la professoressa di Palermo –. Un tessuto scolastico sul quale non si può ricamare del proprio, in quanto soggetto a una balorda standardizzazione, in cui tutto è dovuto e le promozioni sono assicurate, porta esclusivamente alla reiterazione del contesto delinquenziale. Se un bimbo non sa leggere in seconda elementare, con amore, deve ripetere la seconda elementare. Non in una visione punitiva e di frustrazione, ma in vista di un futuro diverso".

"Alle medie non sanno leggere – aggiunge l'insegnante siciliana –. Io non leggevo così neanche a quattro anni. Ho lavorato un anno sulla scrittura e sulla lettura. Sono sbruffoni. Sanno che tanto passano e i risultati sono modesti. In un anno scolastico hanno ottenuto i risultati che io anni fa, che come loro ho studiato e sono cresciuta in Sicilia, avrei ottenuto in due settimane. Sono poco intelligenti, poco perspicaci, troppo superficiali, fumosi. Non c'è sostanza. Ne vediamo centinaia all'anno. La situazione è tragica sotto tutti i profili. Io posso anche non conoscere la Storia e non ha importanza, perché potrei studiarla in qualunque momento. Ma in loro c'è l'abisso della confusione. E per molti la certezza del carcere minorile, della bassa manovalanza mafiosa, l'alone della prostituzione o delle spose bambine. Il quartiere è la loro formazione e le loro famiglie ne sono parte integrante".

Fermi da mezzo secolo

Dal Veneto scrive un altro insegnante di scuola media, un passaggio cruciale per la formazione e l'orientamento scolastico di molti studenti. "Sono docente di scuola media dal 1985, la musica è il mio campo – scrive il professor Elio Piovesana –. Negli anni ho vissuto numerosi tentativi di svecchiamento della scuola dell'obbligo. Ogni nuovo ministro ha voluto varare riforme epocali, irrinunciabili, che duravano giusto l'avvicendarsi con il governo successivo […]. Mentre dibattevamo su bizantinismi lessicali, a cambiare è stata la società, quella civile, della gente normale. Da qualche lustro le classi, sempre più numerose, si compongono di studenti provenienti da famiglie eterogenee per provenienza, lingua, tradizioni e aspettative".

"Di fronte a una popolazione completamente mutata, l'istituzione scolastica continua a reggersi su fondamenti enucleati mezzo secolo fa. Un'era geologica – osserva l'insegnante veneto –. È urgente avviare un dibattito che coinvolga famiglie, operatori sociali, insegnanti e quanti hanno a cuore la costituzione di una scuola nuova, performante, al passo con i tempi. Formulo una proposta da cui partire: diversificare parte delle materie di studio, prevedendo per talune discipline la creazione di gruppi di approfondimento per classi aperte. Passare da una struttura definita aprioristicamente, dove gli insegnanti sono impartiti (ma non recepiti) uguali per tutti, a una organizzazione dinamica, flessibile, per moduli formativi da comporre in base a una omogeneità d'interesse, espressa dagli stessi studenti in relazione al percorso di studio e alla professionalità che intendono conseguire. Il 27 maggio 1923, giusto un secolo fa, nasceva don Lorenzo Milani. Nella sua 'Lettera a una professoressa' si legge: non c'è nulla che sia più ingiusto quanto far parti uguali fra disuguali".

In ostaggio delle famiglie

"La scuola è ostaggio dei ricorsi delle famiglie – sostiene una nostra lettrice che si firma Stella – e quindi evita ogni attrito. I ragazzi non sono affatto vessati dalla competizione, semmai sono sempre più tronfi del loro diritto senza merito. Fin da piccoli li stiamo educando a pretendere senza dare, ottenere senza meritare. Tutti stiamo dimenticando che il rapporto educativo ha due attori: senza la volontà e la partecipazione di uno studente, nessun insegnante potrà mai fare miracoli. Quindi smettetela di trovare cause esterne, ogni persona è artefice del proprio destino, padrona della propria coscienza e responsabile delle proprie azioni. Questo dobbiamo insegnare ai ragazzi. È un messaggio che io trovo di speranza e di crescita: tu puoi, se vuoi. Smettiamola di trovare scuse per tenerli immaturi".

Un lettore, che si firma Marco, chiama invece in causa la famiglia: "Noi adulti dovremmo chiederci come mai i nostri figli commettono queste azioni atroci. Ma finché stiamo qua a litigare e insultarci, siamo il perfetto esempio di cosa la società non dovrebbe fare. Abbiamo perso empatia e guadagnato odio e tutto questo si riversa sui nostri ragazzi che sono molto più fragili dei nostri nonni. Diamo noi l'esempio di come si vive in una società civile, poi chiediamo di farlo anche ai nostri ragazzi e smettiamo di giudicare, senza cercare il motivo profondo del loro malessere".

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