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Venerdì, 19 Aprile 2024

L'allarme

Fabrizio Gatti

Direttore editoriale per gli approfondimenti

Strage di bocciati in arrivo, il “merito” all'italiana produce disoccupati

Altro che merito, i nostri giovani sono costantemente umiliati. Dalla prima superiore all'ultimo anno di università, ragazze, ragazzi e le loro famiglie sono polli da spennare. Si comincia dalle ore di ripetizione a pagamento, indispensabili a molti alunni per tenere il passo con il ritmo competitivo imposto dagli insegnanti. Ma a volte nemmeno lo studio supplementare impedisce il peggio. Soprattutto se la scuola boccia solo perché mancano aule, come denunciano alcuni genitori a Today.it. Oppure se si viene spolpati dagli affitti che accolgono gli studenti fuori sede: anche 700 euro al mese per un posto letto con le blatte, come racconta a Dossier Ilaria Lamera, la studentessa di ingegneria ambientale del Politecnico, che per prima in Italia ha piantato per protesta una tenda davanti alla facoltà.

Chi si laurea rischia poi di dover sopportare anni di tirocinio senza fine e stipendi da fame, che obbligano perfino ingegneri e architetti ormai maturi ad abitare dentro stanze condivise. Se queste sono le premesse con le quali il governo chiede alle nuove generazioni di fare più figli, l'Italia così come la conosciamo oggi è destinata a scomparire. Ma torniamo alla scuola superiore, cioè agli adolescenti in piena crescita, compresi tra i 14 e i 19 anni. Quelli che la retorica chiama i cittadini del futuro, dimenticando che vivono nel nostro presente.

La scuola dopo la pandemia

Il primo anno scolastico completo dopo la pandemia, senza lockdown né ingressi differenziati o settimane alterne, si sta concludendo con un allarme: se l'ultimo mese di lezioni confermerà i risultati attuali, raccolti da un piccolo campione di classi, tra licei e istituti tecnici le bocciature nei primi tre anni potrebbero superare abbondantemente il 30 per cento, con punte che sfiorano il quaranta. Il dato delle promozioni è altrettanto agghiacciante: attualmente sarebbero meno del venti per cento gli studenti con tutte le materie al di sopra della sufficienza. Il resto dovrà vedersela con gli esami di riparazione a settembre: un esercito che per recuperare in novanta giorni quanto i professori non sono riusciti a insegnare in nove mesi, probabilmente, pagherà ore e ore di ripetizioni. Il giro d'affari, in gran parte in nero, già prima della pandemia sfiorava il miliardo l'anno: 800 milioni di euro secondo la fondazione Einaudi, 900 milioni secondo il Codacons.

L'arrivo dei banchi a rotelle in un istituto (foto LaPresse)

Il risultato è una scuola per ricchi, anche se pubblica. Solo chi può permettersi corsi supplementari privati tiene infatti il passo. Gli altri, addio: o ripetono l'anno o se ne vanno. Come i 60 ragazzi che hanno abbandonato il liceo Berchet a Milano e tutti gli altri casi raccontati su Today.it da un'inchiesta di Nicolò Zambelli. Anche per questo il tasso italiano di abbandono scolastico, cioè degli studenti che si iscrivono alle superiori ma non si diplomano, è tra i più alti in Europa: siamo quarti con il 13 per cento, dietro a Malta, Spagna e Romania. Un lento miglioramento rispetto al passato, ma ancora lontano dalla media del 9 per cento, fissata come obiettivo dall'Unione Europea entro il 2030. E quanti non si diplomano, rischiano di rimanere più a lungo disoccupati o imprigionati nel lavoro precario.

Non è più una scuola per studenti - di Nicolò Zambelli

In classe, però, è come se le pesanti conseguenze della pandemia sulla crescita e sulla formazione personale fossero solo una scusa per non studiare. Come se gli studenti portassero la colpa dei mesi di didattica a distanza, quando per il coronavirus vivevamo rinchiusi in casa ventiquattro ore su ventiquattro.

L'avvertimento ai ragazzi

Gli avvertimenti degli insegnanti, raccolti dai figli e riferiti dai nostri lettori, non si contano. Non avete acquisito un metodo di studio. Non vi impegnate abbastanza. Avanti di questo passo, verrete decimati dalle bocciature. Ma dove avrebbero dovuto imparare a studiare con metodo? In classe o durante le ripetizioni private?

Così, per tirare fuori qualche eccellenza, la scuola del merito sta allevando una gioventù di disadattati, infelici e depressi. Tanto lo Stato paga perfino il bonus per lo psicologo. Poi, quando i pochi che se lo possono permettere vanno a studiare qualche mese all'estero, scoprono che senza stress si impara meglio. E in Italia non vogliono più tornare.

La studentessa in tenda al Politecnico - di Charlotte Matteini

La protesta davanti alla Sapienza - di Valerio Valeri

Avanti di questo passo la scuola torna a essere un ospedale che cura i sani e respinge i malati, per usare la celebre critica degli alunni di don Lorenzo Milani. L'esatto contrario di quanto prevede l'articolo 34 della nostra Costituzione: la scuola è aperta a tutti. Ma se i pochi sani giustamente conquisteranno il loro meritato successo nella vita, chi dovrebbe occuparsi oggi dei tanti malati, se non la scuola?

L'obiezione di don Milani

Invece, nella ricca Lombardia, si arriverebbe addirittura a bocciare perché mancano aule per le classi superiori. Lo segnalano, chiedendo l'anonimato, i genitori degli studenti di alcuni istituti. Vedremo se a giugno il numero di respinti in queste classi supererà di molto la media. Ma è possibile che nel Paese che ha sperperato 119 milioni per comprare 430mila inutili banchi a rotelle, nella regione che sta spendendo miliardi per ospitare le prossime Olimpiadi invernali, i dirigenti scolastici chiedano di massacrare i ragazzi sulla base del numero di aule? E soprattutto, è accettabile che alcuni insegnanti si rendano disponibili a farlo?

Don Lorenzo Milani nella scuola di Barbiana

Stupisce infatti il silenzio in cui tutto questo avviene. L'omertà di una parte di professoresse e professori e la rassegnata sottomissione degli studenti. “Non posso dire ai miei ragazzi che l'unico modo d'amare la legge è obbedirla. Posso solo dir loro che essi dovranno tenere in tale onore le leggi degli uomini da osservarle quando sono giuste (cioè quando sono la forza del debole). Quando invece vedranno che non sono giuste [...] essi dovranno battersi perché siano cambiate […]. E quando è l'ora, non c'è scuola più grande che pagare di persona un'obiezione di coscienza”. Sono sempre parole di don Lorenzo Milani, un autore che tutti gli insegnanti studiano.

Seguendo invece i fragili principi del merito all'italiana – lo stesso che, di volta in volta, nei grandi enti di Stato promuove i manager non per bravura ma perché fedeli a un partito – stiamo accettando una scuola che boccia e rimanda quasi tutti a settembre. Le siamo perfino riconoscenti, come se l'amministratore di un'azienda venisse premiato perché ha selezionato e ridotto il numero dei suoi clienti. Ma anche se così fosse, siamo sicuri che gli asini si nascondano soltanto tra gli studenti?

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