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Mercoledì, 24 Aprile 2024

L'editoriale

Maria Cafagna

Editorialista

Rachele Silvestri e la doppia morale che penalizza le donne in politica

“Sono stata costretta a fare il test di paternità per mio figlio di soli tre mesi. E il padre è proprio Fabio, il mio compagno. Naturalmente, non avevo dubbi. Perché, quindi, l’ho fatto? E, soprattutto, perché chiedo che venga riportata la notizia sui giornali?”. Inizia così la lettera al Corriere della Sera di Rachele Silvestri, 36 anni, deputata passata dal Movimento 5 Stelle a Fratelli d’Italia, in cui denuncia di essere stata vittima di calunnie e illazioni che volevano suo figlio, appena nato, frutto di una relazione clandestina tra la stessa Silvestri e un deputato del suo partito.

“Circa un mese fa, una persona amica mi racconta che gira la voce che il mio bambino non sarebbe figlio del mio compagno, ma di un politico molto influente di Fratelli d’Italia - ha raccontato Silvestri - Riuscite soltanto a immaginare come mi sono sentita? Non bisogna essere una donna per capire lo schifo, la violenza, l’umiliazione”. Silvestri prosegue dicendo di essere stata contattata da diversi giornalisti per un commento alla notizia che, come poi è venuta ad apprendere la deputata, sarebbe stata messa in giro da un politico secondo cui il passaggio di Silvestri dal gruppo misto a Fratelli d’Italia, sarebbe stato dovuto alla sua relazione clandestina.

“Qualunque sia la ragione, mi fa orrore. E penso che qualsiasi persona dotata di buonsenso, ispirata a un ethos sociale condiviso, a un’umanità viva e solidale la pensi allo stesso modo. La politica in questa vicenda non c’entra nulla - sostiene Silvestri - Perché se non condividiamo i principi fondamentali di una civile convivenza, che va oltre le legittime convinzioni politiche, non c’è alcuna speranza per la nostra società”.

Quello che è capitato alla deputata è purtroppo molto comune: sono tante le donne, specie se giovani e attraenti, che in seguito a uno scatto di carriera, a una promozione o a un grosso incarico, devono affrontare voci insistenti sulla loro presunta condotta personale (abbiamo edulcorato il concetto ma credo che non necessiti di particolari spiegazioni). Su un punto, però, vorrei dissentire parzialmente con l’onorevole Silvestri ed è quando sostiene che la politica, in questa faccenda, non c’entra nulla. Purtroppo c’entra eccome.

Se è vero infatti che nessun ambiente è immune a questo tipo di comportamenti da parte di persone evidentemente invidiose e in malafede, è vero che laddove c’è una certa concentrazione di potere e visibilità, queste illazioni possono essere molto più frequenti. E a volte, è proprio l’atteggiamento viscido di uomini di potere nei confronti delle donne a essere foriero di questo genere di dicerie. Ricorderete certamente il caso di Mara Carfagna, ex modella e showgirl, accusata pubblicamente di essere diventata ministra per aver elargito favori sessuali a Silvio Berlusconi, un uomo che, in quanto a uscite sessiste e misogine, non è secondo a nessuno. O di Massimo Felice De Rosa, allora deputato del Movimento 5 Stelle, che nel 2014 apostrofò le sue colleghe del Partito Democratico dicendo: “Siete qui solo perché siete brave a fare pompini”.

Questi i casi che sono saliti all’onore della cronaca, ma poi ci sono numerose voci di corridoio che non arrivano ai giornali, rimangono tra le mura del palazzo e lì circolano indisturbate e rovinano reputazioni e carriere. Io stessa, che ho lavorato per molti anni nella comunicazione politica, sono stata vittima di una di queste voci. Sono venuta a conoscenza che nell’ambiente era noto che io avessi avuto una relazione con un mio ex cliente, un politico: la voce mi era arrivata da un’amica che non ci vedeva nulla di male (né io né il politico in questione all’epoca eravamo legati ad altre persone) tanto che mi aveva anche riferito tranquillamente il nome della persona che gliene aveva parlato, una persona che in quel periodo era particolarmente aggressiva nei miei confronti sui social. Dato che si trattava di qualcuno che faceva il mio stesso lavoro, era chiaro che avesse messo in giro quella voce con l’obiettivo di screditarmi.

Noi donne che frequentiamo i palazzi del potere dobbiamo essere guardinghe - mai uno sguardo di troppo, mai un abbigliamento provocante, poco trucco, niente eccessi - per non incorrere in calunnie di questo genere (attenzione però a non eccedere al contrario, perché troppa pudicizia può voler significare che si ha qualcosa da nascondere), agli uomini invece non viene riservato questo trattamento. Anzi, i “farfalloni” sono considerati tipi simpatici, alla mano, persone con cui è piacevole passare una serata al bar scambiando quattro chiacchiere su donne, pallone e motori. 

Chiaramente le relazioni, clandestine e no, esistono in qualsiasi ambiente di lavoro e anche in politica. Quando Cupido scocca la freccia, non ce ne è per nessuno. Solo che, specie in un ambiente sessista e misogino come la politica italiana, le reazioni sono diverse se si tratta di donne e di uomini. Se una donna, specie se giovane e alle prime armi, ha una relazione con un suo superiore, può giocarsi la carriera; se un uomo ha una relazione con una sua superiore (caso più raro anche perché le donne in posizioni apicali sono numericamente inferiori) può essere motivo per lui di vanto. Parlo anche per esperienza personale ma basti pensare che la lettera al Corriere è stata scritta dalla sola Rachele Silvestri, mentre il suo presunto amante è stato protetto dall’anonimato. 

Questo doppio standard purtroppo permane, e dispiace constatare che chi si occupa di amministrare lo Stato non solo non sia immune a questo tipo di comportamenti, ma che trovi nella sua posizione di privilegio un pulpito molto comodo da cui salmodiare sulla morale altrui. Ma i moralisti, si sa, sono spesso i primi tra gli infelici. 

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