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Giovedì, 25 Aprile 2024

Colpo di spugna

Charlotte Matteini

Opinionista

È finita la pacchia per i poveri

Come promesso in campagna elettorale, il Governo ha messo mano al reddito di cittadinanza. Nel peggiore dei modi. Numerosi sono, infatti, gli emendamenti proposti da parlamentari della compagine di maggioranza e approvati la scorsa notte in commissione Bilancio. Tre le modifiche principali che andranno a impattare sui percettori di reddito: non potranno più percepirlo gli under 30 che non hanno completato il ciclo di studi, nel 2023 il reddito verrà erogato ai cosiddetti occupabili solamente per sette mensilità in un anno anziché le 18 mensilità rinnovabili previste dall’iniziale normativa, ma soprattutto il reddito di cittadinanza decadrà al rifiuto della prima offerta di lavoro anche non “congrua”.  

Che cosa succederà grazie al colpo di spugna di Noi Moderati? Che i percettori di cittadinanza saranno costretti ad accettare qualsiasi tipo di offerta di lavoro, anche se incompatibile con le proprie esperienze e competenze. La normativa del reddito di cittadinanza infatti prevedeva inizialmente che i percettori potessero rifiutare fino a tre offerte congrue prima della decadenza del sussidio. Un’offerta congrua, secondo la normativa, doveva essere compatibile con le proprie capacità e competenze, prevedere una retribuzione superiore del 20% rispetto all'assegno ed essere ubicata entro 80 km dalla residenza o raggiungibile entro 100 minuti con il trasporto pubblico.

Si dovrà accettare qualsiasi offerta

Grazie all’emendamento dell’ex ministro Maurizio Lupi, queste caratteristiche minime scompaiono definitivamente. Insomma, nonostante il reddito di cittadinanza non sia stato totalmente abolito, di fatto l’impianto della norma è stato praticamente smantellato dalle fondamenta scardinando uno dei principi di salvaguardia dello strumento, introdotto sì come sostegno al reddito delle fasce più povere della popolazione, ma che aveva anche la funzione di proteggere queste persone dal fenomeno dello sfruttamento lavorativo, che in Italia è particolarmente diffuso soprattutto in certe zone del Paese.  

Grazie all’emendamento Lupi, infatti, i percettori dovranno accettare qualsiasi tipo di offerta, anche un contratto a tempo determinato di pochi mesi in una sede di lavoro lontana centinaia di chilometri da casa e con uno stipendio insufficiente a coprire le spese di vitto, alloggio e trasporti. E’ noto a chiunque si confronti quotidianamente con le offerte di lavoro pubblicate sul Web da numerose aziende e attività commerciali sparse per l’Italia quale sia la situazione del mercato del lavoro italiano: paghe misere, pretese di straordinari spesso non retribuiti, orari incompatibili con un buon equilibrio tra vita privata e lavoro, proposte contrattuali solo parzialmente regolarizzate con la corretta applicazione dei ccnl di categoria.  

Ancora sfruttamento

In parole semplici? Ti assumo per 4 ore al giorno ma tu lavori full time e anche di più. Se sei fortunato, ti pago il resto fuori busta, in nero, altrimenti ti accontenti del misero stipendio previsto dal contratto farlocco. E’ vero, ci sono aziende che agiscono in maniera legale, corretta e trasparente, ma ce ne sono molte altre che sopravvivono sulle spalle dei propri collaboratori e dipendenti, costretti ad accettare offerte incongrue perché non in condizione di trovare offerte più dignitose. E siccome i dati Inps hanno più volte rilevato che i cosiddetti percettori “occupabili” in realtà sono spesso disoccupati di lungo corso difficilmente reinseribili nel mondo del lavoro per mancanza di competenze, di fatto l’emendamento Lupi va a esporre al fenomeno dello sfruttamento lavorativo una fascia di persone estremamente fragili, che magari grazie al reddito hanno avuto la possibilità di vivere e sopravvivere senza doversi piegare al ricatto dell’esercente furbetto di turno. Alla faccia della carità cristiana, per un politico che da sempre va fiero della sua estrazione cattolica.  

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