Il pasticcio del Recovery Plan durante la crisi di governo
Il governo ha approvato il Recovery Plan senza i voti di Bonetti e Bellanova, che come annunciato dal loro leader in diretta tv si astengono dopo aver chiesto il Mes. Sono tanti soldi, 222,9 miliardi. Per digitalizzazione e cultura sono stanziati 46,18 miliardi. Per la rivoluzione verde 68,9 miliardi. Per le infrastrutture 31,98 miliardi. Per l'istruzione 28,49 miliardi. Per l'inclusione e la coesione (lavoro, famiglia, politiche sociali) 27,62 miliardi. Per la salute 19,72 miliardi.
Recovery Plan: c'è un piccolo problema
C'è un piccolo problema. Abbiamo trasformato un programma di investimenti per il futuro in una bega da crisi di governo, all'italiana. Molte critiche che giungono al Recovery sono all'insegna del: "Sono pochi soldi, troppo pochi per noi". A dirlo sono vari comparti, dai primi cittadini ai trasporti. C'è "l’impressione che sia stato scritto e percepito esattamente come una mega legge di bilancio" scrive su Twitter il giornalista Giancarlo Loquenzi. C'è il deputato che strilla: "Recovery: Trasporto marittimo abbandonato dal governo". Ordinaria amministrazione. Stesse dinamiche di un qualsiasi giorno di dicembre pre-manovra. La visione manca.
Confusione anche, tanta confusione, complice Renzi che ha chiesto di nuovo il MES e complice Conte che dice che i soldi per la sanità sono già nel Recovery Plan. Sarebbe più corretto riferirsi a tutto il piano come a Next Generation EU, e ricordare ogni qual volta sia possibile che i soldi non vanno spesi, ma investiti. Non è la stessa cosa, e il fatto che l'ok sia arrivato in un momento in cui incombe una crisi di governo innescata da un partito che tutti i sondaggi danno sotto al 5 per cento dà l'idea del caos. Un piano da 750 miliardi per l'Europa, ridotto a un elemento di trattativa contestuale alle discussioni a Palazzo Chigi sulla caduta di un esecutivo.
Sconfortante il paragone con come è stata affrontata tutta la vicenda in Francia. I nostri cugini d'Oltralpe stanno per presentare il loro piano "France Relance" entro fine gennaio, sono già pronti bandi e progetti. La Francia è stato il Paese che ha più spinto sui fondi europei e ha voluto dimostrare che è capace di sfruttare quelle risorse al meglio. Chi ha letto tutte le 170 pagine del Recovery italiano definisce il testo come "fumoso" e "poco credibile".
Il Recovery Plan nel mezzo della crisi di governo
Al momento per noi il Recovery Plan è finito al centro del dibattito come fosse una bega minore, tra una dichiarazione di Renzi e Conte, e un richiamo alla responsabilità di Gualtieri e un'osservazione di Bellanova. Questione di mentalità. Il NGEU (Next Generation EU) sarà disponibile, se tutto andrà liscio e non ci saranno ostacoli, dall'estate prossima; se e solo se i progetti saranno approvati entro quel periodo, i primi trasferimenti di fondi arriveranno verso ottobre.
"Così com’è la Commissione europea rimanderà indietro il documento" dice a Linkiesta Tommaso Monacelli, prof di Economia all’Università Bocconi di Milano. "È come se la maestra avesse detto di fare i compiti di italiano a pagina 115 e noi abbiamo fatto i compiti di inglese a pagina 90. Non abbiamo capito cos’è il Recovery Plan, o facciamo finta di non capire. Questo è un documento di equilibrismo politico fatto per chiudere la crisi".
Di fatto il testo arrivato in Consiglio dei ministri non contiene tutti i dettagli che servono, assomiglia pericolosamente a una banale bozza da presentare al Parlamento, che potrà essere poi in realtà "modificata" in quasi qualsiasi modo. Altro che svolta epocale. Al momento su progetti specifici, modalità di realizzazione, tempi e risultati attesi, non sappiamo nulla. Una volta si sarebbe detto: "Non bocciati, ma rimandati a settembre". Speriamo che settembre non sia già troppo tardi. Chissà chi ci sarà al governo a quel punto, con la montagna di soldi europei da gestire.