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Martedì, 16 Aprile 2024

Fabio Petrelli

Giornalista

Cosa c'è dietro l'amichevole tra Cristiano Ronaldo e Messi in Arabia Saudita

Nominare l’uno impone, quasi sempre, di tirare in ballo anche l’altro. Normale, quando si parla di Lionel Messi e Cristiano Ronaldo, in ordine rigorosamente alfabetico, protagonisti di quella che è corretto definire come la rivalità più duratura ed intensa della storia del calcio. Stesso periodo, stessi traguardi da tagliare e bacheche da arricchire con la consapevolezza che la storia dell’uno appartiene anche all’altro, come il trionfo al fallimento nelle due facce della stessa medaglia, col primo reso tale anche dalla grandezza di chi è uscito sconfitto dal confronto. In Arabia Saudita lo hanno capito: da qui, la decisione di accendere i riflettori del King Fahd Stadium il 19 gennaio su quella che è stata denominata la “Riyadh Season Cup”, partita che verrà disputata nello stesso impianto in cui Milan ed Inter, ventiquattro ore prima, si contenderanno la Supercoppa di Lega. In campo, il Paris Saint Germain di Messi contro una selezione di giocatori dell’Al Nassr – la nuova squadra di Cristiano Ronaldo – e dell’altro club cittadino dell’Al Hilal, con in panchina Marcelo Gallardo, allenatore argentino fresco di divorzio dal River Plate. E pazienza se il debutto nella massima serie saudita di CR7 non avverrà con la maglia che gli garantirà un sontuoso contratto biennale (complici anche i due turni di squalifica comminati dalla Federcalcio Inglese e validi nella Saudi Professional League), ma invece nel match tra gli eventi più importanti della “Riyhad Season”, annuale Festival della città che ospita tra l’altro anche artisti internazionali. Va sottolineato anche come la partita tra Messi e Cristiano Ronaldo simboleggerà la nuova sintonia tra il Qatar (da 12 anni il Paris Saint-Germain è di proprietà della Qatar Investment Authority)​ e l’Arabia Saudita dopo la fine dell’embargo triennale voluto da Riad.

Però, il “derby” in campo tra Messi e Ronaldo a queste latitudini era cominciato già con largo anticipo, circa dodici mesi fa. Quando, come riportato dal Telegraph, ci fu il rifiuto della stella lusitana alla proposta di diventare testimonial di “Visit Saudi”, offerta poi accettata dal “diez” della nazionale argentina – per un importo cinque volte superiore, si vocifera – la cui immagine fa bella mostra nel sito in cui vengono decantate le bellezze della nazione incentivando gli utenti a visitarle. Con tanto di messaggio di invito firmato Lionel, il quale “vorrebbe che scatenassi il tuo cercatore di brividi interiore e scoprissi l'inimmaginabile. Che tu sia in viaggio per scoprire cose nuove o cose vecchie”. Spot che, magari meno dei circa - secondo le indiscrezioni - 200 milioni di euro garantiti dall’accordo, ma forse un filino ha incuriosito CR7, vista la decisione del trentottenne attaccante portoghese di cedere alle lusinghe dell’Al Nassr, con annessa proposta – anche in questo caso fortemente remunerata – di diventare uomo immagine per la campagna pro Mondiali 2030 che l’Arabia vorrebbe organizzare insieme a Grecia e Egitto. E non sorprende neanche un po’, a questo punto, il rilancio stile Las Vegas dell’Al Hilal, club cittadino rivale dell’Al Nassr, che si dice sia pronto a metterne sul tavolo 300, di milioni, per ingaggiare la Pulce e piazzarlo di fronte a CR7 non in una semplice amichevole, ma nel “Clasico” di Riyhad del prossimo anno.

D’altronde, questa è l’escalation sportiva medio orientale inaugurata già coi Mondiali in Qatar. E che proseguirà con i 500 miliardi di euro destinati al progetto Trojena 2029, località attualmente inesistente ma che sarà edificata ed ospiterà i Giochi Asiatici del 2029 in pieno deserto (all’interno della città futuristica di Neom) per poi restare una location turistica per gli sport sulla neve. E tra gli ambasciatori di questo nuovo polo dello sport mondiale, ci sono Messi e Ronaldo. Che, ambasciatori, lo sono davvero, però dell’Unicef: ma se il Fondo delle Nazioni Unite per l’Infanzia sottolinea le responsabilità del governo saudita sull’eccidio dei bambini – perpetrato dal 2014 – nel sanguinoso conflitto dello Yemen, ecco che l’imbarazzo c’è. Così come il sospetto che, accanto alla passione per il calcio, l’ingaggio di campioni conosciuti a livello planetario sia riconducibile ad un’opera di simil “greenwashing”, volta cioè a ripulire un’immagine che candida, proprio, non è. Con buona pace del Principe Mohammed Bin Salman che cinque anni fa sosteneva che la nuova Europa sarebbe stata il Medio Oriente e l’Arabia Saudita profondamente cambiata. Va bene, ci vedremo Messi contro Ronaldo in televisione, e questo è quanto: con la convinzione che se la stessa rapidità e generosità utilizzate per convincerli a sposare le cause saudite fossero utilizzate per concedere diritti umani e libertà fondamentali, sarebbe effettivamente un paese cambiato. E senza l’ausilio di troppi testimonial a descrivercelo come tale. 

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