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Venerdì, 29 Marzo 2024

Effetti collaterali

Gabriele De Giorgi

Giornalista LeccePrima

Soumahoro è il perfetto autogol della sinistra

La vicenda che, volenti o nolenti, sta investendo Aboubakar Soumahoro è uno degli autogol più clamorosi che la sinistra parlamentare potesse farsi. Dal punto di vista politico, infatti, è evidente la condotta “tafazziana” del gruppo dirigente di Europa Verde e di quello di Sinistra Italiana che pure avevano gli elementi per valutare l’opportunità della sua candidatura.

Per carità, va ricordato che la presunzione di innocenza non è una formula di rito solo per indagati o condannati in primo o secondo grado in odor di mafia o per chi consente la costruzione di case in zona ad alto rischio idrogeologico. La precisazione, in questo caso, è doppiamente d’obbligo, anche perché al momento non risulta alcun coinvolgimento diretto del neo deputato - ora in regime di autosospensione - nelle zone d’ombra della gestione delle cooperative da parte della suocera, attualmente l'unica iscritta nel registro degli indagati dalla procura della Repubblica di Latina: le contestazioni principali sono truffa aggravata e false fatturazioni.

Una scelta politicamente sbagliata

Anche se si sente abbastanza nitidamente la puzza di strumentalizzazione, la questione resta, tuttavia, significativa di una certa coazione a ripetere che, per qualche meccanismo ancora non del tutto chiaro sul piano psicologico, dilaga dalle parti del centrosinistra come una variante ancora più diffusiva della Omicron: farsi male, molto male.

Tra le conseguenze più immediate del caso che potrebbe ispirare per almeno un mese intero le pagine dei giornali reazionari, c’è sicuramente quella di aver depotenziato i contenuti che avevano dato spessore alla narrazione della candidatura di Soumahoro: la lotta contro lo sfruttamento dei migranti, piaga ancora attualissima del nostro Belpaese.

Non più tardi di giovedì scorso la Corte d’Assise di Lecce ha condannato per riduzione in schiavitù e omicidio colposo in concorso un imprenditore agricolo e un altro soggetto, ritenuto l’intermediario che si occupava del reclutamento dei braccianti stagionali e del loro trasporto nei campi: nel luglio del 2015 uno di loro perse la vita in seguito a un malore accusato durante la raccolta, nel bel mezzo del pomeriggio.

Nuovo tormentone dopo “risorse boldriniane”

Un altro danno collaterale non proprio trascurabile è l’aver fornito una freccia parecchio avvelenata all’arco degli odiatori seriali, quelli che da anni hanno scelto Laura Boldrini come bersaglio principale. Chi non ha mai letto almeno una volta “risorse boldriniane”? Un refrain martellante, almeno quanto il ricorso a “sinistrorsi” e “buonisti”. Espressioni che assurgono alla forza di propaganda dotata di una sua verità ontologica: la sua finalità si materializza nel momento stesso in cui si enuncia. Non c’è spazio per il ragionamento, non ce ne sono proprio i presupposti: chi fa uso patologico di un certo lessico ha bisogno di fatti e immagini che lo corroborino nelle proprie posizioni istintive.

Così, lo sbarco a Lampedusa dei migranti soccorsi in mare mentre la loro imbarcazione sta colando a picco diventa l’ennesimo tentativo dei “buonisti” di accogliere “risorse boldriniane” portate da quei “sinistrorsi” delle Ong. Il linguaggio si assottiglia come un palloncino che si sgonfia, le parole assumono la forma del marchio e la comprensione del testo si sposta dal livello encefalico a quello viscerale. È un copione già visto, frutto di quelle tecniche di marketing pubblicitario che hanno posto le basi dell’era berlusconiana e che in epoca di “socialdipendenza globale” hanno trovato una nuova declinazione.

Davanti a questa semplificazione imperante la sinistra ha scelto di perdere la partita prima giocarla. E ora è costretta a fare catenaccio per non prendere un’imbarcata: il risultato parziale è di 1 a 0, con buone probabilità di raddoppio. Ci vuole del talento, in effetti.

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