rotate-mobile
Mercoledì, 24 Aprile 2024

Il commento

Chiara Tadini

Responsabile redazione

Perché l'arrivo di Starbucks a Bologna è una buona notizia

"Han fatto uno Starbucks in centro a Bologna, ma era solo per litigare". La rivisitazione della ormai celebre frase di Calcutta è firmata Nicola Borghesi, attore e regista bolognese che ha commentato così la notizia dell'imminente apertura di una caffetteria della nota catena americana in pieno centro storico a Bologna. Il primo Starbucks bolognese sorgerà all'ombra delle Due Torri, al civico 34 di via D'Azeglio, negli spazi fino all'anno scorso occupati da una libreria Mondadori. L'annuncio, come prevedibile, ha diviso in due 'la Dotta': da un lato c'è chi difende la scelta dell'amministrazione comunale - e tra loro anche diverse associazioni di commercianti, convinte che con Starbucks crescerà il valore del centro storico; dall’altro chi, come la destra, storce il naso difendendo la tradizione del caffè made in Italy adducendo che l'apertura andrà a indebolire le altre attività già presenti.

Personalmente, pur non essendo residente a Bologna - ma abitandoci vicino e andandoci spesso -, mi metto tra le fila di chi questa apertura la difende (e, anzi, la aspettava da tempo). Proprio in questi giorni mi trovo a Bologna per lavoro, dovendo seguire un processo in Tribunale. Avendo vissuto e studiato per anni a Bologna, conosco il centro storico piuttosto bene. Ma è anche vero che dai tempi dell'università sono passati più di 10 anni. Quindi nei giorni scorsi ho scritto a Ginevra, ex compagna di università e bolognese doc, chiedendole se potesse indicarmi luoghi in cui poter lavorare al computer, magari bevendomi un caffè seduta comodamente su una poltrona. E lei mi ha risposto che "a Bologna negli ultimi 10 anni hanno aperto e chiuso un quantitativo di bar e punti ristoro che non hai idea". Mannaggia. Potrei provare in una delle tante biblioteche universitarie, ma credo che oggi nella maggior parte di queste si possa entrare solo con il badge universitario (anche giustamente). Ci sono le biblioteche "normali", certo, ma ricordo che trovare posto era sempre un'impresa. E, in ogni caso, è difficile per me lavorare in biblioteca, dovendo spesso fare o rispondere a telefonate.

"Ai miei tempi" (espressione che non avrei mai pensato di pronunciare prima dei 50 anni) esisteva Itit, caffetteria in Largo Respighi (di fianco all'Università e a Piazza Verdi, per intenderci) in pieno stile Starbucks. Caffè di ogni tipo, dolcetti, panini, zuppe, insalate, divani, poltrone, prese elettriche, wifi libero (nel 2010 non era così scontato trovarlo) e soprattutto possibilità di restare seduta per ore a studiare (o anche solo fingere di farlo), lavorare, leggere o parlare con gli amici. Il locale andava alla grande: se non arrivavi presto, trovare un posto a sedere era quasi impossibile. Per non parlare della lotta per accaparrarsi una delle poche poltrone di fronte alle luminose finestre. Eppure, per qualche ragione a me sconosciuta, qualche anno fa sono arrivata davanti alla vetrina di Itit e l'ho trovata chiusa. Delusione infinita. Ma, c'è un ma: oggi al posto di Itit ha aperto Frankly Bubble Tea, locale di una catena milanese molto simile a Itit, con qualche poltrona in meno ma più drink "cool", sia nel senso letterale di freddi (infinite combinazioni di iced coffee e the alla frutta) che nel senso di "alla moda", con frappè colorati e bubble tea "kawaii" (la mia nipotina molto più giovane di me mi ha insegnato che significa "carino" e in Giappone è una parola che si applica anche a cibo e bevande). Un'ottima alternativa al bar del mio cuore, insomma.

Ma non è l'unico locale di questo tipo a Bologna: anche la Scuderia Future Food Living Lab, sempre in piazza Verdi, propone uno spazio con gradinate piene di cuscini e prese elettriche in cui trascorrere una giornata di studio o lavoro. 12oz in via Indipendenza fa la stessa cosa, anche se i posti a sedere non sono tanti e l'ambiente forse è un po' più caotico affacciandosi sulla principale via dello shopping della città. E probabilmente esistono altri posti simili, anche se trovarli tramite Google non risulta semplice. Tanto che Frankly, da dove sto scrivendo questo articolo, è già pieno. E allora perché non aprire altri posti simili? Dove avrei lavorato oggi senza un bar come questo? Oltre alla domanda molto alta, poi, c'è anche il fatto che il Comune di Bologna ha concesso l'apertura di Starbucks in deroga al regolamento Unesco (che limita l’insediamento di nuove attività commerciali di particolari tipologie nel centro storico) "in cambio" di progetti di natura sociale e culturale e sul bere responsabile (secondo la politica aziendale dello 'zero alcol') in co-progettazione con lo stesso Comune. Ad esempio, oltre alla creazione di uno spazio di co-working, l’azienda statunitense si è impegnata nel progetto “Insieme per il lavoro” che aiuta le persone all’inserimento nel mondo lavorativo. E a tal proposito sono previste 20 assunzioni.

Chi critica il fatto che si tratti dell'"ennesima catena" dovrebbe ricordarsi che pure la ex Mondadori (a prescindere dal fatto che quando una libreria chiude è sempre una notizia triste) faceva parte di una delle più grandi aziende editoriali italiane, controllata dal gruppo Fininvest di Berlusconi. Anche perché, purtroppo, già ora il centro storico - di Bologna e di tante altre grandi città - ha canoni di locazione accessibili ormai solo alle grandi catene. Credo che gli storici baristi bolognesi che servono caffè artigianale in tazze di ceramica al banco non abbiano di che preoccuparsi, e loro lo sanno bene: come hanno detto a BolognaToday diversi baristi del centro storico, quello di Starbucks è un altro mercato, rivolto a un altro target sia a livello di età che a livello di prodotto ricercato. Chi va da Starbucks, in generale, cerca un luogo in cui - appunto - potersi sedere a leggere, studiare (ricordiamo che Bologna è una delle più importanti città universitarie italiane) o lavorare, bevendo un caffè la cui qualità non è più di tanto importante. Forse è la ricerca di quel "sogno americano" tramandato dai nostri avi che resiste ancora dentro molti di noi, o forse è semplicemente una delle cose belle importate dagli "States" che a noi, abituati a non avere alternative al caffè consumato in fretta al banco o al tavolino, mancava. E forse, come ha detto la mia amica Ginevra, "non è l'eroe che meritavamo, ma quello di cui questa generazione ha bisogno".

Si parla di

Perché l'arrivo di Starbucks a Bologna è una buona notizia

Today è in caricamento