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Venerdì, 29 Marzo 2024

Il naufragio di Crotone

Fabrizio Gatti

Direttore editoriale per gli approfondimenti

Strage di migranti, così Giorgia Meloni ripete gli errori della sinistra

Il naufragio di Crotone è la risposta della realtà alle ultime decisioni del governo di Giorgia Meloni: senza rete di soccorso in mare, i barconi arrivano direttamente fino alle nostre coste e, a volte, affondano davanti ai nostri occhi. Anche se è domenica e l'Italia ha appena festeggiato il Carnevale. Ci accorgiamo così che le vittime non sono fantomatici clandestini che, per sgarbo istituzionale, continuano a sfidare le nostre leggi. Hanno invece il volto di bambini, giovani spose, madri e padri che non hanno trovato altro aiuto nella loro vita, se non i precari servizi offerti dall'agenzia internazionale dei trafficanti.

Sono più di vent'anni che questo accade lungo la rotta del Mediterraneo centrale che, dalla Libia, porta in Sicilia. E anche lungo la rotta orientale, che dalla Turchia arriva fino in Calabria: la stessa percorsa dal peschereccio che si è fracassato contro gli scogli il 26 febbraio. Nel frattempo al governo si sono succeduti Silvio Berlusconi e Romano Prodi, centrodestra e centrosinistra, sovranisti e populisti. Ciascuno con il suo piano, la propria filosofia, le stesse promesse: contrastare l'immigrazione irregolare. Eppure, da quello che si è visto, ogni strategia è stata inesorabilmente sconfitta. Così come sta accadendo ora che al governo c'è Giorgia Meloni. Le organizzazioni di trafficanti, pur di diversa provenienza e senza contatti tra di loro, sembrano l'invincibile armata che continua a operare impunita. Adesso, però, mettiamo da parte emozioni e ideologie. E proviamo a porci alcune domande.

Cosa fa la 'ndrangheta

Nei quattro giorni di navigazione dalla provincia di Smirne, in Turchia, fino a Steccato di Cutro, la spiaggia della strage, i trafficanti con il loro carico di vite hanno fatto lo slalom tra le isole del Mar Egeo e girato intorno alla Grecia. Poi hanno virato a nord-ovest e attraversato il Mar Ionio fino alla provincia di Crotone. Perché? Non potevano sbarcare i loro passeggeri nel Peloponneso che, per tutti loro, era comunque territorio dell'Unione Europea?

Sarà un caso. Ma ad appena venti chilometri dalla spiaggia dello sbarco finito male è attivo da due decenni uno dei centri di accoglienza più grandi d'Europa. Ed è curioso constatare come i trafficanti turchi abbiano preferito rinunciare alla sicurezza delle coste greche per fare, praticamente, una consegna a domicilio. È una pura coincidenza o c'è un nesso? Che interesse hanno le organizzazioni di scafisti ad allungare il viaggio, aumentando così i costi di carburante e i pericoli per sé e per le persone a bordo?

La distanza tra Smirne in Turchia e il luogo del naufragio in Calabria

Il centro di accoglienza per richiedenti asilo (Cara) di Isola di Capo Rizzuto oggi è amministrato sotto il pieno controllo della prefettura di Crotone. E quindi del ministero dell'Interno. Ma proprio giovedì 23 febbraio la Corte di Cassazione ha deciso, accogliendo il ricorso delle difese, di far celebrare a Catanzaro un secondo processo d'appello contro gli imputati accusati di aver garantito gli appalti del Cara, curando gli interessi della 'ndrangheta e non quelli dello Stato. Un procedimento che rivela un passato recente non proprio cristallino: in altre parole, secondo l'accusa, più persone venivano sbarcate dai trafficanti nella zona, più la criminalità organizzata italiana guadagnava. Non è insomma colpa dei bambini e dei genitori che li hanno messi a bordo, se i barconi affrontano distanze così rischiose.

Matteo Piantedosi e l'eccezione ucraina

Ma c'è un altro particolare che smentisce il ministro dell'Interno, Matteo Piantedosi, quando dice che la “disperazione non può mai giustificare condizioni di viaggio che mettano in pericolo i figli”. Nonostante siano trascorsi oltre vent'anni dall'apertura di queste rotte, per afghani, pakistani, iraniani, siriani non è mai stata pensata l'istituzione di un visto di ingresso nell'Unione Europea per ragioni umanitarie. Se un padre e una madre vogliono mettere in salvo i propri bambini, com'è loro dovere naturale, non hanno alternative: l'eventuale permesso di soggiorno viene rilasciato solo a quanti si trovano già nel territorio dell'Unione. Ma come potrebbero arrivarci in Europa, se è vietato loro l'ingresso? Ecco il cortocircuito logico, legale, etico che da due decenni riempie di denaro le organizzazioni criminali e di vittime il nostro mare: gli unici in grado di garantire il servizio di trasporto, che i governi non vogliono concedere, sono i trafficanti.

Giorgia Meloni: "Vite umane stroncate dai trafficanti"

L'eccezione non è impossibile. Lo vediamo con i profughi in fuga dalla guerra in Ucraina, giustamente accolti dagli Stati membri dell'Ue. Allo stesso tempo non sarebbe realistico riconoscere lo stesso status a tutti i cittadini in Asia e in Africa che desiderano partire. Ma una giovane coppia afghana che ambisce a un futuro libero, una figlia che rischia di essere avvelenata in classe – come è appena accaduto in Iran, per spingere alla chiusura le scuole femminili –, o un ragazzo eritreo che rifiuta di passare la vita prigioniero sotto le armi cosa dovrebbero fare?

Fin tanto che non saranno i governi a dare risposte legali a queste semplici domande, saranno i trafficanti asiatici o africani a offrire una via d'uscita: magari, come è accaduto in passato, con la collaborazione a distanza della criminalità organizzata italiana. Il paradosso più assurdo, però, è un altro: mentre respingiamo migliaia di giovani che vorrebbero vivere come noi nel nostro mondo libero, da noi scarseggiano abitanti per mantenere vivi interi paesi, attività commerciali, fabbriche. Se vuole lasciare un segno ed evitare di fallire dove si sono incagliati i governi precedenti, Giorgia Meloni dovrebbe ricominciare da qui: non soltanto parole, ma proposte e soluzioni.

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