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Venerdì, 29 Marzo 2024

Alfonso Bianchi

Giornalista

Se un violentatore trans mette in discussione l'autodeterminazione di genere

È giusto che a una persona sia permesso cambiare il proprio genere legale facendo una semplice richiesta scritta alle istituzioni del proprio Paese? Si tratta di una questione molto delicata, che riguarda il modo in cui una società decide di accogliere le istanze e le necessità delle persone transessuali. Nascere con una 'disforia di genere' è sicuramente un'esperienza molto complicata, identificarsi con un genere diverso da quello del proprio sesso biologico della nascita deve essere molto difficile.

Oggi grazie alla medicina e alla chirurgia è possibile compiere un percorso di transizione che permette di trasformare un corpo in quello del genere in cui ci si riconosce. Si tratta di un percorso complicato, costoso e non privo di sofferenze, ma i cui risultati sono in alcuni casi straordinari. Non tutte le persone transessuali però vogliono compiere questo passo. Alcune non vogliono dover sottoporsi a operazioni ma vogliono mantenere l'anatomia del sesso di nascita, e quindi anche i genitali, ma essere comunque riconosciute dalla società e dallo Stato come persone del genere che sentono proprio, sia esso maschile o femminile.

In Italia il cambio legale di genere è legato ancora a una legge del 1982 secondo cui è necessaria la 'rettificazione chirurgica' del sesso ma di fatto grazie a due sentenze della Corte di Cassazione e una della Corte Costituzionale oggi basta accompagnare la richiesta di cambio di genere al parere di un esperto. Ma in sempre più Paesi del mondo non è necessario nemmeno questo. In Stati come Spagna, Danimarca, Irlanda, Belgio, Portogallo e Norvegia basta ad esempio un'autocertificazione per il cambio di genere. Anche la Scozia ha approvato una riforma in questo senso, riforma che è stata però bloccata da governo centrale di Londra che ha posto il suo veto.

Ma più che la battaglia legale con il governo centrale a mettere in discussione il provvedimento è stato lo scoppio di un caso che ha riaperto il dibattito nella nazione e non solo. Una donna trans, Isla Bryson, che si trovava in un carcere femminile del Paese, è stata condannata in via definitiva per lo stupro di due donne, donne che aveva violentato prima della sua transizione, transizione che però non è stata di tipo anatomico. Per questo, col consenso della stessa premier scozzese Nicola Sturgeon, la condannata è stata trasferita in un carcere maschile. "Non vedo come sia possibile avere uno stupratore all'interno di un carcere femminile", ha detto Sturgeon.

Ma questo fatto ha creato un cortocircuito nello stesso principio che la leader dell'Snp vuole difendere, cioè quello per cui una persona può identificarsi con il genere che ritiene ed essere trattata in tutto e per tutto dalla società in accordo con quel genere. La stessa Sturgeon si è trovata in difficoltà quando le è stato chiesto se riteneva che Isla Bryson (che prima della transizione si chiamava Adam Graham), fosse un uomo o una donna, e ha evitato di rispondere alla domanda. Di fatto si è realizzato quello che una parte del movimento femminista sta dicendo da tempo, e cioè che permettere a un uomo di avere una transizione nel genere femminile solo con una sua dichiarazione, può essere un rischio per altre donne e violare i loro diritti e la loro sicurezza.

Certo quello di Isla Bryson è un caso estremo e particolare, ma si tratta pur sempre di un caso reale, non delle fantasie di qualche 'Terf' (acronimo coniato da attivisti trans, che sta per Trans-Exclusionary Radical Feminist, femminista radicale trans escludente). E nel Regno Unito non è nemmeno il primo del genere. Katie Dolatowski, una donna trans di 22 anni, era stata detenuta per un certo periodo nel carcere femminile di Cornton Vale nonostante una condanna per aver aggredito sessualmente una bambina di 10 anni e per averne filmato una di 12 in un bagno. Anche in quel caso il dubbio che la transizione di genere fosse solo un modo per entrare in luoghi riservati alle donne e compiere atti predatori non si può dire fosse infondato.

Di sicuro, come ha giustamente sottolineato Sturgeon, non bisogna "nemmeno suggerire inavvertitamente che le donne trans rappresentino una minaccia intrinseca per le altre donne", ma questi casi estremi ci ricordano che la questione è molto complessa e merita un dibattito franco e altrettanto serio. Perché se è assolutamente giusto accettare la sessualità di tutti e rispettarla facendo in modo che possa essere vissuta nel modo più naturale possibile, non possiamo per questo evitare di affrontare le contraddizioni che alcune identificazioni di genere possono generare per puro buonismo o per essere 'politically correct' ad ogni costo.

Un discorso simile vale per lo sport ad esempio, un mondo in cui pure è in corso un dibattito sulla possibilità di permettere alle atlete trans di competere contro le donne 'cisgender', cioè quelle il cui genere e il cui sesso biologico coincidono. Se dal punto di vista ideale può sembrare una cosa giusta, proprio per le pari opportunità, da punto di vista biologico è assolutamente il contrario delle pari opportunità. Perché lo sport è una competizione fisica e al di là del genere in cui ci si riconosce, il corpo di un uomo sarà sempre più forte di quello di una donna, per questo lo sport si divide tra femminile e maschile, non certo per questioni di discriminazione.

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