Perché gli amici di Putin, come Berlusconi, sono un problema a casa nostra
Con il suo abbraccio alla Cina, Vladimir Putin si avvia verso l'ultimo capitolo della sua vita: da zar a vassallo del nuovo impero d'Oriente, il passo può essere davvero breve. Ne sappiamo qualcosa noi italiani che per aver dato fiducia nel nostro piccolo al Partito comunista di Pechino, mentre loro negavano la pericolosità del virus e sanzionavano i medici di Wuhan che avevano dato l'allarme, siamo finiti per primi al mondo nelle fauci della pandemia cinese.
Quello che stupisce però è vedere quante siano in Europa e anche in Italia, a cominciare da Silvio Berlusconi, le persone che ancora oggi si fiderebbero delle fauci di Putin. La discussione non è esattamente da bar o da social perché viviamo in una democrazia. E il consenso popolare in una democrazia è alla base delle scelte politiche di un Paese: cosa accadrebbe se quelle persone esprimessero una futura maggioranza?
Sudditi di Xi Jinping
Rivedremmo quello che è successo tra il 2018 e il 2020 quando, per ragioni economiche e per carriere personali, Movimento5Stelle, Lega e Pd si sono offerti in due governi distinti alla dittatura del presidente Xi Jinping? Davanti a Vladimir Putin, questa sudditanza sarebbe però ancor più pericolosa. Non soltanto perché metterebbe fuori gioco la politica estera italiana, ma anche perché il presidente russo non ha oggi le capacità e la razionalità dei colleghi cinesi. E, tra l'altro, vive chiuso in un tempo che in tutta Europa è finito, il 9 novembre 1989, con la caduta del muro di Berlino.
IL NUOVO MONDO MULTIPOLARE - di Serena Console
Il 24 febbraio si ricorda il primo anniversario dell'attacco ordinato da Putin all'Ucraina. Ma anche questa è una distorsione della realtà: le forze speciali russe sul territorio ucraino c'erano già nel 2014, quando dal 23 febbraio al 19 marzo è stata completata l'annessione della Crimea ed è cominciata la guerra in Donbass. La Russia tentava così di sedare, secondo il tipico manuale sovietico, la maggioranza della popolazione ucraina che chiedeva un avvicinamento all'Unione Europea. In quel periodo, è vero, ci sono stati crimini e violenze da entrambe le parti: "Dio che cosa schifosa è la guerra. Dev'esserci qualcosa di sbagliato nel cervello di quelli che si divertono a fare la guerra, che la trovano gloriosa ed eccitante. Non c'è nulla di glorioso, nulla di eccitante. È una sporca tragedia", scriveva in Vietnam nel 1968 la grande giornalista, Oriana Fallaci. Parole che valgono anche oggi. Ma non ce ne siamo occupati.
Dalla Germania all'Italia, il gas russo muoveva le nostre industrie, riscaldava a buon prezzo le nostre case, arricchiva l'oligarchia che affittava ville tra Forte dei Marmi e la Costa Smeralda e in Europa comprava squadre di calcio. Non ce ne siamo occupati nemmeno quando nel 2004 il futuro presidente ucraino Viktor Juščenko veniva intossicato con la diossina. Nemmeno quando il 7 ottobre 2006 a Mosca facevano assassinare la giornalista Anna Politkovskaja. Nemmeno quando il 23 novembre 2006 a Londra uccidevano il dissidente Aleksandr Litvinenko, ex agente segreto russo, avvelenato con un isotopo radioattivo del polonio. E nemmeno quando il 4 marzo 2018 a Salisbury, sempre in Inghilterra, rischiarono di fare la stessa fine l'ex colonnello Sergej Skripal e la figlia, contaminati con gas nervino insieme con ventuno cittadini britannici. Abbiamo chiuso gli occhi perfino quando il Cremlino ha fatto arrestare giovani manifestanti e leader dell'opposizione, come Aleksey Navalny e Ilya Yashin.
Nostalgici dell'Unione Sovietica
In tutti questi anni l'Ucraina per gran parte degli europei occidentali, italiani compresi, è stata la terra d'origine di grandi donne emigrate, che con le loro rimesse hanno fatto crescere e studiare un Paese affamato dal comunismo sovietico: ma che noi abbiamo chiamato semplicemente badanti. Secondo questo punto di vista, ucraine e ucraini avrebbero dovuto lavorare sodo, ma non disturbare gli equilibri internazionali consolidati dalla fine della Guerra fredda. Sarebbero dovuti, in altre parole, rimanere sudditi di Mosca dove gli anziani, i nostalgici dell'impero sovietico come Putin, decidono sulla pelle dei loro giovani. L'esatto contrario di Kiev, dove sono soprattutto i giovani a rivendicare e a costruire un futuro europeo e libero.
COME LA GUERRA HA CAMBIATO LA NATO - di Tommaso Lecca
Vladimir Putin aveva gli strumenti diplomatici e politici per far valere la sua visione del mondo: sulla collaborazione delle forze armate ucraine nelle esercitazioni con la Nato, sul desiderio di Kiev di aderire all'Unione Europea, sulla protezione delle minoranze russofone fuori della Russia. Ha invece scelto la guerra e, della guerra, la versione più odiosa: quella del terrorismo di Stato. Prima con le forze speciali senza mostrine. Oggi con i missili e i droni lanciati per abbattere scuole, ospedali, condomini, come è accaduto in questi ultimi dodici mesi. Ogni opinione è legittima. Ma affermare che, sull'invasione dell'Ucraina, Putin ha ragione è come condividere il massacro di migliaia di innocenti, le esecuzioni di civili, le fosse comuni.
La vodka di Silvio Berlusconi
L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali, sancisce l'articolo 11 della nostra Costituzione. Ma non ripudia la difesa. Anche perché l'articolo 51 della Carta dell'Onu stabilisce che “nessuna disposizione del presente Statuto pregiudica il diritto naturale di autotutela individuale o collettiva, nel caso che abbia luogo un attacco armato contro un membro delle Nazioni Unite”.
COS'È IL PIANO DI PACE CINESE - di Serena Console
Questi sono i binari su cui si sono mossi i governi di Mario Draghi e oggi di Giorgia Meloni. La stessa strategia tracciata dagli Stati Uniti e dall'Unione Europea: aiutare il presidente Volodymyr Zelensky a difendere l'Ucraina, senza però dare l'alibi alla Russia di un intervento diretto dell'Alleanza atlantica.
La guerra è una schifezza, ma cos'altro potevano fare i governi occidentali? Brindare con le venti bottiglie di vodka che Berlusconi ha accettato come regalo da Putin per il suo compleanno? Voltarsi dall'altra parte, consegnando alla Russia quarantatré milioni di ucraini, sei milioni di moldavi, poi magari anche Estonia, Lettonia e Lituania? In questi ultimi giorni, con la visita del presidente americano Joe Biden a Kiev e Varsavia e dell'inviato cinese Wang Yi a Mosca abbiamo visto l'embrione del nuovo mondo a blocchi che sta per nascere. Da una parte gli Stati Uniti con i loro alleati. Dall'altra la Cina, non la Russia. E forse questa non è ancora una brutta notizia. Perché, al di là delle dichiarazioni da nuova guerra fredda, l'economia globale cinese ha bisogno di pace e commerci. E Putin, che sul fronte ucraino ha finora pagato il prezzo d'immagine più alto, sa che non può smentire il suo “amico senza limiti” Xi Jinping. Proprio per questo se anche il piano cinese dovesse fallire, la fine della guerra sarebbe davvero più lontana.