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Martedì, 21 Marzo 2023

L'editoriale

Roberta Marchetti

Giornalista

La ridicola polemica su Zelensky a Sanremo

Sanremo, la settimana della musica e delle polemiche. Fa parte del gioco. Viene quasi da pensare che nel contratto di ogni direttore artistico disposto a trainare l'enorme carrozzone Rai ci sia anche la clausola sulle critiche, da incassare e gestire con aplomb. Per Amadeus questo è il quarto anno consecutivo alle prese con artisti da scegliere e canzoni da lanciare, ma anche con gatte da pelare non indifferenti. Quella su Zelensky a Sanremo, però - a onor del vero - bisogna dire che se l'è trovata in casa senza neanche accorgersene. È stato Bruno Vespa ad accogliere la proposta del presidente ucraino, che in occasione del viaggio a Kiev del conduttore di Porta a Porta per intervistarlo ha espresso il suo desiderio di essere in qualche modo presente a una delle cinque serate del Festival. Insomma, l'ex attore - diventato tre anni dopo la sua elezione a Palazzo Mariinskij simbolo della resistenza ucraina - si sarebbe autoinvitato, ma ha trovato le porte aperte. 

Apriti cielo. La presenza di Zelensky a Sanremo, che interverrà durante la finale di sabato con un video messaggio registrato, ha scatenato una feroce reazione più che bipartisan. E già questo fa riflettere, considerando che di fatto si sta criticando l'intervento di un paio di minuti del presidente di un Paese aggredito che stiamo aiutando a difendersi dall'inizio del conflitto, ormai un anno fa. Praticamente come fare un regalo a qualcuno e poi offendersi per il suo grazie. Suona come una beffa, poi, che a bacchettare la Rai per questa decisione ci siano anche esponenti politici che hanno prima sostenuto e poi prorogato l'invio di armi in Ucraina, come Carlo Calenda. Insomma, tutto molto coerente. "Un errore combinare un evento musicale con il messaggio del presidente di un paese in guerra" ha detto il leader di Azione e della stessa opinione sono Giuseppe Conte, Matteo Salvini - che dice di voler ascoltare solo le canzoni semmai avrà dieci minuti di tempo - Gianni Cuperlo, Alessandro Di Battista. La polemica su Zelensky però non è soltanto politica e il leitmotiv è sempre lo stesso. "C'è in tutto questo un retrogusto amaro" ha detto Alfonso Signorini (sì, quoque Signorini, conduttore del Grande Fratello Vip) e restando a Mediaset ma spostandoci ai vertici, anche Pier Silvio Berlusconi si è detto contrario, forse spaventato più dal risvolto ascolti (visto che quest'anno ha deciso di fare controprogrammazione durante la settimana sanremese) che da una questione morale: "Si parla di morti, cosa c'entra Sanremo?". Per rispondere all'ad Mediaset - e ai tanti ricorsi a questa inquisizione - Sanremo negli ultimi anni ha dimostrato di essere più di una manifestazione canora, certamente un fenomeno culturale oltre che uno show televisivo. Ed è proprio questo, a pensarci, lo stesso motivo di tante polemiche: la capacità di fare da cassa di risonanza, il potere di veicolare messaggi, la vetrina di e per un Paese intero. Tanto che se una canzone parla di libertà sessuale, ancora oggi ci si spacca a metà tra chi invoca la censura con i forconi (vedi il recente caso Rosa Chemical) e chi tira un sospiro di sollievo per l'emancipazione finalmente raggiunta. Dunque, tornando a Zelensky e alla sua "inopportuna" e "stridente" testimonianza sulla guerra, perché non si dovrebbe permettere un momento di riflessione su un drammatico evento storico che sta interessando tutti? E per fortuna non da vicino come il popolo ucraino. Se l'unica funzione di Sanremo è davvero quella di promuovere esclusivamente la musica, allora non ci dovrebbe essere neanche motivo di polemizzare sul contenuto di una canzone. 

A dimostrazione che il Festival non è "solo canzonette" ma ha assunto sempre più un ruolo sociale da almeno vent'anni a questa parte, ci sono diversi esempi di come la politica e anche la guerra abbiano già fatto capolino all'Ariston, ad esempio quando Fazio nel '99 ospitò l'ex presidente dell'Urss Gorbaciov che grazie alla Perestroika contribuì alla fine della guerra fredda. Quella di Zelensky, al contrario, sarebbe una "propaganda bellica" sostiene più di qualcuno, ma considerando che il video messaggio (che durerà un paio di minuti e verrà trasmesso dopo l'esibizione di tutti e 28 i brani, sabato 11, dunque a serata più che inoltrata) sarà controllato preventivamente dalla Rai, c'è motivo di credere ad Amadeus quando dice che sarà un messaggio di pace. E certamente non potrà essere peggio della propaganda sciorinata dal Ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov a Zona Bianca, su Rete 4, lo scorso maggio, con tanto di dichiarazioni negazioniste. O quello andava bene perché lì non si paga il canone? Altra gettonatissima solfa di questi giorni. 

C'è un altro punto che non torna in questa ridicola polemica. I due pesi e le due misure sugli interventi di Zelensky, applaudito all'unanimità (con tanto di standing ovation) in Parlamento poco meno di un anno fa e adesso criticato ancora prima di aprire bocca al Festival di Sanremo, senza contare le decine di partecipazioni del presidente ucraino nell'ultimo anno, dalla Mostra del Cinema di Venezia fino a Cannes e i Golden Globes. Contesti diversi? Forse, anzi certamente. Ma accendere i riflettori su una vicenda così importante non può essere opinabile, a prescindere dal palcoscenico che si usa per farlo. Senza considerare che i palinsesti televisivi hanno campato per mesi sul racconto della guerra e questo oltre i tg e i programmi di approfondimento. Non saranno quindi una manciata di minuti all'interno di un Festival che è il principale evento mediatico italiano - e il più famoso all'estero - a far insorgere nostalgici guerrafondai o a offendere la sensibilità del popolo ucraino, figuriamoci quella di chi la guerra la osserva da dietro uno schermo. 

Il caso Zelensky fa acqua da tutte le parti, anche la tesi per cui si sfrutterebbe una tragedia simile in favore dell'audience non regge più di tanto. È difficile pensare che un breve video messaggio mandato in onda a mezzanotte inoltrata possa davvero ribaltare le sorti di uno show televisivo che dopo cinque serate avrà già fatto i suoi numeri. Insomma, basta mettere insieme pochi puntini per capire che si tratta di una polemica sterile, utile più a chi la solleva. È pur sempre Sanremo.

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