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Giovedì, 25 Aprile 2024
Lavoro

Alle pmi del triveneto piace il temporary management

Il punto in un evento organizzato da Aidp-Andaf-Iim Institute Of Interim Management


Milano, 19 ott. (Labitalia) - Il temporary management è utile e piace alle pmi del triveneto per aiutarne crescita, sviluppo e uscita dalla crisi pandemica. E piace anche alla banche che lo vedono come potenziale alleato e facilitatore di un migliore rapporto con la piccola e media imprenditoria. Se ne è discusso oggi nell'evento organizzato da Aidp, Andaf e Iim Institute of interim management moderato da Filiberto Zovico di Italy Post.


Secondo Confindustria e Cerved, molte pmi, che oggi hanno rating non critici (esempio B, BB e BBB), intravedono la possibilità di default, la cui probabilità media salirebbe dal 4,9% al 6,8% in quasi tutti i settori, con un pesante impatto sistemico sulle banche e sul loro portafoglio.


Questo scenario riporta in primo piano due aspetti critici delle nostre pmi: sottocapitalizzazione e sottomanagerializzazione. Quest’ultimo in particolare viene spesso richiamato: dal Comitato di Vittorio Colao a Carlo Bonomi (Confindustria), al Forum della Meritocrazia che auspica la fine delle 'scorciatoie' manageriali nelle pmi.


Per Maurizio Quarta (Temporary Management & Capital Advisors) "le competenze manageriali sono il baricentro del triangolo, specie alla luce del temuto default sistemico. Il temporary management è strumento ottimale, e principale motivo di utilizzo, per portare nelle pmi competenze di alto livello, immediatamente operative e in tempi molto brevi, con la capacità di operare in contesti straordinari. In questo modo si accresceranno le capacità delle persone in azienda, che saranno in grado di fare le stesse cose meglio di prima oppure di farne di nuove”.


Lo strumento, nella declinazione part time/fractional, è accessibile anche alle aziende più piccole; l’accattivante metafora del tap manager di Paolo Gubitta (Cuoa) ne delinea i tratti di base: "se il temporary manager per un periodo si dedica in modo esclusivo ad un’impresa, come organo continuo (full time) e temporaneo, il fractional manager si configura come organo discontinuo (part time) e tendenzialmente permanente (la collaborazione è continuativa perché collegata ad attività ordinarie), senza però confondersi con la consulenza".


Come spiega Angela Montanari (yourCFO), il manager "ha più clienti e struttura la sua agenda in base a mirate presenze verticali (esempio una giornata intera) oppure orizzontali (esempio tutte le mattine)".


Il valore per le pmi è molto elevato. Commenta Stefano Marabotto (Consorzio Rete innovativa Regione Veneto Innosap): "nel biennio 2020-21 ci concentriamo sull'approfondire il ruolo trasformativo del temporary manager, in grado di guidare processi chiave per lo sviluppo del comparto Agrifood: la transizione verso l’agricoltura 4.0; la promozione, anche attraverso tracciabilità e blockchain, di sistemi di produzione innovativa; la strutturazione di adeguate competenze professionali ed organizzativo-gestionali; strategie di internazionalizzazione diversificate ed efficaci; la promozione di formule di economia circolare".


E le banche? Ritorna il concetto di bancabilità del temporary management, ovvero la possibilità che le banche finanzino progetti di TM in aziende clienti (specie pmi), e in situazione di crisi. Secondo Andrea Berna (Banca Ifis) tutto si gioca sui termini fiducia, credibilità e trasparenza e invita le pmi a riflettere: "sull’l’importanza del management nell’impostare un confronto trasparente e costruttivo con la banca. E' fondamentale la capacità di raccontare l’impresa, attraverso informazioni hard e soft. E quindi bilancio ma anche business plan credibili e realizzabili".


Fondamentale infine "la capacità di instaurare con la banca un dialogo trasparente sin dalla prima richiesta di finanziamento, evidenziando i punti di forza ma anche gli eventuali problemi, prima che sia la banca a trovarli".


Utilizzare bene un temporary manager richiede un cambio mentalità. Secondo Maurizio Castro (Gruppo ACC), "i cambiamenti generati dall’emergenza epidemiologica sono imponenti e determinano già la necessità di una profonda mutazione di molti paradigmi strategici per le imprese impegnate nella competizione internazionale, anche e soprattutto se medio-piccole (esempio la rimodulazione delle catene di fornitura, ritorno alle economie di scala e all’integrazione verticale dei processi, espansione di forme di prestazione lavorativa non tradizionali, relazioni industriali ricomposte in chiave partecipativa)".


Per Castro "Questo scenario esige un approccio radicalmente nuovo da parte della pmi italiana, soprattutto quella nordestina a vocazione familiare, con un viraggio vigoroso dalla consuetudinaria concezione 'proprietaria' dell’azienda a una nuova e scandita concezione 'istituzionale' e competenze tecnico-gestionali articolate e sofisticate tipiche di un management esperto e internazionalizzato. Si rende dunque urgente e necessaria una alleanza sul campo tra ceto imprenditoriale e ceto manageriale, nella comune consapevolezza di essere insieme, e solo insieme, ceto dirigente che agisce nell’interesse generale del Paese".


Per Barbara Targa (EXS Italia), "la scelta di un manager/leader è un investimento fondamentale per il successo di un’azienda. Per un intervento di successo è necessario 'unire i puntini' tra l’azienda e il leader che accompagna al cambiamento, alla cui scelta si arriva utilizzando una metodologia proprietaria, l’ausilio di algoritmi matematici, approccio scientifico ed esperienza dei consulenti, valutando competenze tecnico/professionali e manageriali/di leadership e caratteristiche personali".


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