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Venerdì, 29 Marzo 2024
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Coronavirus: geometri fiscalisti, 43,5% lavora da casa ma 48% preoccupato per ripresa


Roma, 30 mar. (Labitalia) - Smart working (43,5%), preoccupazione per la ripresa (48%), timore di non far fronte alle spese correnti (38,9%), difficoltà a progettare il futuro (solo il 14,2% sta pensando a nuovi servizi per i clienti). Questi sono i fattori principali che emergono da una survey condotta via internet da Agefis, l’Associazione dei geometri fiscalisti, cui hanno partecipato in poche ore quasi 3.000 geometri e professionisti operanti per lo più nel campo immobiliare e fiscale.


“La situazione presente è oggettivamente complessa e imprevedibile, e senza dubbio ha preso in contropiede molti professionisti, ma le risposte dei partecipanti alla survey evidenziano una qual certa fragilità che non deve essere trascurata, sia in termini progettuali, sia in termini di solidità economica”, commenta Mirco Mion, presidente di Agefis. “Oltretutto - sottolinea - si tratta di conclusioni che ritengo valide anche in termini generali per molti professionisti, non solo nel campo dei geometri e/o della fiscalità immobiliare - aggiunge Mion - Pur con tutte le incertezze del caso, penso di poter affermare che, per pensare di uscire bene dalla crisi che dovremo affrontare, occorre uno scatto in più”.


Anche se il governo non ha chiuso espressamente le attività professionali, nove su dieci, tra coloro che hanno risposto alla survey, hanno chiuso lo studio. Di questi, il 43,5% lavora da casa, il 23,7% ha scelto di lavorare comunque in studio, pur avendolo interdetto al pubblico, e il 22% non lavora. Permane un 10,7% di geometri che afferma di aver meramente ridotto le modalità di apertura dello studio. La percezione della situazione presente: impatto economico ‘sicuro’ per il 73,3%. Dalle risposte fornite alla survey lanciata da Agefis, emerge una diffusa situazione difficoltà ad affrontare il momento presente. Solo il 13,1% dei partecipanti dichiara di non stare sperimentando alcuna criticità. Tra gli altri, la prima difficoltà è costituita dalla difficoltà di concentrazione (57,3%). Seguono aspetti di ordine tecnico-pratico: i problemi di comunicazione con clienti e collaboratori (39,7%) e i problemi con internet e i mezzi digitali (22,8%).


“Si tratta - commenta Mirco Mion - di un’evidenza da non sottovalutare. Esiste certamente un profilo psicologico di preoccupazione, ma ci sono anche oggettive carenze infrastrutturali a livello digitale”. Nel barometro della preoccupazione, quella per il lavoro è più intensa di quella per la salute (48% contro 44,7%). Il divario non è estremamente marcato, ma indicativo. Il 73,3% ritiene che ‘sicuramente’ l’attuale contingenza sanitaria si riverbererà sull’attività economica; quota che si incrementa fin oltre il 90% cumulando chi ritiene che ‘probabilmente’ accadrà (23,3%). Il maggior tempo a disposizione, viene impiegato in oltre la metà delle situazioni per svolgere lavori arretrati (54%). Importante anche l’incidenza di quanti che stanno utilizzando il tempo per riordinare lo studio e l’archivio (39,1%) e per frequentare corsi online (33,5%). Internet ha sorpassato la televisione come principale fonte di informazione (79,8% contro 71,6%). Di converso, la platea della survey non pare affidarsi in modo così preponderante ai social network, consultati solo dal 31,5%.


Il maggior timore emergente in relazione a quando sarà finita l’emergenza è quello di non riuscire a sostenere le spese correnti (38,9%), ma registrano una forte incidenza anche due possibili concause dell’incapacità di sostenere tali spese: il timore di non riuscire a incassare i crediti dei lavori già fatti (31%) e di non avere nuovi incarichi (24,7%). Scarsa appare la progettualità legata a nuovi servizi da offrire alla clientela, su cui opera solo il 14,2% dei risponditori. Per la restante parte, il 28% non si è ancora organizzato in alcun modo e il 57,8% sta smaltendo lavori arretrati. Traspare parimenti incertezza sulle modalità lavorative che saranno attuate dopo l’emergenza, poiché il 48,8% non è sicuro se metterà in atto misure di contenimento dei contatti con clienti e collaboratori.


“L’incertezza sulla gestione dei profili igienico-sanitari - spiega Mion - è sicuramente comprensibile e anzi logica, in una fase ancora incerta come quella attuale sotto il profilo epidemiologico. Lascia perplessi e preoccupati, invece, il tasso di incertezza in relazione ai profili progettuali successivi all’emergenza”. Sotto questo aspetto, aggiunge, “ritengo importante che tutti gli operatori istituzionali offrano il giusto supporto di competenze agli iscritti, in modo da aiutarli in una operazione di riconfigurazione delle proprie attività che potrebbe rivelarsi inevitabile”. Per sostenere la prima fase di ripresa dopo l’emergenza, il 65,3% dei partecipanti alla survey preventiva un utilizzo dei propri risparmi. L’autofinanziamento prevale di gran lunga sull’ipotesi del ricorso a un prestito (35,1%) e dell’affidamento ai sostegni di terzi (23,5). Non raggiunge il 10% la quota di quanti stimano che non avranno bisogno di supporti finanziari.


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