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Venerdì, 19 Aprile 2024
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Federmanager: sostenibilità non è un costo ma fa crescere profitto e reputazione


Roma, 19 nov. (Labitalia) - La sostenibilità non è un costo, ma un investimento che genera profitto. Ed è sempre più essenziale per le aziende, in termini di crescita e posizionamento sul mercato. Questa è l’opinione del campione di 1.121 tra dirigenti, quadri e professionals, iscritti a Federmanager, interrogato dalla survey 'La sfida della sostenibilità competitiva', condotta dall’Osservatorio 4.Manager, tra il 28 ottobre e il 10 novembre 2020, e presentata durante il web talk 'Il valore della sostenibilità. Profitto, concorrenza e reputazione d’impresa', organizzato da Federmanager con 4.Manager e Esgr. Per 2 manager su 3 infatti una crescente evoluzione delle aziende verso criteri e certificazioni di sostenibilità può contribuire a una maggiore competitività delle stesse, con un consequenziale aumento dei profitti e una maggiore attrattività nei confronti della clientela e per l’accesso ai finanziamenti. Uno sviluppo sostenibile, insomma, ha impatti positivi evidenti sulla reputazione delle imprese.


Dall’indagine emerge inoltre un consolidamento della cultura aziendale orientata alla sostenibilità: secondo il 66% degli intervistati, la sostenibilità non va percepita come un costo; è invece considerata un investimento strategico per rispondere ai competitor internazionali. Ma i risultati della survey dicono qualcosa di ancor più chiaro: secondo i manager l’impresa deve essere sostenibile per esistere. Anche nel futuro immediato, è questa la via per avere aziende più sicure e resilienti. Tra i rischi di una mancata sostenibilità, infatti, i manager individuano innanzitutto la possibilità concreta di subire forti limitazioni operative, per normative che diverranno via via più stringenti, e di non riuscire ad avere uno spazio sul mercato (rispettivamente per il 70% e per il 61% del campione). Interrogati su quali siano i temi più urgenti per favorire un processo di sviluppo sostenibile, gli intervistati hanno definito le loro priorità. Al primo posto l’accesso ad una istruzione di qualità (con un indice di urgenza del 65%, che arriva al 67% nel cluster delle aziende reattive). E' la formazione quindi il piatto su cui puntare per creare competenze in grado di guidare il cambiamento imposto dai paradigmi della sostenibilità.


Seguono tematiche più tipicamente green come la necessità di intervenire per la riduzione delle emissioni per contrastare il cambiamento climatico (61%) e l’importanza di una corretta gestione del ciclo dei rifiuti (51%). Nell’opinione dei manager, poi, emerge la rilevanza di interventi di tipo sociale, come il contrasto della corruzione amministrativa (61%) e un’efficace assistenza sanitaria territoriale (57%). A queste segue una serie di altre priorità, inerenti temi di natura ecologica (il 40%, ad esempio, ritiene urgente occuparsi dell’accesso all’energia e della crescita delle fonti rinnovabili), di inclusione sociale, di sicurezza delle condizioni di vita e di crescita economica, a riprova del fatto che lo sviluppo sostenibile è un processo multifattoriale, ottenibile solo con un miglioramento sinergico di tutti gli ambiti del sociale: economico, ambientale, relazionale e culturale.


Ma chi deve avviare questo percorso virtuoso di sviluppo sostenibile? Tra gli attori della sostenibilità sono istituzioni europee e governi nazionali ad assumere il ruolo di primi motori (rispettivamente per il 65 e il 64% degli intervistati). Per 1 manager su 2 si tratta di una grande sfida globale che o si vince con l’aiuto di tutti o si perde. Quindi, il mondo produttivo, per bocca dei suoi rappresentanti non intende affatto sottrarsi alle proprie responsabilità: le risposte imprese e tutti insieme oppure questa sfida è persa occupano rispettivamente il 3° e 4° posto di questa graduatoria.


Se c’è bisogno di Europa e di lavorare insieme per il presente e il futuro del continente, l’indagine ha interrogato i manager su quale debba essere l’agenda da rispettare nell’impiego delle risorse previste da Next Generation Eu. Per il 71% degli intervistati, bisogna investire innanzitutto su una “digitalizzazione avanzata della pubblica amministrazione e dei servizi, compresi i sistemi giudiziario e sanitario, quest’ultimo messo duramente alla prova negli ultimi mesi dall’emergenza Covid.


Al secondo posto (53%), in piena sintonia con la priorità assoluta dell’accesso a un’istruzione di qualità, i manager desiderano un adattamento dei sistemi educativi che supporti le competenze digitali, con una formazione educativa e professionale per tutte le età. Tra le altre aree priorità di impegno, si nota infine quanto sia forte il desiderio che all’innovazione si accompagni la sostenibilità ambientale, come emerge dall’importanza attribuita agli investimenti su energie pulite per mobilità e trasporti (49%) e agli incentivi per l’efficienza energetica e lo sviluppo di rinnovabili nei processi produttivi (48%).


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