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Giovedì, 25 Aprile 2024
Lavoro

Fondirigenti, per 85% cambi governance fanno bene a economia locale

Ricerca realizzata sul territorio di Reggio Emilia dal Cis, la Scuola per la gestione d’impresa che fa capo alla Confindustria di Reggio Emilia


Roma, 4 feb. (Adnkronos/Labitalia) - Acquisti, cessioni, fusioni, in una parola i cambi di governance, fanno bene all’economia locale. E’ questo il giudizio dell’85% degli imprenditori e manager che hanno partecipato alla ricerca 'Governance Change' di Fondirigenti, realizzata sul territorio di Reggio Emilia dal Cis, la Scuola per la gestione d’impresa che fa capo alla Confindustria di Reggio Emilia. I risultati della ricerca e le principali conclusioni emerse dai laboratori sul tema del cambio di governance vengono presentati in occasione dell'evento finale del progetto 'Modellizzazione dei processi di cambio governance aziendale', che si tiene questo pomeriggio.


L’idea da cui è partito il progetto è la ricerca e la conseguente proposta per individuare nuove strade per il cambio di governance teso a supportare continuità e sostenibilità sia del soggetto impresa, sia del capitale umano ad esso legato e al territorio su cui si è radicato e sviluppato. L’indagine è stata condotta in particolare su un gruppo di imprese, quasi tutte oggetto di acquisizione, ma è stata arricchita da una serie di 'focus group' realizzatosi nel novembre del 2020, che ha coinvolto una ventina fra imprenditori e manager di primo livello, e fra questi anche rappresentanti di imprese acquirenti. Va inoltre sottolineato che in tutte le realtà esaminate è stato mantenuto il livello occupazionale preesistente, senza operare tagli.


“'Governance Change' - sottolinea Costanza Patti, direttore generale di Fondirigenti - è una delle iniziative strategiche 2020, progetti definiti sulla base delle esigenze dei territori. Dal 2017 ad oggi l’investimento del Fondo su temi vitali per il futuro del Paese è pari a oltre 55 milioni di euro, tra iniziative strategiche e Avvisi. Il cambio di governance - aggiunge Patti - rappresenta per le piccole e medie aziende italiane un aspetto così decisivo da determinarne in molti casi la sopravvivenza, ed è di assoluta importanza che venga attuato con strategie oculate, come suggerisce questa ricerca”.


Le operazioni di fusioni, cessioni, acquisti, si legge nella ricerca, “costituiscono un’importante fonte di dinamismo per il tessuto industriale locale, uno stimolo alla trasformazione di modelli organizzativi tradizionali e a volte obsoleti, una risorsa per affrontare i mercati globali con la forza necessaria” e comportano “un aumento delle responsabilità del manager”. Naturalmente, fra gli imprenditori che hanno abbracciato il progetto, c’è anche chi ha comunicato esperienze di segno negativo, caratterizzate da “prepotenza culturale” dei nuovi partner o nuovi acquirenti, con uno scarso rispetto della specificità e dei punti di forza locali. Sotto questo aspetto, per quanto riguarda le cessioni a gruppi stranieri, mentre il “modello di incorporazione” anglosassone, ancor più nella versione Usa, tende a imporre le proprie soluzioni a livello globale, è sorprendente che a usare la “mano leggera” rispetto alla cultura aziendale locale siano i gruppi cinesi, con una forma di integrazione più strategica che strettamente operativa.


Il progetto si è realizzato in una regione, l’Emilia Romagna, particolarmente caratterizzata dai cambi di governance. Solo nel 2019 sono avvenute, infatti, circa 200 tra fusioni e acquisizioni, ovvero un quinto di tutte le operazioni realizzatesi in Italia, come sottolinea l’Osservatorio Econerre. Più cessioni all’estero che acquisizioni da parte di imprese regionali: tra i 'serial acquirers' si notano il gruppo Ima di Bologna e l’Interpump di S. Ilario d’Enza, mentre gli imprenditori stranieri più attivi sono gli americani (60 operazioni) i francesi (42) e le aziende del Regno Unito (33).


In Italia, invece, e stavolta è la rete di servizi professionali Kpmg a fornire il dato, vi sono state tra il 2010 e il 2019 ben 40 miliardi di acquisizioni estere da parti di aziende italiane e soltanto 16,6 miliardi di acquisizioni italiane di aziende straniere, anche se nel 2020, nonostante il Covid, il trend sembra essersi invertito.


Naturalmente, l’arrivo delle aziende straniere, motivato da difficoltà finanziarie, o di successione familiare, presenta anche aspetti problematici, per lo spostamento dei vertici decisionali, la distribuzione dei dividendi all’estero e altro ancora. Ecco perché le decisioni vanno prese con grande cautela, e la ricerca Fondirigenti - Cis fornisce nella sua parte finale un 'Tool kit', una cassetta degli attrezzi, sul come procedere, che è “il punto di forza del progetto”, come ricorda Costanza Patti.


Il primo passo è una raccolta di informazioni che permetta un’analisi equilibrata e documentata dell’operazione che si sta configurando, il peso delle parti, la presenza di risorse o competenze strategiche, il parere delle figure chiave aziendali, ma anche dei sindacati e delle autorità locali.


Risulta decisivo che il manager abbia una visione documentata su ogni aspetto (maggiori quote di mercato, economie di scala, integrazione di filiera), ma anche sulle proprie prospettive. Si può essere impegnati e protagonisti, o anche riluttanti e contrari. Vengono elencati gli atteggiamenti e le competenze per affrontare il cambiamento. Poi, la pianificazione delle diverse fasi. Tra formazione, alleanze, comunicazione e organizzazione concreta, il cambio può durare un anno. E il 'tool kit' elenca ben 11 tipi di manager coinvolti in qualche modo nel processo: dal 'protagonista' al 'convinto e promosso', dall’'outsider', al 'coloniale', dal 'nostalgico' al 'dissidente in uscita' e, infine, all’'inadeguato'.



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