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Mercoledì, 24 Aprile 2024
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Food: la monaca chef buddista Jeong Kwan, 'cucinare è creare con energia'


Roma, 27 mag. (Labitalia) - “Cucinare è un atto di nuova creazione che si svolge secondo la propria energia e capacità, è il creare qualcosa dal nulla. Il cibo, una volta mangiato ed entrato al mio interno, perde la sua forma ma ne ritrova un’altra. Durante questo momento, se tutti danno il proprio meglio e cercano di svuotare la propria anima, riescono a creare un collegamento fra loro e riescono a dialogare”. Così la monaca buddista della Corea del Sud, Jeong Kwan, protagonista della terza stagione televisiva ‘Chef’s Table’ su Netflix, descrive la sua 'cucina templare'. Una cucina che si basa in primis sul cibo che si consumava con i monaci più anziani la prima volta che si entrava al tempio, poi sui prodotti che reperisce con le proprie mani e, infine, sui cibi più consumati e ricordati dalle persone al di fuori del tempio.


La monaca, che si autodefinisce un’'esecutrice' e non una chef, è arrivata per la prima volta a Roma, ospite dell’Istituto culturale coreano, dove nei giorni scorsi ha fatto conoscere i segreti della cucina buddista nel corso di una serie di appuntamenti. L’intento dell’Istituto culturale coreano, infatti, è sempre stato quello di promuovere la cultura coreana in Italia e, questa volta, ha deciso di realizzare un evento unico per far conoscere la cucina templare di Jeong Kwan, considerata tra i migliori chef vegani e zen al mondo.


Nel suo monastero, l'eremo di Chunjinam, immerso in un parco naturale, Jeong Kwan segue i ritmi delle giornate e delle stagioni e porta così avanti la millenaria cultura culinaria dei templi buddisti in Corea e i dettami della cucina contadina e tradizionale.


La cucina vegana della monaca Jeong Kwan è semplice ed elegante, i gesti sono lenti e accurato è il modo in cui lei conserva gli ingredienti, li cuoce e li fa degustare. Fondamentale, per i buddisti, è infatti il 'Barugongyang', ossia il modo meditativo di mangiare tipico dei luoghi monastici, il cui nome deriva dalle ciotole di legno denominate baru. Mangiare, per la chef monaca, non è solo nutrirsi ma è un modo per riflettere sull’origine del cibo e di essere grati per la natura e le persone che ci donano i prodotti della terra.


Fra gli appuntamenti principali della settimana romana della monaca, la lezione speciale di cucina dei templi buddisti, i laboratori artigianali per realizzare fiori di loto in carta, uno dei simboli più iconici del buddismo, e stampe di incisioni di iscrizioni buddiste, e l'immancabile 'cerimonia Barugongyang', il rituale sacro con cui si mangia con gratitudine nei templi buddisti. A chiudere la settimana, una cena alla presenza del direttore dell'Istituto culturale coreano, Oh Chung Suk, dell'ambasciatore della Corea del Sud, Kwon Hee - Seog, del direttore del Teatro di Roma, Emanuele Bevilacqua, e della cantante lirica Sumi Jo.


Fra i piatti forti dell'esclusivo menu, porridge al sesamo nero e fagioli verdi, fritto di funghi e ginseng fresco, radice di loto sott'aceto, Kimchi di verdure di stagione, estratto di radice di campanula e pinoli, per finire con un dessert a base di snack di patate e di alghe (patata e alga nori in amido fritta) prodotti all'eremo Chunjinam; il tutto 'innaffiato' rigorosamente da tè, aromatizzato alla schisandra, agli aghi di pino o al fiore di loto 'che viene ad incontrare il vento'. E per chi fosse interessato a vivere un'autentica esperienza buddista, non resta che prenotare un 'Temple stay', un soggiorno in monastero buddista in Corea per vivere qualche giorno fianco a fianco con i monaci.


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