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Venerdì, 19 Aprile 2024
Lavoro

Pensioni: Cazzola, 'è sbagliata politica che fa rinunciare a lavoro per pensione misera'

L'esperto, "nostro è sistema a ripartizione, non basta assegno legato a contributi per renderlo sostenibile"


Roma, 5 feb. (Labitalia) - "E' sbagliata una scelta politica in base alla quale, in un contesto demografico in declino sul versante delle nascite e a fronte di un crescente invecchiamento della popolazione, ci si priva di chi avrebbe la possibilità di continuare a lavorare purché volontariamente scelga il pensionamento anticipato, anche a costo di incassare un assegno povero che non gli garantisca un reddito adeguato per i tanti anni che gli rimangono da vivere". Lo dice ad Adnkronos/Labitalia Giuliano Cazzola, esperto di previdenza a proposito della discussione in atto sulla riforma delle pensioni.


Governo e sindacati hanno infatti aperto i tavoli tecnici incaricati di approfondire i passaggi necessari per controriformare la disciplina introdotta, nel 2011, nel decreto Salva Italia dal ministro Elsa Fornero. E le posizioni in campo sembrano chiare, come spiega Cazzola che dice: "La posizione del governo è, grosso modo, quella espressa, in una intervista, dal presidente dell’Inps Pasquale Tridico, ossia che la flessibilità rispetto ai 67 anni va garantita, soprattutto se ragioniamo in termini di logica contributiva. Si fissa una linea di età per l’uscita, dice il presidente, poi il lavoratore deve essere libero di scegliere quando andare in pensione”.


Per quanto riguarda i sindacati invece, oltre a riproporre la separazione tra previdenza ed assistenza e ad aggiungere nella loro piattaforma sconti e benefici per la maternità e il lavoro disagiato, "non condividono -spiega Cazzola- un punto centrale di quelli proposti in ambienti governativi: che il calcolo contributivo, in caso di pensionamento anticipato, debba essere applicato anche ai periodi sottoposti, pro rata, al regime retributivo".


Ci sono poi, le osservazioni del Fondo Monetario internazionale che ci ha fatto notare, spiega Cazzola come "l'Italia abbia fatto più di molti altri Paesi per riformare il sistema pensionistico, generando risparmi sul lungo termine e che ci ha detto che comunque nei prossimi decenni la spesa dovrebbe aumentare notevolmente. La misura sperimentale quota 100 ha poi ulteriormente aumentato la spesa creando una discontinuità nell’età pensionabile’’. "In sostanza –dice Cazzola riportando l’opinione del Fondo– chi vuole andare in pensione prima (da noi si ipotizzano i seguenti requisiti: almeno 62 anni di età e 20 anni di versamenti contributivi) si accontenti di un assegno più ridotto".


Una linea che Cazzola non condivide. "Ammesso e non concesso che la linea, suggerita (meglio: tollerata) dal Fmi e approssimativamente condivisa dal governo, diventi l’ossatura della revisione della riforma Fornero, nessuno potrà mai sostenere che il sistema è in equilibrio. Questo stato di grazia, infatti, in un sistema finanziato a ripartizione (i contributi versati dai lavoratori attivi sono utilizzati per pagare le pensioni in essere) non basta che il trattamento erogato sia “collegato strettamente” ai contributi versati perché il sistema sia sostenibile".


"Infatti, i diritti maturati ora dai lavoratori attivi, verranno onorati dalle generazioni future, se saranno in condizione di farlo in base ai dati demografici, economici, retributivi e dell’occupazione", spiega Cazzola. "E’ persino banale dimostrare che una breve anzianità lavorativa (di 20 anni o poco più), interamente calcolata sulla base dei contributi versati e moltiplicata per un coefficiente corrispondente ad un’età anagrafica di 62 anni, non può che fornire una prestazione modesta, la quale finirà per essere integrata, fino ad un minimo legale, a carico dello Stato", conclude.


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