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Giovedì, 18 Aprile 2024
Lavoro

Problem solving e visione strategica soft skills future


Roma, 11 feb. (Labitalia) - Comunicare efficacemente, esercitare la leadership, problem solving e visione strategica: queste le soft skills da far emergere nel prossimo futuro. E' quanto emerge da una ricerca curata da Performance Strategies, azienda leader in Italia per quanto riguarda l’alta formazione aziendale, che ha analizzato i cambiamenti in atto attraverso l’analisi di alcuni specifici fattori di indirizzo, dando vita a un documento che rappresenta la sintesi dei principali elementi necessari alle imprese per ripartire, una volta superata la fase più acuta di questa crisi.


Secondo lo psicologo e psicoterapeuta Giorgio Nardone, "il cambiamento di gestione delle risorse umane, a causa degli effetti della pandemia sulle persone, imporrà nuovi stili di relazione, basati sulla messa in campo di interventi a beneficio dell’equilibrio emotivo di chi lavora in azienda, prima della sua produttività. Le esigenze formative delle imprese saranno non solo basate sulla necessità di acquisire nuove competenze tecniche, ma anche e soprattutto legate al supporto emotivo ai gruppi di lavoro, sempre più affetti dall’angoscia di un presente senza punti di riferimento".


Le aree più soggette al cambiamento, in relazione all’acquisizione di nuove modalità operative, secondo le imprese intervistate, sono marketing e comunicazione (30%), commerciale e customer care (19%), hr e training (18%), it e security (13%), produzione logistica e acquisti (11%), ricerca e sviluppo (9%), amministrazione e finanza (5%), affari istituzionali e legali (5%).


Ma come sarà il nuovo mondo cui stiamo andando incontro? Avrà ancora bisogno di sodalizi organizzativi, leader e gestione delle risorse? La risposta che emerge è positiva: finché ci saranno gruppi umani ci sarà bisogno di organizzazione e visione del lavoro (92%), desiderio di apprendimento, a tutti i livelli, (59%), urgenza di far fronte ad incertezza (35%) e preoccupazione (29%) da esorcizzare. Le percentuali si riferiscono al campione di aziende intervistate e riassume perfettamente il quadro dell’attuale percezione della realtà.


Sicuramente ci sarà tanto bisogno di leader capaci di 'curare', di essere presenti e vicini a dipendenti e clienti, come evidenziano le parole degli stessi intervistati, quando sostengono che garantire standard di serenità e fiducia, anche nei momenti più critici, è ciò che mantiene alto il livello della performance.


Gli imprenditori, i manager e in generale i leader dovranno creare visione (25%), profondere coraggio (19%), dare fiducia (18%), esprimere umanità (12%). Le aziende interessate dall’indagine prefigurano un imprenditore-manager-leader in grado di praticare il framing o il re-framing, vale a dire la capacità di guidare le percezioni individuali o sociali, mettendo in cornice dati, situazioni, eventi, ma soprattutto sapendo rimotivare e risignificare gli stessi, alla luce del tutto in cui si troveranno ad agire gli attori economici.


Secondo Giorgio Ziemacki, si tratta, in pratica, di dare un nuovo significato (sense-making) alla vita e al lavoro, coltivando abilità essenziali come gestire gruppi a visione limitata, sempre più diffusi in questo tempo di grandi turbolenze sociali ed economiche. Inoltre, di possedere stili di leadership e apprendimento capaci di leggere qualsiasi tipo di informazione e contestualizzare il tutto mettendolo in discussione, consapevoli che non esiste alcun paradigma permanente.


Tra le abilità da apprendere, i manager coinvolti evidenziano come fondamentale il capire in quale narrazione si è immersi per non subirla, ma sceglierla e viverla da protagonisti, spingere all’innovazione sostenibile e alla comunicazione trasparente, co-costruire le decisioni con una forte interazione in orizzontale e in verticale, per assicurare significatività alle azioni e coerenza valoriale, accrescere la consapevolezza di ciascun collaboratore, proseguire nei processi di engagement, comunicazione e digitalizzazione, rivedere le priorità di medio-lungo periodo, ridisegnando vision e mission.


La ricerca evidenzia poi il ruolo sempre più centrale che avrà la formazione nel processo di re-skilling di massa, spiega il sociologo Franco Amicucci, il quale pone quelle digitali fra le competenze più importanti da acquisire nei prossimi anni, ma non solo. I programmi formativi dovranno sempre più essere orientati a potenziare e migliorare le qualità della relazione con i propri collaboratori, come pure quelle con i clienti, mettendo al centro quei valori che generano fidelizzazione e che, insieme alle soft skills, favoriscono una maggiore agilità nei nuovi contesti lavorativi dominati da incertezza per il futuro e continua propensione al cambiamento.


Da sottolineare le modalità con cui la formazione verrà erogata: le aziende intervistate propendono per un tipo di formazione 'phygital', ossia fisica e digitale (59%), che consenta metodi di apprendimento nuovi e diversi. E' dunque facile prevedere che, una volta terminata l’emergenza, dopo una prima fase caratterizzata da bisogno di fisicità, relazione e contatto umano e dunque dall’organizzazione di eventi formativi in plenaria, vissuti come momento di festa e liberazione dopo mesi di distanziamento, ci si attesti sulla modalità phygital, più affine e complementare con le regole della nuova normalità.


"La formazione - dichiara Marcello Mancini, ceo e founder Roi Group - è sempre stata la chiave della crescita, in qualunque business, e lo sarà ancor di più in uno scenario le cui regole sono totalmente cambiate. Come imprenditore della formazione sono in contatto con tante realtà e mi rendo conto che mai come ora hanno bisogno di una guida, di un nuovo modo di pensare, di nuova energia operativa".


"Le risorse umane - spiega - rimangono il cuore di ogni impresa, ma se non sappiamo condurle al risultato, facendo emergere ciò che sanno fare al meglio delle loro possibilità, sarà tutto inutile. Imprenditori e manager dovranno rivedere il proprio modo di gestirle, lavorando su nuove competenze e nuove motivazioni".


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