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Martedì, 23 Aprile 2024
Salute

Gallo, 'è necessaria una legge per questo proporremo referendum'Gallo, 'è necessaria una legge per questo proporremo referendum'

'E' la prima volta in Italia dopo la sentenza della Corte Costituzionale'


Roma, 16 giu. (Adnkronos Salute) - Svolta sul fine vita. Per la prima volta in Italia un tribunale ha imposto a una Asl di verificare le condizioni di un paziente per stabilire se possa accedere al suicidio assistito. A riferirlo è l'associazione Luca Coscioni che si è battuta al fianco di Mario (nome di fantasia) perché gli venisse riconosciuto questo diritto in base a quanto stabilito dalla Corte Costituzionale nella 'sentenza Cappato-Dj Fabo'.


Mario ha 43 anni, abita in un paesino delle Marche e - riferisce l'associazione Coscioni - a causa di un grave incidente stradale che gli ha provocato la frattura della colonna vertebrale con la conseguente lesione del midollo spinale, è tetraplegico con altre gravi patologie da 10 anni. Le sue condizioni sono irreversibili. Il 28 agosto 2020 ha chiesto alla sua Asl di verificare la sussistenza delle condizioni enucleate dalla Corte Costituzionale per poter accedere al suicidio assistito.


A ottobre - spiega l'Associazione Coscioni - gli viene comunicato un diniego senza però che venissero attivate le procedure indicate dalla sentenza della Corte costituzionale. La 'sentenza Cappato-Dj Fabo' stabiliva infatti che per dar corso alle richiesta della persona interessata, in virtù di norme già in vigore nel nostro ordinamento, occorresse verificare da parte di una struttura pubblica del Ssn, previo parere del comitato etico territorialmente competente, il sussistere di 4 condizioni: che la persona fosse tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale; che fosse affetta da una patologia irreversibile; che la patologia fosse fonte di intollerabili sofferenze; che il paziente fosse pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli.


Ma la Asl ha negato persino l’attivazione delle procedure di verifica. Così, con i legali dell'Associazione Coscioni, Mario ha presentato ricorso di urgenza al Tribunale di Ancona, affinché venisse ordinato all'Asl la verifica delle sue condizioni. Ma il 26 marzo, il giudice del Tribunale ha confermato il diniego della struttura pubblica motivando che 'il Tribunale, pur riconoscendo che il paziente ha i requisiti che sono stati previsti dalla Corte Costituzionale nella sentenza 242/19 sul cosiddetto caso Cappato-Dj Fabo, afferma che 'non sussistono […] motivi per ritenere che, individuando le ipotesi in cui l’aiuto al suicidio può oggi ritenersi lecito, la Corte abbia fondato anche il diritto del paziente, ove ricorrano tali ipotesi, ad ottenere la collaborazione dei sanitari nell’attuare la sua decisione di porre fine alla propria esistenza; né può - proseguiva la sentenza - ritenersi che il riconoscimento dell’invocato diritto sia diretta conseguenza dell’individuazione della nuova ipotesi di non punibilità, tenuto conto della natura polifunzionale delle scriminanti non sempre strumentali all’esercizio di un diritto" .


Ma poi arriva la svolta. A seguito del reclamo presentato dai legali di Mario all’Ordinanza di diniego, i magistrati del Collegio del Tribunale di Ancona, dopo la discussione dell'udienza del 28 maggio in Camera di Consiglio, ne depositano una nuova in cui si ordina all’Azienda sanitaria unica regionale delle Marche di provvedere, previa acquisizione del relativo parere del Comitato etico territorialmente competente, ad accertare l'esistenza delle condizioni previste dalla Consulta. I giudici - sottolinea l'Associazione Coscioni - confermano quindi che Mario ha il diritto di pretendere che si effettuino gli accertamenti disposti dalla Consulta con sentenza 242/19, affinché l’aiuto che gli sarà fornito non sia reato ai sensi dell’articolo 580 del codice penale relativo al suicidio assistito. Dopo 10 mesi, Mario sarà finalmente sottoposto alla verifica delle sue condizioni che rendono non punibile l’aiuto al suicidio.


"Mario ci ha messo 10 mesi passando per 2 udienze 2 sentenze, per vedere rispettato un suo diritto, nelle sue condizioni. Non è possibile - afferma Filomena Gallo, segretario dell’associazione Luca Coscioni e coordinatore del collegio difensivo dell’uomo marchigiano - costringere gli italiani a una simile doppia agonia. Occorre una legge. Per questo a fronte di un Parlamento paralizzato e sordo persino ai richiami della Corte costituzionale - conclude Gallo - è necessario un referendum".


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