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Martedì, 23 Aprile 2024
Salute

Malattie rare: ematologo, contro emofilia terapia genica entro 2 anni


Roma, 7 ott. (AdnKronos Salute) - "E' ormai avanzata la ricerca della terapia genica dell'emofilia, una terapia in grado di 'guarire' il paziente emofilico in quanto ne induce la capacità di produrre il fattore carente. Ragionevolmente entro 2 anni dovrebbe giungere ai pazienti". Lo ha spiegato Sergio Siragusa, vice presidente della Società italiana di ematologia (Sie), professore ordinario di Ematologia e direttore dell'Uo di Ematologia del Policlinico di Palermo, oggi a Roma in occasione del 47° Congresso nazionale della Sie al via a Roma fino al 9 ottobre.


"La ricerca per la terapia dell'emofilia - ha ricordato l'esperto - ha subito negli ultimi anni una crescita vertiginosa, aprendo scenari del tutto nuovi ed estremamente vantaggiosi per i pazienti. Sinora la terapia si è basata sulla somministrazione del fattore carente (VIII o IX), per via endovenosa, circa 2-3 volte la settimana, secondo il fenotipo (sintomatologia) emorragico. La terapia tradizionale è effettiva nel ridurre il rischio di sanguinamento, ma richiede personale (anche familiare) addestrato alla somministrazione di farmaci endovena ed è particolarmente scomodo per i pazienti (specie i più piccoli), determinando un peggioramento della qualità di vita".


"La terapia genica - ha spiegato Siragusa - consiste nel trasferire, tramite un vettore virale, un gene codificato per il fattore in oggetto che, una volta 'attecchito' nelle cellule del ricevente, induce le cellule stesse alla produzione del fattore carente. I vantaggi sono ovvi. Innanzitutto il paziente riprende a produrre il fattore carente e quindi non ha più bisogno della terapia sostitutiva. Poi, avendo una coagulazione normale, non avrà più eventi emorragici. Di fatto non è più 'un paziente'. Nell'ultimo anno sono anche stati presentati i risultati ad interim di studi di fase I/II sull'emofilia A che hanno dimostrato che nel primo, secondo e terzo anno, rispettivamente il 71%, 84% e 86% dei pazienti non ha avuto alcun sanguinamento clinicamente rilevante".


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