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Giovedì, 28 Marzo 2024
Salute

Malattie rare: Mercuri (Gemelli), 'terapia genica sarà vera svolta in trattamento Sma'


Roma, 29 set. (Adnkronos Salute) - Fino a cinque anni fa una diagnosi di Sma era considerata una condanna perché la malattia non lasciava alcuna speranza. Oggi non è più così. Nuove opzioni terapeutiche consentiranno nel prossimo futuro di cambiare la storia clinica della patologia. E la terapia genica sostituiva rappresenterà la vera svolta. È quanto emerso oggi durante il webinar 'Atrofia muscolare spinale: storia clinica e rivoluzione terapeutica' organizzato da FamiglieSma, in collaborazione con l'Osservatorio Malattie Rare e con il contributo non condizionato di Novartis Gene Therapies. L'evento è stato l'occasione per fare il punto sulle attuali soluzioni terapeutiche nei confronti di una patologia neuromuscolare rara e complessa che rappresenta ancora oggi la prima causa genetica di morte infantile nel mondo. Colpisce circa 8-10 neonati su 100.000 nel nostro Paese, mentre in Europa ogni anno nascono circa 550-600 bambini con questa patologia che impedisce ai muscoli volontari del corpo di camminare, stare in piedi, sedersi, deglutire.


La Sma, infatti, attacca i motoneuroni, le cellule nervose che dal midollo spinale, inviano gli impulsi dal sistema nervoso centrale ai muscoli. "Ci sono tre forme di atrofia muscolare spinale – ha ricordato Eugenio Mercuri, direttore Unità operativa complessa Neuropsichiatria Infantile della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli Irccs - Nella Sma di tipo I, la forma più grave, l’esordio della malattia avviene nei primi sei mesi di vita, e compromette l’acquisizione delle capacità motorie, della respirazione e della deglutizione, per cui i bambini che ne sono colpiti non riescono a sopravvivere oltre i due anni senza un’assistenza respiratoria meccanica, poiché vanno incontro a difficoltà nel mantenimento delle funzioni vitali".


"Nelle altre forme di Sma, in particolare tipo II, i pazienti presentano un maggior numero di copie del gene Smn2, per cui l’esordio avviene in età leggermente più avanzata (tra i 6 e i 18 mesi di età) con una sintomatologia meno severa rispetto alla Sma di tipo I. I bambini riescono cioè a stare seduti anche se nella maggior parte dei casi non riescono a deambulare in maniera autonoma. L’aspettativa di vita in questo caso è estremamente variabile: con il trattamento opportuno, soprattutto per l'insufficienza respiratoria, la maggior parte dei pazienti sopravvive infatti oltre la vita adulta, pur non raggiungendo la deambulazione autonoma".


"Negli ultimi anni c'è stata una rivoluzione nel campo della Sma - ha aggiunto Mercuri - grazie a tre opzioni terapeutiche. Si tratta di farmaci che vengono somministrati in maniere diverse. Ma la terapia genica sostituiva rappresenta la vera svolta perché si propone di andare alla radice del problema, di affiancare al gene malato un gene in grado di produrre una proteina funzionale. Il primo studio pubblicato nel 2016 utilizzando la terapia genica su 15 bambini dimostrava che avevano una sopravvivenza maggiore ai 20 mesi, periodo in cui in altre condizioni solo l’8% sopravvive. La domanda è: aumentiamo solo la sopravvivenza di bambini che sono deboli, che non stanno seduti e hanno problemi respiratori? La risposta è no, perché oltre all’aumento della sopravvivenza nei bambini trattati abbiamo visto che gli stessi sono in grado di stare seduti da soli, cosa che prima non succedeva".


"Inoltre, un altro studio su bambini trattati prima della comparsa dei sintomi, ha evidenziato che non solo stanno in piedi e camminano ma raggiungono le tappe dello sviluppo simili a quelle dei loro coetanei che non hanno questa malattia rara. Siamo di fronte ad una rivoluzione terapeutica per l'atrofia muscolare spinale, poiché rispetto al passato stiamo assistendo all'arrivo di opzioni di trattamento che hanno dimostrato nei trial clinici di poter cambiare in maniera significativa la storia della malattia. È necessario però sottolineare come per il trattamento della Sma giochi un ruolo fondamentale la diagnosi precoce: tutti gli studi condotti su bambini pre-sintomatici infatti - conclude - hanno dimostrato che prima si interviene, maggiori sono le possibilità di avere una risposta più completa".


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