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Giovedì, 28 Marzo 2024
Salute

'Possibili consegne accelerate in situazioni gravi''Problema trovare Paesi disposti a comprarle''Molti Paesi tendevano a comprarne di meno''Senza quantità non eravamo interessanti per Pharma''Paesi sempre coinvolti in negoziati'

'Piazzarle è stato un problema, grati a chi le ha comprate'


Bruxelles, 23 mar. (AdnKronos Salute) - Il vero "problema" per quanto riguarda la distribuzione delle dosi di vaccini anti-Covid tra gli Stati membri dell'Unione Europea è stato il fatto che, quando la Commissione ha negoziato i contratti di acquisto anticipato con le compagnie, molti Paesi membri tendevano ad acquistare solo una parte delle dosi di loro spettanza, lasciando inoptato il resto. Piazzare quelle dosi invendute è stato "un problema". E dovremmo "essere grati" a quei Paesi che hanno deciso di "assorbire" l'inoptato, comprandolo, cosa che ha consentito all'Ue di chiudere i contratti con le case farmaceutiche.


A spiegare la dinamica che ha portato a una distribuzione delle dosi talora ineguale delle dosi di vaccini anti-Covid tra i diversi Paesi Ue è Sandra Gallina, direttrice generale Salute della Commissione Europea, in audizione davanti alla commissione Controllo dei bilanci del Parlamento Europeo, a Bruxelles. Gallina non fa nomi, ma da quello che dice si capisce che, quando la Germania ha comprato 30 milioni aggiuntivi di dosi del vaccino di Pfizer/BioNTech non ha affatto concluso l'affare al di fuori del quadro Ue, come si continua a dire erroneamente. Al contrario, Berlino ha acquistato dosi lasciate inoptate dagli altri Paesi, consentendo così alla Commissione di chiudere il contratto con un numero di dosi tale da poter strappare condizioni favorevoli, a vantaggio di tutti.


"Il processo è molto semplice - dice Gallina - abbiamo avuto negoziati con gli Stati membri e il comitato direttivo che ha sempre diretto, cioè ha sempre deciso, anche per elementi molto specifici dei contratti, dove la Commissione e il gruppo negoziale doveva dirigersi. Quindi, c'è stato un costante follow-up e debriefing. Quando il contratto è stato concluso - continua - è stato presentato in grande dettaglio a tutti gli Stati membri, che avevano 5 giorni per decidere se aderire oppure no al contratto, una volta che la Commissione aveva preso la decisione in collegio di procedere con quel contratto. Questi 5 giorni sono molto importanti, perché sono i giorni in cui gli Stati membri decidono se vogliono aderire. E sono molto orgogliosa di dire che tutti gli Stati membri sono stati in tutti i vaccini, che credo sia un grande risultato".


Tuttavia, osserva ancora Gallina, "bisogna calarsi nel periodo in cui i contratti sono stati chiusi: all'epoca non avevamo alcun vaccino che esistesse davvero. Ora è facile vedere Paesi che comprano vaccini, ma qualsiasi Paese terzo che oggi compra vaccini stipula un normale contratto di acquisto. Ma quelli che abbiamo fatto l'anno scorso - ricorda - erano Advanced Purchase Agreements, accordi di acquisto anticipato, il che vuol dire che compravamo cose che non esistevano. E qui arrivano le vere crepe: per concludere il contratto, serviva un certo numero di dosi, perché è chiaro che senza un certo numero di dosi non eravamo interessanti per le compagnie farmaceutiche. Quindi dovevamo concludere contratti per 200, 300 o 400 milioni di dosi. Quello che è importante è che, per concludere quel contratto, dovevamo essere sicuri che le dosi sarebbero state acquistate dagli Stati membri. E qui sta il problema".


"All'inizio gli Stati membri, che sono i veri titolari di questo processo - ricostruisce Gallina - dovevano decidere prima di tutto se aderivano o meno. E poi, collettivamente, dovevano decidere se uno Stato membro ci stava solo con la quota pro-rata (in base alla popolazione, ndr), quindi sarebbe stato necessario per il Paese tenere tutte le dosi, oppure se poteva stare dentro con meno dosi. Devo dire - nota la Dg - che l'anno scorso il trend per molti Stati membri era di non stare nel contratto per l'intera quota di spettanza, ma di avere meno dosi. Quindi dobbiamo essere grati a quei Paesi che hanno deciso di assorbire queste dosi, perché ci hanno consentito di concludere contratti per il totale delle dosi".


"Anche se gli Stati membri hanno deciso tra di loro, e voglio sottolineare che è un processo avvenuto con grande trasparenza tra gli Stati, ci è voluto un mese o più - riferisce Gallina - e per uno dei vaccini ci sono voluti più di 2 mesi. In questo processo di distribuzione, il problema era chi era disposto a comprare le dosi" lasciate inoptate dagli altri Paesi. "E quel numero - prosegue la Dg - veniva incluso nella Order Form, che è un modulo allegato al contratto di acquisto anticipato, e le compagnie guardano a quel modulo, perché contiene il numero delle dosi, il luogo in cui la compagnia deve consegnare. E' una parte molto importante del rapporto tra il Paese e la compagnia".


"Il processo - continua Gallina - è stato estremamente importante e c'era il principio di solidarietà, perché alcuni Paesi erano pronti a comprare quelle dosi. E non è stato sempre semplice trovare il modo di piazzare tutte le dosi. Perché quei vaccini non esistevano: non era facile per questi Stati comprare dosi che non esistevano". Ci sono poi delle eccezioni a questo meccanismo di distribuzione: "Quello che è stato chiaro nel gruppo direttivo e tra gli Stati membri - spiega ancora Gallina - è che ci sono stati azioni di Sos per casi epidemiologici gravi. Questo è possibile e significa che alcuni Paesi hanno ricevuto consegne accelerate". Certo, "non è stato un esercizio facilissimo, perché tutti hanno situazioni difficili in patria. E la situazione epidemiologica è molto mutevole. Quello che dovrebbe muovere gli Stati membri è la solidarietà, perché saremo tutti vulnerabili se non avremo lo stesso approccio alla vaccinazione".


"Il principio della distribuzione deve pensare alla salute prima di tutto: e su questo gli Stati membri hanno idee su come approcciarlo, ma al momento abbiamo discussioni su questo. Penso che dopotutto la solidarietà prevarrà", conclude.


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