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Venerdì, 29 Marzo 2024
Salute

Tumori: 'creare l'oncologo di famiglia', appello per potenziare territorio

Visiterà negli studi del medico di famiglia, prescriverà farmaci e intercetterà eventuali ricadute


Milano, 11 giu. (Adnkronos Salute) - Ridisegnare l'assistenza post-Covid creando un nuovo camice bianco al servizio dei pazienti che convivono con un cancro: "L'oncologo di famiglia", che "visiterà in ambulatorio o negli studi dei medici di medicina generale". Il ruolo potrà essere ricoperto "da specialisti assunti o da specializzandi in oncologia, inserendo gli ambulatori territoriali nelle reti formative delle Scuole di specializzazione". Vastissimo il target, se si pensa che sono oltre 3,5 milioni gli italiani con una diagnosi di tumore e circa 1,2 mln i malati in cura attiva. E' la proposta lanciata in occasione del webinar 'Covid-19, il paziente oncologico: le sfide assistenziali che ci attendono', organizzato da Fondazione Aiom (Associazione italiana di oncologia medica) con il contributo non condizionante di Amgen.


"L'oncologia ancora oggi è solo ospedaliera - afferma Pierfranco Conte, professore ordinario di Oncologia medica all'università degli Studi di Padova e direttore di Oncologia medica 2 all'Istituto oncologico Veneto - Invece è ora di portare gli oncologi sul territorio, negli ambulatori e negli studi medici, creando ex novo la figura dell'oncologo di famiglia, con un programma di follow-up stilato dallo specialista. L'applicazione di un modello personalizzato e modulato sulla base del rischio di ricaduta, degli effetti collaterali tardivi e del contesto clinico, consentirà ai pazienti di evitare di andare in reparto per ogni controllo o anche solo per far vedere il risultato di un esame, migliorando sotto ogni aspetto la cura e la loro qualità di vita. E' possibile anche prevedere, sotto controllo di specialisti oncologi territoriali, la somministrazione di farmaci oncologici orali ad oggi distribuibili solo attraverso le farmacie ospedaliere".


"Potenziando il territorio", ma anche "la telemedicina si riuscirebbe, entro poco meno di 2 anni, a ridurre del 30% l'accesso per visite e terapie negli ospedali dei pazienti con le principali patologie oncologiche: tumore al seno, alla prostata e al colon - sottolinea Stefania Gori, presidente di Fondazione Aiom e direttore del Dipartimento oncologico Irccs Sacro Cuore Don Calabria - Negrar di Valpolicella - L'esperienza Covid ci ha insegnato che possiamo reimpostare i protocolli di follow-up per le persone ormai off therapy e che è possibile eliminare esami diagnostici, talora eccessivi. Nel tumore alla tiroide, il 70% dei casi viene identificato ad esempio per sovra-diagnosi. Si calcola inoltre che la spesa sanitaria per il follow-up, pari a 400 milioni di euro, sia 10 volte superiore al necessario proprio per l'eccesso di esami prescritti".


"Spesso facciamo esami radiologici in eccesso o troppo frequentemente quando non scegliamo subito l'esame più dirimente al quesito clinico, quando vengono richiesti esami in urgenza senza una reale motivazione, o quando ci basiamo sulle abitudini a ripetere controlli ogni poche settimane o mesi, anche se le linee guida ci insegnano che si potrebbero diradare - osserva Filippo De Braud, professore ordinario di Oncologia medica all'università degli Studi di Milano e direttore del Dipartimento di Oncologia medica ed Ematologia della Fondazione Irccs Istituto nazionale tumori del capoluogo lombardo - Nei prossimi mesi faremo solo l'essenziale: ad esempio i controlli in corso di trattamento ogni 2-3 mesi, soprattutto se sospettiamo un'evoluzione della malattia, e gli esami di follow-up massimo ogni 6 mesi. In questo modo avremo il tempo di recuperare anche gli esami di screening arretrati per l'emergenza Covid".


Le nuove dinamiche profilate dagli specialisti saranno "utili anche a ridurre i viaggi dei pazienti che arrivano da lontano, soprattutto nelle fasce più deboli. In questo momento di crisi economica - ragionano gli esperti - aiutare a limitare le spese è un impegno sociale e l'esperienza Covid ha dimostrato che si può fare, grazie anche alla telemedicina".


"I pazienti vengono troppo spesso in ospedale - evidenzia De Braud - A volte fanno viaggi di ore solo per farci vedere il risultato di una Tac e degli esami del sangue, alla luce dei quali si ritiene non sia utile visitarli: tutto questo può essere eseguito anche a distanza. E anche noi medici, con gli ospedali meno affollati, lavoreremmo meglio".


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