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Venerdì, 19 Aprile 2024

Fabrizio Gatti

Direttore editoriale per gli approfondimenti

Giorgia Meloni, Silvio Berlusconi e il gorilla invisibile

L'elezione di Ignazio La Russa alla presidenza del Senato grazie ai voti dell'opposizione ha scatenato la caccia al "franco traditore": cioè ai senatori che nel segreto dell'urna, come i franchi tiratori della prima Repubblica, hanno votato contro le aspettative del proprio partito. Impegnati nella ricerca dei sospettati, però, politici e commentatori hanno perso di vista quello che è accaduto al centro della scena.

Il temporaneo vincitore del primo atto del nuovo Parlamento non è infatti il neopresidente La Russa, ma Silvio Berlusconi, che tiene in scacco la sua coalizione ed entra in aula con un messaggio chiaro: senza di lui, la maggioranza in Senato non esiste. Ben poco può fare la Camera, che ha voluto come presidente il candidato della Lega, Lorenzo Fontana. Un risultato ottenuto dopo soltanto quindici defezioni nel centrodestra. Ma che non mette fine allo scontro durissimo con Giorgia Meloni, che in serata risponde così a Berlusconi: "Non sono ricattabile".

Il foglio di Silvio Berlusconi che ha scatenato la dura risposta di Giorgia Meloni

Forse nemmeno il leader di Forza Italia si è accorto della gravità di quanto sta succedendo, abbaruffato com'è nella battaglia più importante contro Fratelli d'Italia sulla scelta dei ministri. Sembra così di assistere al famoso esperimento del gorilla invisibile con cui gli psicologi spiegano come funziona la nostra attenzione selettiva: siamo talmente concentrati sul passaggio della palla tra gli sperimentatori (nel nostro caso, dei voti tra i senatori) che non ci accorgiamo dello scimmione peloso che attraversa la scena.

Il macigno sul prossimo governo

Il gorilla oggi è il macigno che Berlusconi e i suoi senatori sono riusciti ad appendere sopra il tavolo del governo, se a guidarlo sarà Giorgia Meloni: in qualunque momento, Forza Italia potrebbe tagliare la corda che lo sorregge e affossare così la maggioranza di centrodestra. Magari a favore di una coalizione di unità nazionale, nel caso la situazione economica ed energetica dovuta alla guerra lo dovesse richiedere. Lo schema non sarebbe diverso da quanto è accaduto con l'arrivo di Mario Draghi a Palazzo Chigi durante la pandemia.

L'ipotesi che va per la maggiore, e cioè che sia stata Giorgia Meloni a chiedere aiuto all'opposizione per far eleggere La Russa, non è l'unica. E non sembra nemmeno la più verosimile. Perché la leader di Fratelli d'Italia si sarebbe dovuta indebitare con i principali partiti a sinistra, quando il suo candidato nelle votazioni successive sarebbe stato comunque eletto? Più probabile, invece, che colui che ha meglio apprezzato l'aiuto segreto dei senatori del centro e del centrosinistra sia proprio Silvio Berlusconi. Vediamo perché.

I "franchi traditori" reclutati dal Cavaliere

Berlusconi non avrebbe potuto fermare l'elezione di La Russa. Anche con l'astensione di Forza Italia a tutte le votazioni, nell'eventuale ballottaggio finale il presidente del Senato sarebbe stato eletto con la sola maggioranza relativa tra i primi due candidati con più preferenze. E La Russa sarebbe sicuramente passato. Ma in questo caso le conseguenze politiche per Forza Italia nella formazione del governo sarebbero state irreparabili. Il segnale che dà il Cavaliere di Arcore è invece ancora più forte e più umiliante per Giorgia Meloni: noi saremo l'ago della bilancia su tutto e senza di noi Fratelli d'Italia e Lega, per sopravvivere, avranno sempre bisogno di barattare un supporto a sinistra.

Il presidente della Camera, Lorenzo Fontana, nella sede della Lega a Milano (foto Ansa)

In una trattativa spietata per il governo, come quella in corso, non si annienta l'avversario, ma lo si sottomette. Ed è esattamente quello che ha fatto Berlusconi con la candidata premier. Stupisce poi la precisione con cui sono stati raccolti i 17 voti necessari a sostituire i 16 senatori berlusconiani che si sono astenuti, più uno. Gli altri due senatori di Forza Italia, Berlusconi e la presidente uscente, Maria Elisabetta Alberti Casellati, hanno infatti votato per dovere istituzionale, come hanno poi detto. Questo dettaglio fa pensare a un accordo sottobanco non improvvisato negli ultimi minuti, ma ben preparato.

E perché mai i senatori di centrosinistra, arruolati probabilmente tra i gruppi di Carlo Calenda, Matteo Renzi e del Pd, avrebbero dovuto accettare di sostituirsi a Forza Italia? Lo vedremo da quante delle prossime nomine più importanti andranno all'opposizione. Possono insomma riscuotere un doppio credito: sia da Berlusconi, sia da Giorgia Meloni per aver comunque eletto il suo candidato. Sullo sfondo già si intuisce la formazione di una larga intesa di centro. Compresa la possibilità di parte dell'opposizione di conquistare una qualche voce sui lavori parlamentari.

L'altra ipotesi: 5Stelle in aiuto della destra

Giorgia Meloni, come tutto il centrodestra, ha sicuramente un debito nei confronti di Giuseppe Conte e del Movimento 5Stelle: non avessero tolto il loro appoggio al governo Draghi, non ci sarebbe stata l'opportunità di andare alle elezioni anticipate e di ottenere la maggioranza del Parlamento. L'eventualità che alcuni senatori di Conte abbiano votato per Ignazio La Russa aumenterebbe i crediti nei confronti della leader di Fratelli d'Italia. Ma anche nel loro caso, lo capiremo forse dai prossimi incarichi. 

L'ultimo scenario è quello immaginato fin dal principio: un accordo diretto tra Fratelli d'Italia e parte del centrosinistra per eleggere La Russa. E isolare Silvio Berlusconi. Non convince, però, perché come abbiamo visto il Cavaliere resta l'ago della bilancia degli equilibri in Senato. A meno che non si creda all'incredibile: l'imminente soccorso di pezzi di 5Stelle, Pd e centro al governo più di destra della storia repubblicana. Per Giuseppe Conte e il suo partito non sarebbe comunque una novità, con la Lega hanno già governato. L'Europa intanto ci guarda. E ovviamente si chiede: quanto durerà Giorgia Meloni?

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