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Venerdì, 19 Aprile 2024
Politica Italia

Un contratto di governo tra 5 stelle e Pd è possibile: i punti di contatto per la trattativa

Successo di Fico, dialogo di governo avviato tra M5s e Pd: nel contratto proposto agli ex arci-rivali saltano gli argomenti più spinosi che tanto avevano colpito gli italiani: via anche il reddito di cittadinanza così come votato alle elezioni del 4 marzo

Il mandato esplorativo affidato dal Capo dello Stato al presidente della Camera Roberto Fico è stato positivo. È avviato il dialogo "di governo" tra Movimento 5 stelle e Pd, e la strana intesa per un contratto di governo agita lo spettro politico.

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Tanti i punti in comune nei programmi, veri e propri abbracci su economia e politiche sociali a dispetto dei proclami e degli insulti della campagna elettorale: sono passati due mesi, sembra cambiato tutto e i dieci punti proposti dai 5 stelle per un accordo di governo - con i loro silenzi e le loro sfumature - ammiccano politicamente al Pd.

Reddito di cittadinanza e legge Fornero sono spariti dal contratto del M5s

Nel contratto proposto dal Movimento 5 stelle agli esponenti degli (ex) arci-rivali dem saltano gli argomenti più spinosi ma che tanto avevano colpito gli italiani. Il reddito di cittadinanza, così come presentato in campagna elettorale, sparisce nel nome ed è mitigato nei fatti.  Dopo un bagno di realismo sull'altare della real politik, il reddito di cittadinanza è diventato un più sfumato "sussidio". 

Reddito di cittadinanza diventa sussidio

Sarà questa la prima clausola in comune di un governo pentademocratico? L'esecutivo di Matteo Renzi ha introdotto il reddito di inclusione, il rei, e ora il generico “potenziamento dei sistemi attuali di sostegno al reddito” potrebbe trovare una convergenza fino a pochi mesi fa ostracizzata anche dalla fantapolitica di palazzo.

Di Maio soffoca il dissenso dei 5 stelle e propone al PD di "cancellare" Berlusconi

Resta da trovare un punto di accordo: il Rei costa 2 miliardi l'anno e si rivolge alle persone in condizioni di povertà "assoluta", 4,7 milioni dice l’Istat, e al massimo arriva a 540 euro al mese per famiglia; il Reddito di cittadinanza costa 15 miliardi l'anno è invece proposto per chi è in povertà "relativa", 8,4 milioni di persone, ai quali i 5 stelle vorrebbero dare un integrazione al reddito fino a 780 euro a testa.

Sulla riforma fiscale il Pd sente di più il vincolo europeo ma, come i pentastellati, ambisce a un superamento del Fiscal compact. Più welfare state (scuola, sanità, assistenza ai non autosufficienti, contrasto alla povertà) e più investimenti pubblici sono centrali nei due programmi. Anche se le platee di riferimento sono diverse.

Meno tasse ma non per tutti

Ecco quindi che l’obiettivo fiscale benché condiviso - far pagare meno tasse - ha una platea differente. Movimento 5 stelle e Pd vorrebbero concentrare i tagli delle tasse sul ceto medio -  Pd privilegia il taglio del cuneo fiscale mentre i 5 Stelle quello delle aliquote Irpef - e sulle famiglie con figli. Renzi proponeva un bonus di 240 euro al mese per i figli a carico fino a 18 anni, Di Maio un’indennità di maternità di 150 euro al mese per i primi 3 anni dopo la nascita.

In comune il no alla flat tax che "non garantirebbe la progressività del prelievo"

E la riforma delle pensioni? Nel contratto scritto dal consulente Giacinto della Cananea non c'è, come non c'è la Flat tax e tantomeno una linea precisa sui vaccini.

Pensioni, intesa possibile sulla quota 100

Se il Pd è contrario allo smantellamento delle riforme i 5 stelle hanno rinunciato all'abolizione della legge Fornero. Intesa possibile sull’accesso alla pensione con "quota 100" ottenuta dalla somma di età anagrafica e di anni di contribuzione. Il Pd vorrebbe aumentare gli strumenti di flessibilità come gli anticipi pensionistici.

Infrastrutture e assunzioni: più soldi dallo Stato

Più soldi per la sanità, la scuola e la non autosufficienza. Previste infine decine di migliaia di assunzioni nel pubblico impiego. Sono misure analoghe ai programmi di Pd e 5 stelle. 

Triddico: "Intesa possibile sul Jobs Act"

Il Jobs act è il fattore più divisivo tra Pd e M5s e sul lavoro si consumano alcune distanze siderali. Se il partito di Matteo Renzi propone di tagliare il costo del lavoro per rendere le assunzioni a tempo indeterminato convenienti rispetto a quelle a termine, il movimento di Luigi Di Maio punta invece ad abrogare la liberalizzazione dei contratti a termine ripristinando l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori.

Pasquale Tridico, ministro designato al welfare in un ipotetico governo Di Maio, intervistato a 24Mattino su Radio 24 da Luca Telese e Oscar Giannino conferma l'obiettivo dei 5 stelle si dice convinto della possibile convergenza con il Pd: "I margini per un accordo ci sono", dice Tridico, che guarda a chi nel Pd da tempo dice di voler intervenire sui licenziamenti illegittimi.

"Il punto cruciale è il licenziamento illegittimo previsto per i lavoratori attraverso una sanzione moderatamente crescente, così come dovrebbe chiamarsi a rigore il Jobs Act, o meglio il contratto a tutela crescente. Noi lo abbiamo messo nel programma ma anche Cesare Damiano lo sosteneva quando prevedeva l'irrigidimento delle norme sul licenziamento". 

Martina apre al M5s: i tre punti del Pd "per ragionare" con Di Maio

Nei giorni scorsi il segretario reggente del Partito Democratico aveva presentato tre proposte con cui il PD si sarebbe seduto al tavolo di confronto. Per Martina sono tre "le sfide essenziali":

POVERTÀ - Allargare il Reddito di Inclusione per azzerare la povertà assoluta in tre anni e potenziare le azioni contro la povertà educativa.

FAMIGLIE - Introdurre l'assegno universale per le famiglie con figli, la carta dei servizi per l'infanzia e nuovi strumenti di welfare a favore dell'occupazione femminile, per ridurre le diseguaglianze e sostenere il reddito dei ceti medi;

LAVORO - Introdurre il salario minimo legale, combattere il dumping salariale dei contratti pirata anche valorizzando il Patto per la Fabbrica promosso dalle parti sociali. Tagliare ancora il carico fiscale sul costo del lavoro a tempo indeterminato per favorire assunzioni stabili con priorità a donne e giovani, norme per la parità di retribuzione dei generi".

Chi è contro il contratto M5s PD

M5s e Pd hanno due elettorati completamente diversi, spesso con interessi contrastanti, e più ancora che i programmi, sono proprio le basi elettorali che possono impedire l'accordo. 

Il Movimento 5 stelle ha conquistato la sua vittoria grazie ai ceti popolari del Sud e delle periferie e i piccoli imprenditori colpiti dalla crisi conquistati dalle politiche assistenziali, vedi il reddito di cittadinanza.

Il Pd fa invece l'occhiolino a professionisti e imprenditori dinamici, laureati e borghesia dei grandi centri urbani.

Calenda: "Io a Grillo e Casaleggio non farei gestire una tabaccheria"

Carlo Calenda è uno dei più insigni detrattori dell'accordo Partito Democratico-M5s. Il ministro sviluppo economico, neoiscritto al Pd, ha già fatto sapere di voler restituire la tessera "dem" se si dovesse formalizzare l'accordo.

"Io a Grillo e Casaleggio non farei gestire una tabaccheria" ha scritto Calenda su Twitter.  "Credo sia difficile costruire un'alleanza politica fra il Pd e M5S, che è stato molto aggressivo contro gli ultimi governi Pd. Non capisco perché non si scelga di proporre dei temi e di formare un governo istituzionale, e non politico" ha detto poi Calenda a 'Circo massimo' su Radio Capital. D'altra parte, si domanda il ministro, "Come si può pensare che ci sia qualcosa di serio nello scrivere un contratto e proporlo prima alla Lega e poi al Pd?". Insomma, per Calenda "il Pd farebbe malissimo ad allearsi con il M5S. C'è una distanza siderale".

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