Autonomia differenziata, che cosa c'è nella riforma firmata da Roberto Calderoli
Il Consiglio dei ministri ha dato il via libera, all'unanimità, al disegno di legge Calderoli per l'attuazione dell'Autonomia differenziata
Il Consiglio dei ministri ha dato il via libera, all'unanimità, al disegno di legge per l'attuazione dell'Autonomia differenziata. Il provvedimento, che ha già avuto l'ok della conferenza Stato-Regioni, passa ora in Parlamento che dovrà esaminarlo e poi votarlo. La riforma firmata dal ministro per gli Affari regionali Roberto Calderoli spinge sul percorso di decentramento di diverse competenze, oggi attribuite alla potestà concorrente tra Stato e territorio. Tra queste: salute, lavoro, ambiente e istruzione. Nel piano di Calderoli le Regioni potranno poi a loro volta trasferire le funzioni agli enti amministrativi più vicini ai cittadini.
La riforma "Disposizioni per l'attuazione dell'autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario" aveva provocato il mal di pancia non solo in alcuni enti locali ma anche nel partito di Fratelli d'Italia.
Che cos'è l’autonomia differenziata
L'autonomia differenziata è quando lo Stato concede a una Regione la possibilità di legiferare autonomamente su una determinata questione. In questo momento storico, per esempio, le Regioni possono licenziare delle leggi in materia di sanità regionale, indipendentemente da quelle che sono le norme di carattere nazionale. L'autonomia differenziata poi si porta con sè un altro aspetto di non poco conto, visto che è anche quello che preoccupa maggiorente i detrattori e gli studiosi della materia, cioè la questione fiscale. Infatti, insieme alle competenze, le Regioni possono anche trattenere il gettito fiscale, che non sarebbe più distribuito su base nazionale a seconda delle necessità collettive.
Il Governo accelera sull'autonomia: Calderoli ha già pronta la legge
A oggi le materie di legislazione concorrente sono, tra le varie: i rapporti internazionali e con l'Unione europea, il commercio con l'estero, l'istruzione, la tutela della salute, l'alimentazione, lo sport, i porti e gli aeroporti civili, le grandi reti di trasporto e di navigazione, la comunicazione, l'energia, la cultura e l’ambiente.
Non è una invenzione recente perché l'autonomia delle Regioni è un qualcosa di previsto anche dalla nostra Costituzione. Infatti l'articolo 116 della Carta fondamentale recita: "Ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, concernenti le materie di cui al terzo comma dell'articolo 117 e le materie indicate dal secondo comma del medesimo articolo alle lettere l), limitatamente all'organizzazione della giustizia di pace, n) e s), possono essere attribuite ad altre Regioni, con legge dello Stato, su iniziativa della Regione interessata, sentiti gli enti locali, nel rispetto dei principi di cui all'articolo 119".
Cosa cambia con la proposta di Roberto Calderoli
Intanto la legge prevede i così detti "livelli essenziali di prestazione" (Lep), cioè quei requisiti essenziali in ambito di diritti civili e sociali, sulla base dei quali si stabiliscono i finanziamenti a ogni Regione per avere un quadro chiaro della condizione delle singole aree ma anche per evitare un eccesso di divario fra un territorio e l'altro.
Ma qui arriva uno dei punti più controversi perché, secondo il disegno di legge, che dà al governo un anno di tempo per decidere i Lep, le Regioni potranno formulare un'intesa anche senza il decreto del presidente del Consiglio che dovrebbe stabilire i Lep. I finanziamenti verrebbero erogati in base alla spesa storica della regione che chiede l'autonomia.
Risulta chiaro come l’elemento di maggiore discussione sia proprio su questo modo di erogare il denaro perché, chi non è convinto della proposta della Lega, porta come argomentazione il fatto che questo sistema non farebbe altro che aumentare il divario economico e sociale fra nord e sud. Non a caso il Fatto Quotidiano, in una critica alla riforma, ha parlato di "Secessione dei ricchi".