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Martedì, 23 Aprile 2024
Politica

Il Pdl blocca il Parlamento con l'ok del Pd

Cronaca di una folle giornata tra Palazzo Madama e Montecitorio: il centrodestra protesta per il processo Mediaset e chiede tre giorni di stop dei lavori. Il M5S non ci sta. Ma l'ala "sinistra" del governo si adegua

La giornata politica di oggi, di fatto, certifica che Silvio Berlusconi è l’assoluto padrone delle larghe intese e quindi del grosso del Parlamento. Visto dove siamo arrivati è giusto parlarci chiaro. Una franchezza in questo caso obbligatoria ripercorrendo quel che in mattinata e nel primo pomeriggio è successo a Montecitorio. E che muove da un principio cardine, costituente della Repubblica: la sovranità parlamentare non piove dall’alto ma è ‘regalata’ dal basso, sta in un tutti che non è nessuno a tutela proprio di quel tutti. Questo teorema oggi è stato sovvertito nella sua essenza. Non che l’Italia, a proposito del Cavaliere, ma non solo, non abbia conosciuto l’istituto delle leggi ‘ad personam’. Stavolta, tuttavia, il caso è ancor più macroscopico. Si tratta del grosso dell’aula, la maggioranza, che si accorda per sospendere i lavori per protestare contro la scelta della Corte di Cassazione di calendarizzare per il prossimo 30 luglio l’udienza del processo Mediaset. Roba da larghe intese, da realpolitik talmente stratificata da raggiungere l’incomprensibilità.

Con ordine. Ieri, dopo la decisione della Cassazione, il Pdl ha gridato allo scandalo. Quella prima udienza proprio ‘non s'ha da fare’. Almeno così presto. Questioni di tempi, quella della prescrizione che scatterebbe tra la metà e la fine di settembre (anche sulle date i pareri discordano). Dopo le prime grida la formalizzazione della protesta: nessuna presa delle aule giudiziarie milanesi, ma quella del Parlamento. Tre giorni di stop dei lavori parlamentari, per protestare contro la decisione frettolosa dei giudici e solidarizzare con il Capo, vittima di un sistema malato, mai imputato. La richiesta è formalizzata dal capogruppo dei berluscones, Renato Brunetta, che sottopone l’iniziativa ai capigruppo delle altre forze parlamentari. Sottotitolo dell’iniziativa, la tenuta del governo Letta. Così dalla conferenza dei capigruppo al voto il passo è stato breve: l’Aula ha sancito l’ennesima dimostrazione di forza del Cav. E poco conta se invece dei tre giorni di stop la Camera abbia ratificato ‘solo’ la sospensione dei lavori pomeridiana (che tra l’altro aveva all’ordine del giorno il decreto legge sull'Ilva…..noccioline, insomma). Silvio, con 171 voti di differenza a favore del sì,  ha vinto. Si del Pdl scontato, sì dal Pd. Contrari M5S, Lega e Sel.

M5S – E se il voto del Popolo della libertà non fa notizia, lo fa quello turbolento, ma altrettanto compatto del Partito democratico. Tanto compatto da scatenare, a votazione conclusa, la bagarre in Aula, con tanto di rissa sfiorata tra deputati M5S e colleghi del Pd, evitata grazie all'intervento dei questori. Alla fine della votazione, infatti, secondo quanto riferiscono alcuni parlamentari, una schiera consistente di grillini è avanzata verso i banchi dei democratici accusandoli di aver votato a favore di Berlusconi e urlando loro in faccia di essere “venduti”. I deputati del Pd, raccontano, hanno risposto lanciando carte e fascicoli che avevano in mano. Poi l’intervento dei questori ha evitato che la situazione degenerasse. Così alla Camera, così a Palazzo Madama, dove i senatori grillini, in segno di protesta contro il provvedimento si sono tolti la giacca e la cravatta. E stato Vito Crimi poi, l’ex capogruppo dei 5 Stelle, ad invitare i senatori ad uscire dall'Aula per rivestirsi.  

RISSA Pd-M5S: GUARDA IL VIDEO

PD – Sta di fatto che, proteste o meno, la sospensiva è passata e non si è fatta attendere la girandola di dichiarazioni. A cominciare dal segretario del Pd, Guglielmo Epifani, che solo dopo il voto ha avvertito il Pdl a “non tirare troppo la corda”. “Ancora una volta – continua – si esplicita il problema di fondo di questi mesi: la vicenda giudiziaria di Silvio Berlusconi e il rapporto d'azione di governo e di Parlamento. Questo nodo deve essere sciolto solo tenendo distinte le due sfere, perché se no, a furia di tirare, la corda si può spezzare, con una scelta di irresponsabilità verso la condizione del Paese e la sua crisi drammatica”. Tradotto, il Pd, ha accontentato il Pdl perché di mezzo poteva finirci la tenuta del ‘governissimo’.

Ma a che prezzo? Al di là degli ultimatum, dei “questa è l’ultima volta”, la decisione di accordare il blocco richiesto dagli alleati rischia di prendere nell’opinione pubblica il sapore di una debolezza disarmante. Non solo, un Pd che segue le lamentele di Berlusconi, rischia di sfaldarsi perché porta benzina ad un dibattito interno già rovente. Di mezzo c’è la segreteria, il futuro in casa ‘democrat’ e quello di Enrico Letta. Non a caso un minuto dopo il sì la corrente renziana si è fatta sentire: “Ho accettato di votare per disciplina di gruppo, ma così stanno suicidando il Pd e ledendo le Istituzioni”, ha dichiarato l’onorevole Francesco Bonifazi, renziano di ferro, uno dei pochi passati per il listino. E allargando il raggio a sinistra che gli umori siano scuri lo si capisce dalle parole lasciate si Twitter dal presidente di Sel, Nichi Vendola: “Il comportamento della destra e del Pdl in questo momento è davvero inquietante. Far precipitare l’Italia in una sorta di capitolo finale della guerra tra politica e magistratura è un’idea delinquenziale e demenziale”.

PDL – Dalle parti del Pdl, una volta incassato il risultato, si è passati alla modalità pompiere. Governo a rischio? Macchè. Almeno così la pensa il ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi: l’anticipo della sentenza della Cassazione “non mette a rischio la maggioranza ma la democrazia in questo Paese. Noi continuiamo a fare il nostro lavoro e andiamo avanti”. Gli fa eco Brunetta che, sempre a voto messo in cassaforte, spiega: “Domani è prevista la direzione nazionale del Pdl” per questo abbiamo presentato “la due giorni di sospensione dei lavori parlamentari”.  La nostra – ha proseguito – è una posizione responsabile: dobbiamo discutere al nostro interno e dobbiamo fare chiarezza. I lavori possono riprendere lunedì e martedì e possiamo recuperare il tempo perduto. Noi rispettiamo il Parlamento, chiediamo rispetto”.

POST SCRIPTUM – Nel bailamme odierno forse il massimo del minimo è stato raggiunto da un parallelismo incredibile, a firma Jole Santelli, del Pdl: “A titolo di esempio ricordo che nel 2008 Giuseppe Salvatore Riina, figlio del capo dei capi di Cosa Nostra, torna libero per decorrenza dei termini. A fronte di casi così gravi quali provvedimenti disciplinari ha assunto il CSM? I magistrati che hanno causato tutto ciò sono ancora in magistratura? Peccato che la solerzia dei giudici si attivi solo quando l'imputato si chiama Berlusconi. Questo sa più di politica che di giustizia”. A titolo di esempio….

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