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Mercoledì, 24 Aprile 2024

Fabio Salamida

Giornalista

Lambrusco & pop corn: Silvio è sempre stato così

Se tra il senatore Silvio Berlusconi e il presidente della Federazione Russa, Vladimir Putin, non corresse davvero buon sangue e i loro scambi epistolari non fossero scanditi da dolci parole, magari alternate a stuzzicanti racconti di sublimi acrobazie su mitologici giacigli, probabilmente, in queste ore, nelle città italiane suonerebbero le sirene antiaeree.

La notte moscovita del 2010

Perché no, a venti bottiglie di vodka di prima scelta non si risponde con del dozzinale Lambrusco, soprattutto se sei uno degli uomini più ricchi del Paese e puoi regalare casse di Amarone o di Barolo da decine di migliaia di euro a bottiglia. Eno-sgarbi a parte, ascoltando gli audio con le frasi shock del Cavaliere pubblicate da LaPresse, a qualcuno potrebbe essere tornata alla mente una notte moscovita del “lontano” 2010, a conclusione dei lavori del Global Policy Forum di Yaroslav. In quell’occasione, l’allora presidente del Consiglio italiano, dopo una lauta cena con in compagnia del presidente Putin, fu accompagnato dallo stesso ad ammirare le bellezze del GQ, un night club che andava forte in quel periodo, di proprietà dell’oligarca Arkadij Novikov, che aveva da poco acquistato la villa che fu di Versace sul Lago di Como. Verso le due di notte, suscitando lo stupore di alcune bellissime figlie della madre Russia, il dj modificò la scaletta per onorare il prestigioso ospite, mandando canzoni di Adriano Celentano alternate a “Tu vuo’ fa l’americano”, brano che da quelle parti deve avere una forte connotazione politica.

Qualche maligno ricorda che un aereo con dentro diplomatici, uomini d’affari, presidenti di fondazioni e imprenditori, rimase per ore su una pista dell’aeroporto della Capitale russa aspettando che il capo del Governo ultimasse il suo accorato “intervento” all’evento mondano. E poi c’è Dudù. Tutti rammentano una copertina del settimanale “Chi”, datata febbraio 2014, che ritraeva un momento goliardico durante una visita di Putin nell’allora residenza romana di Silvio Berlusconi, a Palazzo Grazioli: quel giorno l’inquilino del Cremlino lanciò una pallina al celebre barboncino e il cane non esplose dopo averla presa in bocca. Il gesto fu letto da molti come l’ennesima prova di amicizia tra i due, un’amicizia coronata da cene, notti danzanti, cagnolini saltellanti e soprattutto dipendenza dell’Italia dalle forniture di gas russo, in virtù di una serie di accordi siglati da Eni e Gazprom proprio in quegli anni. Un’amicizia che si annuncia come una dolorosa spina nel fianco per Giorgia Meloni. L’ormai prossima presidente del Consiglio, impegnata in una difficile operazione di blackwasching, dovrà da subito fare i conti con le simpatie filo-russe dei suoi alleati, perché la condotta del suo Governo in politica estera sarà attenzionata dai vertici di Bruxelles e di Washington.

Tutte le spine nel fianco

Non è un caso che in queste ore la faccia più preoccupata che si scorge in Transatlantico sia quella di Antonio Tajani: la strada che dovrebbe condurlo alla Farnesina sembra essere interrotta da un fiume di vodka mischiata a Lambrusco. Tra i due irrequieti compagni di viaggio della futura premier, quello che al momento può fare più danni è infatti l’ebbro di donne e di processi: le sue uscite, ormai quotidiane, vengono riprese dalle agenzie di stampa di tutto il mondo e hanno già animato un acceso dibattito al Parlamento Europeo. L’altro, l’ebbro di mojito e di video su TikTok, più volte finito sotto i riflettori per i rapporti del suo partito con Mosca, ha preferito non commentare le uscite del Cavaliere e neanche quelle del neo-eletto presidente della Camera, il suo fedelissimo Lorenzo Fontana, che a poche ore dall’acclamazione ha messo in discussione l’efficacia delle sanzioni alla Russia. Matteo Salvini ha dribblato le domande dei cronisti rifugiandosi nella sua comfort zone per eccellenza: un ristorante. Si sa, dopo quel drammatico 8 marzo che verrà per sempre ricordato nelle cronache leghiste come “l’umiliazione di Przemysl”, con quella t-shirt celebrativa di Putin sventolata in faccia al “capitano" (e alle telecamere…) dal sindaco della cittadina polacca, Wojciech Bukan, dalle parti di via Bellerio meno si parla di Russia e di rubli e meglio è.

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