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Martedì, 16 Aprile 2024

Andrea Maggiolo

Giornalista

Il blocco navale è una sciocchezza

"Fermare le partenze dei barconi, in accordo con le autorità nordafricane, è l’unica strada per ripristinare il rispetto delle regole e fermare le morti in mare. Siamo pronti a difendere i confini dell’Italia e dell’Europa" dice Giorgia Meloni. Il "blocco navale" per anni è stato rilanciato da Fratelli d'Italia e visto come la soluzione principe dalla destra: viene ora definito solo "accordo con i Paesi di origine dei migranti" (forse persino in Fratelli d'Italia si fa strada la consapevolezza che c'è un limite alla propaganda), ma con quei Paesi è sostanzialmente impossibile persino firmare accordi di rimpatrio, figuriamoci impedire le partenze. Insomma, non c'è nulla di realizzabile.

La proposta di Giorgia Meloni di utilizzare le navi militari per fermare i barconi carichi di uomini, donne e bambini che attraversano il Mediterraneo, attuato grazie a "una missione europea, da concordare con le istituzioni europee" e "in accordo con le autorità libiche", è solo fuffa. A eseguire il blocco, peraltro, dovrebbero essere navi militari anche italiane che, secondo il diritto internazionale e le convenzioni che il nostro Paese ha firmato, devono invece osservare l’obbligo di soccorso in mare e il divieto di respingimento. Ma dubbi sul coinvolgimento dei partner europei a parte, parlare di blocco navale è tempo perso per tutta una (lunga) serie di motivi.

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Chi conosce davvero il mare e le sue leggi scritte e non scritte sa che la situazione è ben diversa. Il blocco navale è stato a lungo il cavallo di battaglia della campagna anti-immigrazione di parte della destra italiana. Schierare le navi della Marina militare a presidio dei porti italiani non è una prospettiva praticabile. Il Codice dell’ordinamento militare prevede espressamente che la Marina svolga vigilanza "al di là del limite esterno del mare territoriale". In alcuni casi può integrare il ruolo della Guardia Costiera, ma solo "in base alle direttive emanate d’intesa fra la Difesa e il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti".

Ma il punto è un altro: davvero manovre di navi militari possono convincere barchini di piccole dimensioni usati dai migranti a restare lontani dalle acque territoriali italiane? A Roma si fanno le direttive, ma poi in mare sono gli uomini e le donne della Guardia Costiera a dover eventualmente eseguire. E sanno benissimo che ogni salvataggio è diverso dall'altro. Inoltre in acque internazionali una nave della Marina sarebbe obbligata a compiere il salvataggio se mai venisse coinvolta. Ipotizzare che marinai - dovrebbero essere impiegate decine di mezzi della Marina Militare - si mettano a pattugliare uno specchio d'acqua per fermare a una singola imbarcazione è una fantasia che tale resterà probabilmente. Ma proseguiamo.

All'epoca di Mare Nostrum si ipotizzò di bloccare i flussi. Non si fece mai. Davanti a un gommone carico di migranti in difficoltà o a persone in mare, il salvataggio è questione di umanità. "Non si possono mettere muri in mare" ha detto più volte il senatore Gregorio De Falco, ex-m5s. Un comandante di una nave in mare ha come obbligo - nave civile, militare, mercantile... - di effettuare il soccorso. L'idea del blocco navale creerebbe situazioni di grande complessità e problematicità in mare, con la presenza di navi militari di stazza superiore a quella delle motovedette della Guardia Costiera o della Finanza che potrebbe costituire un pericolo per l'incolumità di tutti i soggetti presenti. Giova ricordare che i respingimenti, sono vietati dalla CEDU e della Convenzioni internazionali. Ogni governo può legittimamente - ovviamente -  pianificare la politica dell’immigrazione e l’impiego dei mezzi per il contrasto ai flussi di irregolari: ma un eventuale blocco navale (quindi ricorrendo allo strumento militare) non può non prevedere un passaggio anche con gli uffici del Quirinale visto che il presidente della Repubblica è il capo supremo delle Forze armate.

Il blocco navale è un’azione militare finalizzata a impedire l’accesso e l’uscita di navi militari e mercantili dai porti di un Paese. È regolato dal diritto internazionale, in particolare dall’articolo 42 dello statuto delle Nazioni Unite. Un ipotetico blocco navale comporterebbe poi secondo le norme vigenti che tutti i natanti che forzano il blocco siano condotti in un porto del paese che ha imposto il blocco stesso. Paradossale, perché chi sventola il blocco come soluzione vorrebbe proprio evitare l’arrivo in Italia delle imbarcazioni. Invece avverrebbe l'esatto opposto.

Il blocco navale, lo ribadiamo, non serve ad intercettare micro-natanti come i barchini e gommoni che, tra l’altro, sfuggono ai radar di bordo. Essendo regolato dal diritto internazionale (articolo 42 dello statuto delle Nazioni Unite) non può essere attivato unilateralmente se non nei casi previsti di legittima difesa, aggressione o guerra. Il blocco navale, allo scopo di contrastare l’immigrazione, sarebbe dunque palesemente illegale.  C'è come monito perenne l'episodio della nave militare Sibilla: risale al 1997, venticinque anni fa, ma è una ferita ancora aperta. Una corvetta della Marina causò inavvertitamente l'affondamento di un'imbarcazione albanese al largo della Puglia. I morti furono più di 100. C'era una direttiva del governo che imponeva un "blocco navale". Il governo Prodi fu criticato dalle Nazioni Unite per aver attuato quello che de facto fu un blocco navale illegale, anche se per la precisione si trattava più propriamente di un’operazione di interdizione marittima (Mio). Nel Canale d'Otranto la Marina, su ordine del governo, applicò le procedure del cosiddetto harassment, ovvero mise in atto "azioni cinematiche di disturbo e di interdizione". 

Non è un'opzione sul tavolo il blocco navale. Siamo seri. Forse se ne accorgerà anche Meloni, prima o poi. Il blocco navale nel Mediterraneo da lei proposto è un atto di guerra, è irrealizzabile, viola trattati e convenzioni internazionali, oltre che il diritto del mare. È il populismo necessario a chi vuole presentarsi con una immagine rassicurante al suo elettorato di riferimento. Resta un dubbio: come mai quando Meloni in tv, in radio, sui social, ovunque, ripropone il cavallo di battaglia, nessuno (almeno tra i suoi) le consiglia di lasciar perdere? Anche alle figuracce c'è un limite. O forse no.

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