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Venerdì, 29 Marzo 2024
Politica

Da 'caso kazako' a 'caos Alfano': a rimetterci è solo il Pd

Nemmeno renzi riesce a uscire a testa alta dalla prima crisi del governo Letta. I democratici confermano la fiducia al numero due del Pdl. E la base si infuria

Il caso Alfano si è chiuso verso l’ora di pranzo quando il Senato con 226 no, 55 sì e 13 astenuti ha bocciato la mozione di sfiducia presentata da Sel e Movimento 5 Stelle. A vederla bene, tuttavia, l’affaire era stato archiviato 24 ore prima dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Il monito del Colle riguardo ad una possibile crisi, infatti, era stato cristallino: “Non ci si avventuri a creare vuoti, a staccare spine, per il rifiuto di prendere atto di ciò che la realtà politica ha reso obbligato e sottovalutando le conseguenze che ciò avrebbe sul Paese. Coloro che lavorano su ipotesi fumose e arbitrarie a non contare su decisioni che spetterebbero al presidente della Repubblica”. Come dire, l’ipotesi nuove elezioni tra i corridoi del Quirinale non esiste. Almeno per ora. Tanto chiare da far breccia anche dentro le logiche del Partito democratico sempre più proiettato nel vortice congressuale.

CASO ALFANO: NAPOLITANO BLINDA LETTA

In effetti, facendo un salto indietro di 48 ore, il voto di palazzo Madama non sembrava così scontato. Con i renziani decisi a prendersi la testa di Alfano magari per far lo scalpo al governo Letta. E con Cuperlo, l’uomo di D’Alema, a chiedere con insistenza il passo indietro del vicepremier. Poi Napolitano ha tranquillizzato la ‘curva’ e il grosso del Pd ha dato nuova linfa alle larghe intese. Almeno numericamente.
Più che linfa, fiducia, quella che in mattinata Enrico Letta ha chiesto, ad appena due mesi dall’insediamento, all’emiciclo. Sì perché il primo ministro, una volta presa la parola, ha sì difeso a spada tratta e nel segno della “totale trasparenza” il suo vice (“I vertici del governo, e quindi anche Angelino Alfano, non sapevano e non sono stati coinvolti nella vicenda Ablyazov”), ma allo stesso tempo ha invitato i senatori ad un ulteriore sforzo: “Oggi vi chiedo un nuovo atto di fiducia al governo che ho l’onore di presiedere”.

FINANCIAL TIMES: "ALFANO DOVREBBE DIMETTERSI"

Un voto di fiducia collettivo su una proposta di sfiducia ad personam. Perché? Parliamoci chiaro, il caso Shalabayeva, è, resta e rimarrà un macchia indelebile per il Paese. Madre e figlia praticamente rapite e rimpatriate con un blitz guidato dall’ambasciata kazaka direttamente dalle stanze ministeriali, è qualcosa che non sta ne in cielo ne in terra. Un ossimoro se accostato a parole come democrazia e Costituzione. Tornando rasoterra, tuttavia, il caso, oltrepassata la cruda vicenda, aveva indossato i panni della crisi di governo. Con Renzi a chieder conto a Letta di Alfano, con il Pd che si spacca, con il governo che ha vacillato a sinistra.

RENZI – Ecco Renzi, appunto. Ieri sera, dopo le parole di Napolitano, dopo il voto pro-Letta del Pd, è stato descritto come il grande sconfitto della partita. Tanto che dopo un’E-news di fuoco, un’intervista alla stampa, bissata nel giro di qualche ora a Famiglia Cristiana, ospite di Enrico Mentana (‘Bersaglio mobile’ su La 7), dopo una 24 al centro dei sistemi mass-mediatici, si è ritirato in silenzio stampa, “come l’Italia di Bearzot nell’82”. “Non parlerò più di regole, né di congresso; basta, neppure un mezzo tweet sul governo Letta”. E ancora, a telecamere spente, fuori dagli studi televisivi: “Tutte le volte che c’è una polemica, sembra che io sia contro Letta. E’ una cosa allucinante, quindi, lasciamoli fare. Da oggi il governo non ha più l’alibi di Matteo Renzi. Facciano loro quello che credono. Se sono in grado di governare, governino e io da italiano spero che ce la facciano”.

IL CASO SHALABAYEVA E IL PETROLIO KAZAKO

Insomma Renzi dovrebbe entrare, almeno in teoria, in una fase di silenzio, consigliatagli da D’Alema e pure da Gian Antonio Stella dalle colonne del Corriere della Sera. Ma prima del letargo (estivo?), l’ultimo virgolettato, tanto per far capire che aria tirerà, silenzio o meno: “Se – ha sottolineato nel ‘salotto’ di Mentana – ci sono le primarie  aperte mi candido, se non saranno aperte non mi candido. Il mio carattere è fiorentino ed è per non mollare, io non mollo, ora aspetto le regole”. E in questo non sono mancate le classiche picconate ai ‘compagni’: “Vinco io se non ci sono loro... Non può funzionare che candidano uno, un utile idiota che porta voti, e poi governano loro, non esiste! Mi chiamano solo in campagna elettorale e poi mi dicono vattene. Basta! Da domani non esisto più per loro...”.

LETTA – Renzi che muscolarmente entra nella clausura mediatica. Letta, dopo giorni di fuoco amico e mini Aventino Pdl pro Berlusconi, chiude il suo intervento in Senato con una “nota personale”, chiarendo (a Renzi? A D’Alema?) chi è, per adesso, il capo: “Il rumore di fondo è troppo alto, viscerale, strumentale, una bandiera politica facile da sventolare”; c’è chi fa polemica solo per dare “un’immagine dell’Italia di uno stato precario, come se la colpa fosse sempre di altri e il Paese fosse irriformabile. E’ un racconto che non mi appartiene. I problemi li affrontiamo come dentro una casa di vetro senza sconti ne' scorciatoie”. E ancora, così forse per preannunciare quello che sarà l’autunno caldo del governo ma soprattutto del Pd: “Rispetto alla conduzione del governo non vorrei si creasse confusione: la buona educazione non va confusa con la debolezza quando attorno è tutto urla e insulti. Gli italiani abbiano fiducia nella mia risolutezza e determinazione nel portare a compimento il compito affidatomi dal Capo dello Stato. Non ho intenzione di deludervi e non vi deluderò”. Tutti in piedi i senatori del ‘governissimo’, compreso Silvio Berlusconi. Renzi in silenzio, Letta va avanti. Fino al prossimo stop.

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