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Giovedì, 25 Aprile 2024
Il punto

Calenda dopo Berlusconi: così i moderati guardano al nuovo Centro

Renzi, +Europa, i centristi del Pd e gli esponenti di Forza Italia anti sovranisti: tutti pronti per la nuova casa dei riformisti. Elio Vito (Fi) a Today: "Calenda al posto di Tajani". Magi (+Europa): "Federazione di partiti"

Il grande Centro verrà. Gli oltre 200mila voti a Carlo Calenda fanno del suo il partito più votato di Roma e sono un incoronamento pubblico, di fronte al quale tutti i pianeti della galassia riformista hanno cominciato ad elettrizzarsi: Matteo Renzi ha detto che se fosse stato romano lo avrebbe votato, per poi proporsi come “costruttore”; Più Europa, che sosteneva Calenda, si dice pronta per una fase congressuale e poi ci sono pezzi di Partito Democratico e Forza Italia con le valigie nell’armadio, ma pronte. Controcorrente, e non è una notizia, il liberale di ferro Elio Vito (deputato di Forza Italia) che, spiega a Today, crede nel bipolarismo e non vorrebbe mai un terzo polo: “Di sicuro non lo può mica fare Renzi, non lo riconosco come riformista, è un populista, un demagogo, che ci sia anche Renzi lo credo, ma non sarà lui al centro”. E Calenda? “Potrebbe essere un ottimo coordinatore di Forza Italia al posto di Tajani”.

Tutti pazzi per Carlo Calenda. E se è vero che tutte le strade portano a Roma, per logica conseguenza, dalla Capitale si snodano le direttrici da percorrere per arrivare al nuovo polo di Centro. Per questo la partita romana è cruciale a livello nazionale. Da qui ha preso il via tutto ed è sempre da Roma che, indipendentemente da come andranno i ballottaggi, arriva la conferma definitiva sulla validità dell’operazione “Calenda”. E’ lui il nuovo leader intorno al quale aggregarsi per un soggetto nuovo, alternativo alla sinistra delle tasse e del pensiero unico come anche alla destra sovranista, capace solo di gridare “al migrante”.

Carlo Calenda fa "Centro"

Che la partita sia destinata a spostarsi a livello nazionale è chiaro già dalle parole dello stesso Carlo Calenda, che tradiscono le intenzioni. In un video pubblicato dal suo profilo parla di risultati da coltivare a livello nazionale e anche la sua intransigenza nel porsi sia con Gualtieri che con Michetti sono la strategia di chi vuole presentarsi all’Italia con la più alta credibilità possibile: “Ho promesso che non farò accordi, nè apparentamenti, non prenderò un posto che sia uno, per coerenza e onore. Quello che voto io è irrilevante. Il problema degli altri è come riconquistare 220mila voti. Non sono valige che si spostano, si riconquistano se si parla di ciò che interessa loro”. Su Roma lui vede “segnali che io coltiverò a livello nazionale attraverso una politica che si fonda su programmi, su quello che si può fare, su coerenza, trasparenza”.

Di fronte ad un Calenda così, Più Europa si dice pronta. Direttamente a Today.it, il deputato Riccardo Magi suona la carica: “E’ il momento di passare ai fatti. Siamo disponibili ad affrontare la fase costituente di un processo federativo che si fondi su proposte concrete e dove si discutano questioni di metodo e di merito per vedere poi che cosa ci accomuna. La disponibilità ad una federazione di partiti c’è e lo diciamo dal Congresso di Luglio”. Nulla di concreto dunque, ma i contatti ci sono e tra i leader di partito se ne parla. Del resto Più Europa ha pubblicamente sostenuto la lista di Calenda.

Dal Partito Democratico nessuno ha chiamato il leader di Azione, ma c’è da scommettere che non sia per disinteresse ma solo per cautela. Forse qualche telefonata, Calenda se l’aspetta anche da Forza Italia, che sta vivendo una fase mistica in cui riesce ad essere uno e trino. Il partito è unico e legato a Silvio Berlusconi, unica voce unanimemente riconosciuta da tutti al proprio interno. Ma senza il Cavaliere, si contano almeno tre facce: quella di chi è più spostato a destra, vicino ai sovranisti, incarnato dal coordinatore Antonio Tajani e quella dei liberali, che non vogliono morire sovranisti. Questi ultimi si dividono ulteriormente fra chi sogna di entrare in una nuova casa di riformisti, che si trova nel modo di governare di Mario Draghi e chi vuole solo spostare Forza Italia da destra al centro. Ai primi guarda Carlo Calenda quando dice: "Mi viene in mente Mara Carfagna e altri in Forza Italia, che fanno parte della famiglia popolare europea e non vogliono morire sovranisti, sotto il binomio Salvini-Meloni".

Forza Italia divisa in tre

I secondi sono rappresentati dal deputato forzista Elio Vito, che parte dai risultati delle elezioni per spiegare il futuro di Fi: “Il centrodestra sconta le scelte dei candidati, tardive e con civici dentro le liste di partito, per cui sarebbe stato più coerente, faccio per dire, se Salvini si fosse candidato a Milano e la Meloni a Roma. Forza Italia ha vinto Calabria, ma in generale siamo ininfluenti. Forza Italia non ha espresso candidati nei quali il nostro elettorato poteva riconoscersi. E poi la lotta fra micro correnti dentro Forza Italia, tutti con Berlusconi, ma nel frattempo ci stiamo schierando”. Vito ad un grande polo riformista non ci crede perché crede nel bipolarismo e secondo lui Forza Italia dovrebbe allearsi col Pd: “Oggi devi scegliere: o stai con i sovranisti o sei coerente con l’agenda Draghi fino al 2026 e allora stai insieme al Pd”. Nemmeno Calenda lo potrebbe convincere: “Sarebbe un coordinatore di Forza Italia migliore di Tajani”. Forza Italia è dunque una incognita e rischia di fratturarsi sotto la forza centripeta di Calenda e della futura galassia riformista.

Calenda non sembra invece molto disponibile con Matteo Renzi quando dice che “l'attività di leader politico non è conciliabile con quella di businessman”. Eppure il segretario di Italia Viva si è buttato a pesce, all’indomani delle elezioni. Lui ci sta e vuole fare la sua parte. In una intervista a La Stampa ha detto di sentirsi “impegnato a dare una mano senza preoccuparmi per me o per il mio ruolo. Intendo facilitare la costruzione di una casa ampia di riformisti nella quale possono stare da protagonisti coloro che vengono da Forza Italia, Pd, Italia Viva. Tutti coloro che non si riconoscono nei due estremismi, quello populista di destra e quello Cinque stelle”.

Ormai la macchina è in movimento e c'è da giurare che cambierà la geografia politica a partire da dopo il ballottaggio. Resta solo da capire dove si collocherà. Fintanto che Partito Democratico e Movimento 5 Stelle stanno insieme, non c'è spazio a sinistra. Chissà che non cambi qualcosa quando "salterà" Forza Italia, aprendo la strada anche a Coraggio Italia e Noi con l'Italia di Maurizio Lupi, anche lui pronto a mobilitarsi. Potrà tornare un luogo in cui i conservatori possano esistere senza essere confusi con i "fascisti" e i progressisti senza essere allineati col pensiero unico della sinistra post bellica. Potrà, se Forza Italia resterà senza una guida o se salterà l'alleanza fra Pd e Movimento 5 Stelle. 

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