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Venerdì, 29 Marzo 2024
Diritti Gay

"Unioni gay e cognome materno ai figli"

Il presidente della Consulta, Franco Gallo, nella relazione letta alle più alte cariche dello Stato striglia il Parlamento: "Tutelare i diritti delle coppie gay, basta attribuire ai figli solo il cognome paterno"

E' stato un duro intervento quello di Franco Gallo, presidente della Consulta, che ha letto la sua relazione alle più alte cariche dello Stato. Due i tempi centrali toccati dal presidente sui temi dei diritti civili: tutelare le coppie omosessuali, abolire i retaggi della società patriarcale che ancora dominano il Paese.

DIRITTI GAY. Tra gli esempi di inviti alle Camere rimasti "finora inascoltati" Gallo ha citato quello contenuto nella sentenza 138/2010: "In tale pronuncia - ha spiegato - la Corte ha escluso l'illegittimità costituzionale delle norme che limitano l'applicazione dell'istituto matrimoniale alle unioni tra uomo e donna, ma nel contempo ha affermato che due persone dello stesso sesso hanno comunque il diritto fondamentale di ottenere il riconoscimento giuridico, con i connessi diritti e doveri, della loro stabile unione. Ha perciò affidato al Parlamento la regolamentazione della materia nei modi e nei limiti più opportuni''.

BASTA SOLO COGNOME PATERNO. L'attuale disciplina che prevede l'attribuzione ai figli del solo cognome paterno "costituisce il retaggio di una concezione patriarcale della famiglia". Lo ha sottolineato il presidente della Corte Costituzionale, Franco Gallo, elencando alcuni degli inviti che la Corte ha rivolto al legislatore e che sono rimasti inascoltati. La Corte "ha invitato a introdurre una normativa che abbia una maggiore considerazione del principio costituzionale di uguaglianza tra uomo e donna".

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"NOI GARANTI, NON POLITICIZZATI". Franco Gallo ha poi respinto al mittente le accuse di "politicizzazione della Corte", e ribadito la "funzione di garanzia" dei giudici costituzionali. "La Corte guarda con sereno distacco a queste accuse: non si tratta di difendere il contenuto delle singole decisioni prese - ha affermato - ma di riaffermare una funzione di garanzia che ha la sua fonte di legittimazione non già nel principio di maggioranza o nel consenso dell'opinione pubblica, ma nell'esigenza di salvaguardare i diritti fondamentali e, piu' in generale, la legalità costituzionale dai possibili eccessi del potere politico e degli altri poteri".

Secondo Gallo, "quando si decide avendo come esclusivo riferimento i diritti e i principi della Costituzione, si seguono evidentemente logiche diverse da quelle proprie della decisione politica e si prescinde dai motivi di opportunità che sono alla base dell'agire politico. E' quindi fisiologico che i giudici costituzionali possano talora assumere decisioni politicamente inattuali o impopolari". La discrezionalità interpretativa della Corte, ha aggiunto il presidente della Consulta, "non si risolve mai in una scelta di opportunità politica, ma è sempre il prodotto di un bilanciamento con altri principi costituzionali".

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