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Giovedì, 18 Aprile 2024
Politica

Conte si dimette domani dopo il CdM

Domani mattina alle 9 è stato convocato il Consiglio dei ministri. Alla riunione il presidente del consiglio comunicherà le sue dimissioni. Poi salirà al Colle. Per ottenere un nuovo incarico?

Domani mattina alle 9 è stato convocato il Consiglio dei ministri. Alla riunione il presidente del consiglio Giuseppe Conte comunicherà le due dimissioni. La conferma arriva da diversi ministri mentre la giornata di oggi è servita almeno a scoprire le carte e a far sapere a tutti chi ha spinto il premier verso l'addio. 

"Conte si dimette domani alle 9 dopo il CdM"

È convocato per domani mattina alle ore 9 il Consiglio dei Ministri nel corso del quale - si legge in una nota di Palazzo Chigi diramata in questi minuti, il Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, comunicherà ai ministri la volontà di recarsi al Quirinale per rassegnare le sue dimissioni. A seguire, il Presidente Conte si recherà dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Come è stato spiegato, l'ipotesi che è stata delineata a Conte nei colloqui della giornata di ieri è stata quella di presentarsi al Quirinale da Sergio Mattarella per rassegnare le dimissioni prima del voto sulla relazione del ministro Alfonso Bonafede previsto per mercoledì o giovedì al Senato, perché in quella sede sarebbe stato palese che la fragile vittoria di martedì 19 gennaio non avrebbe retto perché non c'erano i numeri per tenerla in piedi: i pronostici più neri davano il governo in svantaggio per 151 a 162. Anche se non si trattava di un voto di fiducia, mercoledì o giovedì il governo avrebbe dovuto prendere atto di non avere più la maggioranza a Palazzo Madama. Per questo, secondo quanto hanno suggerito prima a Palazzo Chigi e poi sui giornali, era meglio che il premier si dimettesse prima del voto per ottenere un reincarico esplorativo e poter varare un nuovo governo. Dove avrebbe potuto rafforzare i suoi numeri con un nuovo patto con Italia Viva e l'innesto di alcuni senatori del centrodestra che rendano l'esecutivo meno ricattabile con Matteo Renzi non più in grado di fare l'ago della bilancia.

Quello che è stato sussurrato all'orecchio del premier nei giorni scorsi oggi è nel frattempo diventato un tam tam sempre più assordante: in mattinata Goffredo Bettini, esponente del Partito Democratico considerato vicinissimo al segretario Nicola Zingaretti, si è presentato a Omnibus su La7 per dire che Conte deve andare in Aula e dichiarare prima che andrà al Quirinale immediatamente dopo" la relazione sull'amministrazione della Giustizia. Perché "è giusto verificare se c'è una maggioranza su temi della giustizia, ma sapendo che dopo c'è bisogno di aprire una fase nuova". Ovvero, dimissioni e reincarico. Poi è stata la volta dello  stesso Zingaretti, che in un intervento a Immagina, la radio web del Pd, ha detto che il partito non vuole le elezioni anticipate (in risposta a chi, ovvero Conte e il MoVimento 5 Stelle, ha sostenuto che senza il premier c'è solo l'ipotesi del voto), ma "un governo autorevole con una base parlamentare ampia, di forte impianto europeista per rispondere alle emergenze che ci segnalano gli italiani. Un governo che guarda alla legislatura per affrontare il Covid. La soluzione alla crisi non vuol dire 'baci e abbracci e vogliamoci bene'. Gli italiani ci guardano: le soluzioni devono essere di alto respiro". Ovvero "con Conte ovviamente. Si presenti e raccolga il consenso". 

Poi è stata la volta del senatore Riccardo Nencini, il quale in un'intervista all'Ansa ha detto che "la strada maestra per uscire dalla crisi, e anche la mia proposta, sono le dimissioni del presidente del Consiglio, in un rapporto stretto con il Quirinale, e poi un Conte ter con un forte appello a costruire un governo autorevole. Quindi si allarghi la maggioranza, senza porre veti e senza escludere nessuno della vecchia coalizione". Subito imitato dalla senatrice Udc Paola Binetti, dipinta a più riprese come pronta ad aggregarsi alla maggioranza. Il resto del suo partito invece ha fatto sapere di sentirsi "saldamente ancorato al centrodestra" anche se il collega Antonio Saccone si è detto interessato al governo di salvezza nazionale proposto da Paolo Romani, senatore di Cambiamo!. 

Governo di salvezza nazionale: le dimissioni e il Conte-ter con Renzi e Forza Italia

Conte al Colle per le dimissioni domani

C'è un fronte ben delineato e fatto di tutte quelle componenti del governo o aspiranti tali che ha spinto Conte verso le dimissioni. Perché così sarebbe più facile la strada del Conte-Ter, è stato il loro argomento. E anche perché così si riaprirebbe la spartizione dei posti di governo e sottogoverno, si potrebbe aggiungere. L'unico partito che invece si è stretto attorno al premier è il MoVimento 5 Stelle: "Siamo la colonna portante di questa legislatura: come sempre ci assumeremo le nostre responsabilità, avendo come riferimento il bene dei cittadini, e ci faremo garanti dei passaggi delicati che attendono la nostra Repubblica", fa sapere in una nota il reggente Vito Crimi. L'AdnKronos però racconta che a taccuini chiusi, all'interno del M5S, non vengono risparmiate critiche né a Conte né ai vertici grillini per la gestione di questa fase.

"Il premier in mano non ha niente - lo sfogo di un pentastellato di peso - è completamente ingessato. Tutto il mondo gli ha fatto capire che doveva muoversi. Questa è la diretta conseguenza del fatto che attorno a lui non c'è una maggioranza". Secondo le voci  "l'esperienza del Conte bis è al capolinea". Il quadro prospettato al premier dai suggeritori delle ultime ore è sempre lo stesso: dimettersi, aspettare i colloqui con le forze della maggioranza e attendere il reincarico da parte di Mattarella per varare il suo terzo governo di questa legislatura con la terza maggioranza cambiata. L'agenzia di stampa Dire spiega che nello scenario ipotizzato da Bettini, Conte incasserebbe con l'auspicata buona volontà di Italia viva, un voto favorevole del Senato.

Senza i 18 senatori renziani (che si asterrebbero), al Senato i contrari a Bonafede sarebbero 145, meno dei 151 che voterebbero sicuramente a favore della relazione. Per il premier sarebbe fondamentale, visto che salirebbe al Colle senza essere andato sotto su un capitolo centrale come la giustizia. Ma Italia viva, ed anche molti nel Pd, considera poco sensato favorire un voto su una materia, come quella della giustizia, che poi sarebbe tra le prime ad essere oggetto di revisione in un futuro gabinetto. Il partito di Renzi deciderà mercoledì come comportarsi nel corso della riunione dei parlamentari.

Il capolinea di Conte e quello della legislatura

Naturalmente in un caso o nell'altro, che Conte possa ottenere un reincarico dipende dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella e da nessun altro. Ma un premier non sfiduciato, e che non avesse subito nemmeno un voto contrario in aula, avrebbe più probabilità di ottenere l'incarico per tentare di formare un nuovo governo. Dopo le dimissioni, infatti, si aprirà in ogni caso la fase delle consultazioni dei gruppi parlamentari da parte del presidente della repubblica. È in quel frangente che Conte teme si possano produrre quelle crepe nella tenuta dei gruppi che formano la maggioranza. Di fronte all'impossibilità di proseguire con Conte, nel Pd e nel M5s si potrebbero valutare altre soluzioni. Un Conte mai sfiduciato e mai battuto, sarebbe più difficile da scavalcare. È il motivo per cui a Palazzo Chigi avrebbero preferito salire al Colle sì, ma "per consultazioni". Per riferire cioè al Capo dello Stato e rimettersi a una sua valutazione della situazione. Ma alla fine Conte si è lasciato convincere ad aprire la crisi al buio. E da domani alle 9 ogni soluzione è possibile. 

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